Il tatuaggio di Stefano Pioli per Davide Astori dice tutto della Fiorentina di quest’anno

  • Postato il 20 agosto 2025
  • Di Virgilio.it
  • 4 Visualizzazioni

È un hastag. #DA13, in maiuscolo. Più di un tifoso lo ricorda così: inciso sulle cosce, sul petto, sulle braccia. È pieno di foto su internet.

I tatuaggi che immortalano luoghi, persone, fatti che non vuoi dimenticare. Ne ha uno ad hoc anche Stefano Pioli: sul polso. Per Davide Astori. Le iniziali di nome e cognome seguite dal numero di maglia.

Poi, almeno altri due marchi a inchiostro. Uno per il padre e un altro sul braccio sinistro: un tricolore col numero 19. L’unico scudetto della carriera, casa Milan. Lo stadio faceva partire un coro diventato virale e ripreso da tutte le tifoserie d’Italia con rimodulazioni e modifiche ad hoc. Ma quello originale è per lui: Pioli is on fire, sulle note di Freed from desire.

Lo scudetto, i cori, i fischi, l’Arabia

Fa specie pensare che, qualche mese dopo, i cori di San Siro si siano rivoltati: prima tiepidi, poi misti ai fischi. Poi la richiesta, sempre meno velata, di vedere qualcun altro sulla panchina del Milan. A torto, a ragione? I fatti successivi hanno raccontato che le responsabilità della parabola calante dei rossoneri fossero da individuare altrove.

S’è concesso un mozzico di Arabia, nel frattempo. Pioli e l’Al Nassr, Pioli e Cristiano Ronaldo, Pioli e il conto in banca. Certo, pure quello. Ma la sensazione è che avesse bisogno di staccare la spina dopo un’esperienza emotivamente intensa – la più importante della carriera – come quella di Milano.

Riparte da Firenze, che è un po’ come andare sul sicuro. Riprendere contatto con il calcio che conta ricominciando da casa. Perché Firenze, per Pioli, è un luogo che protegge: l’approdo sicuro.

Pili dà indicazioni ai calciatori della Fiorentina durante una sessione di allenamento

Prima calciatore, poi allenatore. Pioli e la Fiorentina

Prima calciatore, poi allenatore. Insomma uno che a Firenze sanno bene chi è perché Pioli, la maglia viola, l’ha portata reggendone il peso della responsabilità e la leggerezza dell’orgoglio. L’apice da giocatore – un centrocampista di metodo e disciplina – è stata la semifinale di Coppa Uefa contro il Werder Brema, stagione 1989-90. Contributo decisivo per prendersi la finale che non gioca per un maledetto infortunio. La Juve archivia con il 3-1 dell’andata, solo 0-0 nel match di ritorno. Era la squadra di Roberto Baggio e Dunga, di Alberto Di Chiara e del compianto Celeste Pin.

154 presenze e un gol, alla Cremonese: 29 ottobre 1989. Poi la grande paura: 6 novembre 1994, la Fiorentina gioca contro il Bari, Pioli va in arresto cardio-respiratorio in seguito a uno scontro di campo. La fortuna è che in quell’occasione gli siano bastati pochi giorni di ricovero per tornare in forma.

Davide Astori. Il pensiero corre veloce, associa, collega. Dal 29 ottobre 1989 al 4 marzo 2018 c’è una buona fetta di vita. Dal Bari all’Udinese. Dai calzoncini alla tuta. Dal campo alla panca. Il connubio, però, è lo stesso: Stefano Pioli e la Fiorentina. Prima calciatore, poi allenatore.

Astori era già un riferimento. Pioli andrà avanti a dirlo per tutta la vita perché non ha masi smesso di farlo: “Il mio capitano”. Ci sono molti modi per tornare indietro a quel giorno. Wikipedia la conta così:

La mattina del 4 marzo 2018, il calciatore venne rinvenuto esanime nell’albergo di Udine, che ospitava la Fiorentina prima della partita contro l’Udinese, valida per il 27° turno di Serie A; secondo i risultati dell’autopsia, il decesso avvenne per morte cardiaca improvvisa seguita a fibrillazione ventricolare dovuta a una cardiomiopatia aritmogena silente, sebbene all’inizio si fosse parlato di bradiaritmia.

La tragedia: cambia tutto. Il calcio non è solo calcio

Cambia tutto. La tragedia stravolge sempre, incide con processi irreversibili, sfianca e deturpa. Poi reagisci, scopri una forza immane che fatichi a credere possa arrivare solo da dentro. Col tempo cambi, ti guardi allo specchio parecchio dopo. Scopri di essere un uomo migliore. Il calcio non è solo calcio.

Astori sta sulla pelle di Pioli, il polso è giusto un’estensione dei pensieri. Davide Astori è stato uno spartiacque soprattutto per lui, che il suo capitano lo celebrava quando era ancora in vita. Incidiamo con l’inchiostro quello che più ci identifica. Quanto c’è di Davide, per dire, nello scudetto vinto da Stefano? E quanto c’è, di Davide in Stefano, se Pioli imbocca la via di casa, saluta i sauditi e si riprende Firenze e la Fiorentina?

Lo ha detto a Claudio Cucciatti in un’intervista pubblicata da Repubblica: “Ho deciso col cuore, sento di essere al posto giusto nel momento ideale della carriera per caricarmi tutti i pesi sulle spalle”.

Fiorentina in Champions League e una coppa per Davide

Entusiasmo, passione, competenza. L’attitudine che conta più della qualità: glielo ha confermato CR7, lo vedeva allenarsi e giocare ma, ancora di più, lo ha visto prepararsi agli allenamenti e alla partita. “Immenso, non devi ricordargli niente. L’ossessione, oltre Ronaldo, l’ho vista in Klose e Ibra. Anche un’uscita fuori con la famiglia va calcolata in base alle ore di riposo necessarie e all’alimentazione corretta. Per questo in pochi diventano campioni. Ho una frase di Michael Jordan stampata nella mente: allenati come se non avessi mai vinto, gioca come se non avessi mai perso”.

S’è preso bene con Commisso – “è schietto e diretto” -, il presidente ha fatto la sua parte in sede di mercato anche solo per aver trattenuto l’ossatura intorno alla quale Pioli intende costruire il corpo della Viola dei prossimi due anni: “Gudmundsson, De Gea, Fagioli, Gosens. E Kean: lo volevo al Milan anche se qualcuno me ne parlava male. Tutte sciocchezze: è serio, dà tutto. Grande amico di Leao”.

L’innesto di Edin Dzeko è per il contributo inestimabile: professore in campo, esempio fuori. Aspetta due innesti Pioli: “Il presidente sa cosa ci serve”. Poi fissa l’obiettivo e svela il grande sogno. Il primo: “Entrare in Champions League”. Il secondo: “Vincere una coppa per Davide Astori, il mio capitano. Qui lo sento ancora più presente. Non so immaginare l’effetto che mi farebbe ma credo sia incredibile”.

Autore
Virgilio.it

Potrebbero anche piacerti