Iliass Aouani, la corsa è alla vittoria e non a chi è più italiano

  • Postato il 16 settembre 2025
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  • Di Libero Quotidiano
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Iliass Aouani, la corsa è alla vittoria e non a chi è più italiano

La maratona è una delle gare regina dell’atletica leggera. E l’Italia anche in questa disciplina lunga 42 chilometri e 195 metri ha saputo trovare il suo spazio. Così, con questo spirito, Iliass Aouani ha raggiunto la medaglia di bronzo ai Mondiali di Tokyo. Terzo dietro al tanzaniano Alphonce Simbu e il tedesco Amanal Petros. Ecco, in questo spazio di commenti, non ci interessa raccontare quelle oltre due ore di fatica e impegno, ma ci concentriamo sul post gara.

Aouani, classe 1995, è nato in Marocco e all’età di due anni, assieme alla famiglia, si è trasferito in Italia più precisamente a Milano. Ha iniziato a correre a 16 anni passando, oltretutto, per un’esperienza negli Usa tra le università statunitensi. Davanti ai microfoni della Rai avvolto dal tricolore ha espresso tutto il suo amore per la nostra Nazione. «Sono veramente orgoglioso di regalare questo bronzo all’Italia», ha detto in diretta televisiva, «poi non me ne frega se diranno “è un altro naturalizzato, un altro rubato al Marocco”, “Auoani tipico cognome sardo”. Io sono orgogliosamente italiano, sono felicissimo di aver alzato il tricolore, di aver portato prestigio al mio Paese che mi ha dato tantissimo».

L’udire queste frasi ha ovviamente svegliato e fatto fregare le mani alla sinistra che ha fatto del multiculturalismo la sua bandiera. Venendo dalle «case popolari di Ponte Lambro» i radar del dem Pierfrancesco Majorino si sono accesi immediatamente. «Dai quartieri popolari al podio mondale, Illias Aouani orgoglio italiano», scrive di getto sui social. Assieme a lui il consigliere regionale lombardo di Patto civico, Luca Paladini, preso dal sentimentalismo è rimasto incollato davanti ai teleschermi per tutta la corsa. «Ma voi l’avete vista la gara di questo ragazzo? Ma ancor di più, vi è capitato di ascoltare la sua intervista post gara? Iliass Aouani ha regalato all’Italia una storica medaglia di bronzo nella maratona ai mondiali di atletica in corso a Tokyo». Non pago è andato avanti citando le dichiarazioni, di cui vi abbiamo reso conto, per concludere: «C’è chi semina odio e mette steccati, c’è chi nella pratica lo combatte e li butta giù. Illias, figlio di Milano».

Vi facciamo un indovinello. Secondo voi questi due esponenti politici quanti post hanno dedicato agli allori italiani di Tokyo? Zero. La loro, ovviamente, è una retorica che non riguarda minimamente l’aspetto sportivo, ma che punta alle questioni identitarie nazionali. Aounai è la quarta medaglia ai mondiali di sempre dell’Italia nella maratona. Prima di lui Gelindo Bordin, bronzo a Roma nel 1987, Vincenzo Modica, argento a Siviglia 1999 e Stefano Baldini, bronzo a Edmonton 2001 e Parigi 2003. Ma solo il riconoscimento di Aouani per Majorino e Paladini merita di essere celebrato. In un’ottica di inclusività che puzza, come sempre, di autorazzismo. Nessuna parola per la Palmisano, perla Battocletti o per Fabbri (gli altri medagliati azzurri in Giappone, al momento in cui scriviamo). I due esponenti della sinistra lombarda sono interessati solo all’abbattimento di tutti i confini.

Niente più limiti, ma una perenne battaglia allo ius sanguinis che ha stancato gli italiani, vedi ultimo referendum, esausti di quello che lo scrittore francese Renaud Camus ha definito Grand Remplacement. Per costoro la bandiera è un orpello da attribuire in base all’ideologia. Dove l’altro rappresenterebbe l’Italia più di chi qui c’è nato. Alain de Benoist ci dice che «l’identità di un popolo è la sua storia», vallo a spiegare a quelli che al passato fanno la guerra ogni giorno e tirano per il tricolore la storia d’integrazione di Aouani.

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Libero Quotidiano

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