“Il testo di Bohemian Rhapsody? Un mistero, ma Freddie Mercury potrebbe fatto il coming out più eclatante al mondo”: l’opera dei Queen compie 50 anni
- Postato il 31 ottobre 2025
- Musica
- Di Il Fatto Quotidiano
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Più canzoni dentro una sola canzone. Cinque minuti e cinquantaquattro secondi in cui convivono il canto a cappella, la ballata, l’opera e l’hard rock. Forse, quando Freddie Mercury compose al piano il primo giro di accordi di “Bohemian Rhapsody”, nella sua casa di Kensington (Londra), sapeva già che sarebbe stata immortale. Che avrebbe rotto le regole e le logiche discografiche. Il 31 ottobre 1975, quando uscì come singolo di lancio dell’album “A Night at the Opera”, sembrava impossibile predire il suo successo. Eppure, 50 anni dopo, è il brano inciso nel ventesimo secolo più ascoltato di sempre sulle piattaforme streaming: quasi tre miliardi di riproduzioni su Spotify, due per il videoclip ufficiale su YouTube. Di sicuro, la storia dei Queen. Ma per l’unicità e l’eredità che ha lasciato, anche quella della musica.
“Era già tutto nella testa di Freddie”
Registrare “Bohemian Rhapsody” fu un processo lungo. Dopo tre settimane di prova nell’Herefordshire (contea delle Midlands occidentali) Freddie Mercury, Brian May, John Deacon e Roger Taylor si spostarono ai Rockfield Studios di Monmouth, in Galles. Lì rimasero un mese e mezzo: un’eternità, per una singola canzone. Ma era già “tutto nella mente di Freddie ancora prima di cominciare”, ha specificato il chitarrista dei Queen nel documentario della BBC “The Story of Bohemian Rhapsody”. Le sequenze di batteria, basso e pianoforte furono ultimate rapidamente. May registrò invece il celebre assolo di chitarra “come se stessi cantando una strofa”, traghettando la canzone verso la sezione operistica. Che, per il gruppo, fu la vera sfida: tre settimane filate di lavoro insieme al produttore Roy Thomas Baker e all’ingegnere del suono Mike Stone. Si dice che, in alcune parti, furono sovrapposte 160-180 tracce con le voci di Mercury, May e Taylor. Deacon, invece, preferì non cantare. Solo il batterista, però, riusciva a gestire le note più alte e sembra che il frontman, a cui balenava in testa un’idea dopo l’altra, fece saltare i nervi al collega, costretto a ripetere quei Galileo e Figaro un’infinità di volte. “Se la faccio più alta mi sentiranno solo i cani”, risponde uno stizzito Taylor a Mercury nel biopic dei Queen (2018) di fronte alle richieste di salire ancora con le ottave. E pare che lo scontro, nella realtà, fosse stato pure più acceso.
“Nessuna radio trasmetterà una canzone di sei minuti”
Archiviata la registrazione, spuntò un altro problema: l’eccessiva lunghezza rispetto a un singolo tradizionale. Per l’etichetta della band, la EMI, “nessuna radio avrebbe trasmesso una canzone di sei minuti”. Un azzardo a cui, però, i Queen credevano fino in fondo. Il dj di Capital Radio Kenny Everett, amico di Mercury, ricevette una copia della canzone e violò l’indicazione di non mandarla in onda. Anzi, la trasmise quattordici volte in due giorni. Nessuno aveva mai ascoltato niente del genere. “Bohemian Rhapsody” volò al primo posto della classifica musicale del Regno Unito e ci rimase per nove settimane, arrivando a sfondare il milione di copie vendute nel gennaio 1976. Ci tornò per un altro mese abbondante dopo la morte di Mercury, nel 1991, quando fu ripubblicata come doppio singolo insieme a “These are the day of our lives”. Considerando anche lo streaming, il brano – che nel 2004 ha vinto il Grammy All Of Fame Award (assegnato alla registrazioni con almeno 25 anni e “con un significato storico e qualitativo”) –, è ancora al quarto posto tra i più venduti di sempre in UK.
Tante vite quelle di “Bohemian Rhapsody”, che fu una canzone innovativa anche per il videoclip. Per girarlo, i Queen si affidarono a Bruce Gowers, che aveva già diretto il film dei loro concerti al teatro Rainbow di Londra. E al regista, quel prodotto avrebbe cambiato la vita. In apertura, il gruppo ricreò la copertina di “Queen II” (il loro album uscito nel 1974), con la posa di Mercury ispirata da quella dell’attrice Marlene Dietrich, fotografata nel 1932 da Don English. Tutti gli effetti speciali furono applicati sul momento, usando una lente apposita per creare l’illusione del nido d’ape e un gioco di feedback visivi, con la telecamera puntata su un monitor, per moltiplicare il volto del leader del gruppo nella sezione operistica. Il filmato, presentato il 20 novembre 1975 a Top Of The Pops, richiese solo quattro ore di lavorazione e portò alla realizzazione di numerosi videoclip musicali, impostando anche uno standard per gli altri artisti. Ancora una volta, fino a quel momento, nessuno aveva mai osato a quei livelli.
L’enigma del testo
Dietro il successo planetario un testo, nato dalla penna di Freddie Mercury, che è rimasto un mistero. Anche perché la band non discuteva mai di ciò che ognuno dei membri scriveva. Tra le ipotesi più gettonate c’è quella di Lesley-Ann Jones, autrice, giornalista e biografa dei Queen, secondo cui la canzone non fu altro che il coming out con cui il frontman dichiarava al mondo la sua omosessualità. Con quella confessione alla madre di “aver ucciso un uomo con la pistola puntata alla testa e il mio grilletto premuto” (Mama, just killed a man, put a gun against his head, pullled my trigger now is dead), Mercury avrebbe detto addio al vecchio sé, per lasciare spazio a una persona diversa. E ancora i versi “devo lasciarvi tutti alle spalle e guardare in faccia la verità” (Gonna leave you all behind and face the truth) sembrano confermare questa lettura.
Nessuno, comunque, ha mai davvero risolto l’enigma di “Bohemian Rhapsody”. Un brano che Mercury, come ha raccontato l’amico dj Kenny Everett, ha definito un “nonsense in rima” e di cui neanche gli altri membri dei Queen conoscono il significato. “La gente mi chiede ancora di cosa parli la canzone e io rispondo che non lo so”, ha assicurato Roger Taylor, come riporta Rolling Stone. Le teorie si sprecano e magari alcune sono pure vere. Pare, ad esempio, che i Galileo del testo siano un omaggio di Mercury a May, appassionato di astronomia. Ma dentro “Bohemian Rhapsody” c’è davvero tutto: la maschera della commedia dell’arte Scaramouche, la danza spagnola Fandango, l’invocazione di apertura di molte sure del Corano Bismillah (che significa “In nome di Dio”) e subito dopo Beelzebub, uno degli appellativi di Satana. Una combinazione di parole e musica anticonformista e all’apparenza disordinata (da bohémien), ma con un carattere libero e variegato dal punto di vista ritmico e armonico, come la rapsodia, tramandata dall’antica Grecia.
Dagli omaggi in musica al grande schermo
Nel tempo, il brano ha fatto cantare migliaia di fan in giro per il mondo. Per essere eseguito dal vivo, data l’impossibilità di riprodurre le voci, necessitava della registrazione della parte operistica. Celebre l’esibizione ad Hyde Park nel 1976, ma soprattutto quella del Live Aid a Wembley, nel 1985. In quell’occasione, quando in diciotto minuti i Queen misero in piedi forse la performance più bella della loro carriera, il frontman simbolo degli anni 80 lo cantò fino all’assolo di chitarra. Diversi artisti, nel tempo, hanno reso omaggio a questa canzone unica. Dopo la morte di Mercury, al Tribute Concert del 1992 a Wembley, fu intonata da Elton John e Axl Rose, leader dei Guns N’Roses. Con gli anni, l’hanno cantata anche i Panic! at the Disco, P!nk, Beyoncé, i pupazzi Muppets e molti altri. L’ultimo in ordine di tempo è stato Benson Boone al Coachella Music Festival 2025, in un’esibizione in cui è salito sul palco anche Brian May. Ma “Bohemian Rhapsody” è stata ed è un fenomeno totale. Al cinema è stata usata nel biopic dei Queen del 2018, ma anche in “Fusi di testa” (in inglese “Wayne’s World, 1992), nella scena in cui il protagonista e i suoi amici si scatenano in macchina facendo head banding (scuotendo il capo su e giù) proprio su queste note. E ancora si sente nel trailer di Suicide Quad (2016), è stata celebrata in uno spot da Heineken per i 40 anni dalla sua uscita, ha dato il titolo a un episodio della serie “That ’70s Show” e le sue parodie e citazioni nei media sono innumerevoli.
Cinquant’anni dopo
“Stavamo piantando la nostra bandiera nel terreno. Questi siamo davvero noi – ha dichiarato Roger Taylor in una recente intervista alla rivista britannica Classic Rock – È un po’ folle, ma tutto quello che sapevamo fare è dentro Bohemian Rhapsody”. Un’opera rock visionaria e misteriosa che è diventata il manifesto dei Queen. E che, a 50 anni dalla sua pubblicazione, ha passato la prova del tempo.
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