Il turismo enogastronomico sta cambiando: ecco come l’Italia può continuare a essere la meta più ambita

  • Postato il 13 novembre 2025
  • Di Panorama
  • 1 Visualizzazioni

È innegabile che l’Italia sia da sempre la meta per eccellenza del turismo enogastronomico. La varietà di prodotti, fra cibo e bevande, e naturalmente la loro qualità, fa sì che milioni di stranieri si mobilitino ogni anno da tutto il mondo per gustare le nostre specialità. Eppure, questo tipo di turismo sta subendo una profonda trasformazione, e se la nostra nazione vuole continuare a essere protagonista, sarà bene che comprenda questi cambiamenti e li interpreti a suo favore nel migliore dei modi. Senza ovviamente fare a meno della propria «personalità».

Dal Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano 2025, curato da Roberta Garibaldi, presidente dell’Aite, emergono dati su cosa ricerchi veramente il «turista enogastronomico». Scopriamoli insieme.

Dall’assaggio all’esperienza autentica

A quanto pare, il viaggiatore di oggi cerca molto più di un piatto tipico: vuole vivere il territorio e scoprire le persone che lo animano. Il turismo del gusto evolve verso esperienze semplici, autentiche e radicate nella vita locale. L’Italia ha tutte le carte in regola per restare al top. Anzi, ha persino margini di crescita, grazie alle sue peculiarità locali che puntano sulla semplicità e sull’autenticità (valori promossi da Slow Food fin dalla sua nascita, a Bra, in Piemonte, nel 1986).

Crescono i momenti di «intimità gastronomica»: degustazioni per piccoli gruppi, incontri diretti con produttori, tavoli dedicati e cucine partecipate, dove il cibo torna ad essere occasione di relazione. Parallelamente si affermano nuove forme di comunità del gusto, dai wine club agli orti condivisi, e un forte interesse per il benessere e la longevità, che spinge i viaggiatori verso destinazioni legate alla qualità della vita e alla dieta mediterranea.

E infatti, dal Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano, emerge che l’Italia (patria della dieta mediterranea) resta sinonimo di eccellenza gastronomica: il 55% dei tedeschi, svizzeri e austriaci, e il 54% degli americani associano il nostro Paese a cibo e vino, più che a monumenti o bellezze paesaggistiche naturali.

Le nuove sfide del turismo enogastronomico

Secondo Roberta Garibaldi, il futuro del turismo del gusto si fonda attualmente su quattro leve strategiche fondamentali. La prima è la stewardship territoriale, che implica il passaggio da una logica di semplice promozione a una di cura condivisa del territorio, in cui tutti gli attori locali si impegnano a preservare e valorizzare le risorse ambientali e culturali. La seconda leva riguarda la misurazione degli impatti, ovvero la necessità di valutare non solo i risultati economici del turismo, ma anche i suoi effetti sociali e ambientali, per favorire uno sviluppo realmente sostenibile. Un terzo elemento chiave è rappresentato dalla digitalizzazione e dall’intelligenza artificiale, strumenti che permettono di gestire in modo più efficiente le attività e di personalizzare le esperienze offerte ai visitatori. Infine, la professionalizzazione assume un ruolo decisivo: è indispensabile formare nuove figure professionali capaci di valorizzare l’intera filiera locale, integrando competenze turistiche, enogastronomiche e di gestione territoriale.

Insomma, la competitività non si misura più con il numero di visitatori, ma con la qualità dell’esperienza e la capacità di generare valore per le comunità. In particolare, il turismo enogastronomico può diventare uno strumento molto potente per rigenerare i borghi e le aree interne, contrastando lo spopolamento e rilanciando l’economia rurale che hanno caratterizzato le aree rurali e montane sin dagli anni Sessanta.

Nuove competenze e figure professionali

Uno dei punti più critici è la comunicazione con le nuove generazioni. I linguaggi del turismo devono cambiare: non bastano più brochure o storytelling tradizionali. Serve una presenza digitale autentica e visiva, capace di parlare su piattaforme come TikTok e YouTube, dove si forma la percezione del Made in Italy. Solo una piccola parte delle imprese agricole italiane è presente online, e si perde così l’occasione di raggiungere i viaggiatori giovani e globali. Su questo possiamo e dobbiamo migliorare.

La trasformazione richiede inoltre nuove professionalità: hospitality manager, consulenti per il turismo enogastronomico, curatori di esperienze, product manager e addetti alle visite. Il futuro passa da reti territoriali di supporto, come Dmo (Destination Management Organization) e consorzi, capaci di accompagnare le piccole imprese verso l’innovazione digitale e turistica senza snaturarle.

Verso un modello di turismo rigenerativo

Il nuovo turismo enogastronomico si afferma così come leva strategica di sviluppo sostenibile, in cui agricoltura, artigianato e cultura dialogano in un unico ecosistema. Il futuro sarà quello di un turismo capace di integrare intelligenza naturale, sociale e artificiale, restituendo al viaggio il suo valore umano e rigenerativo.

In un mondo sempre più artificiale, la vera innovazione potrebbe tornare a essere quella che nasce dalla relazione armonica tra uomo, comunità e natura: l’essenza stessa della cucina italiana. Sono proprio gli ideali di Slow Food, che infatti nasce in Italia e che si batte da sempre contro lo stile barocco e ampolloso di certi «cugini francesi» e non solo. Ma se il nuovo turismo enogastronomico è questo, non c’è da preoccuparsi: l’Italia resterà avanti e aumenterà il divario con gli inseguitori.

Autore
Panorama

Potrebbero anche piacerti