Il Regno Unito vuole svuotare le carceri con enormi sconti di pena
- Postato il 12 giugno 2025
- Di Panorama
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Fuori tutti, o quasi. E per i predatori sessuali peggiori, castrazione chimica. Sta sollevando un putiferio nel Regno Unito il nuovo piano di riforma della Giustizia, presentato dal ministro Shabana Mahmood, una ricetta che mischia le soluzioni più spregiudicate care sia alle dottrine di sinistra che a quelle di destra, nel tentativo di risolvere la crisi profonda delle carceri sovraffollate che attanaglia il Paese. Secondo i dati ufficiali diffusi dal Parlamento, tra il 1900 e il 2018 la popolazione carceraria è quadruplicata, con un aumento del 60 per cento a partire dagli anni Sessanta. Nel marzo 2024 i detenuti rinchiusi nelle prigioni di Inghilterra e Galles, Scozia e Irlanda del Nord sfioravano le 98 mila unità, ma potrebbero raggiungere quota 114 mila entro il 2027. Il premier laburista Keir Starmer, seppur controvoglia, aveva già dovuto affrontare l’emergenza appena eletto, liberando nel settembre scorso 5.500 detenuti che avevano scontato soltanto il 40 per cento della pena prevista, anziché la metà, come stabilito dalla legge attuale.
A richiederlo, la situazione esplosiva in molti istituti del Regno e di Londra, già teatri di clamorose rivolte negli anni passati, dove i prigionieri più fragili vengono spesso spinti al suicidio, mentre la mafia di quelli più organizzati controlla un traffico interrotto di droga e armi, senza che gli agenti sottopagati, incompetenti e a volte collusi, riescano o vogliano ripristinare l’ordine. La rocambolesca fuga dal carcere di Wandsworth (considerata la peggiore prigione londinese) avvenuta alle 7 e 32 di un insolito arroventato mattino estivo, di Daniel Khalife, ex soldato britannico, aspirante agente doppiogiochista e finito in cella per aver venduto segreti all’Iran, è solo uno dei casi più eclatanti. L’uomo, che attendeva il processo da otto mesi, era riuscito a scappare dalle cucine del carcere vestito da chef, nascosto in un furgone delle vivande. E già nel 2017, la rivolta che aveva lasciato distrutte due ali del carcere di Bedford, aveva evidenziato condizioni di vita insostenibili sia per i detenuti sia per gli agenti preposti al loro controllo.
Il progetto di riforma di Mahmood, presentato come «il più imponente dall’epoca vittoriana», non è però di facile digestione. Redatto con l’aiuto della commissione indipendente guidata dal suo predecessore David Gauke (ex ministro sotto il governo di Boris Johnson, dimessosi perché in forte disaccordo sulla Brexit e sul quale Starmer aveva messo gli occhi da tempo) si propone di aggiungere 14 mila posti a quelli esistenti nelle prigioni del Paese, confermando uno stanziamento di 4,7 miliardi per la realizzazione di nuove strutture, ma soprattutto di ridurre la popolazione carceraria attraverso un sistema che affida due terzi della pena da scontare per i condannati a meno di un anno, ad un regime di semilibertà, «non automatico, ma solo per chi se lo merita e super vigilato» e a un utilizzo sempre più esteso di servizi alla comunità.
Il piano propone l’eliminazione delle pene detentive per reati minori, esclusi quelli per abusi domestici, da sostituire con una serie di misure alternative, che vanno dai braccialetti elettronici, al divieto di guidare e di assistere e partecipare ad eventi sportivi fino al lavoro non retribuito esterno. «È stato riscontrato che in questi casi il servizio in comunità ottiene risultati migliori del carcere» ha spiegato Mahmood «dato che attualmente il 60 per cento dei detenuti con pene minori di un anno sono recidivi». Favoriti anche i lavori effettuati per aziende private i cui pagamenti andranno alle vittime dei reati. Molte di loro tuttavia non si sentono confortate da simili soluzioni, sentendosi scippate per l’ennesima volta della certezza della pena nei confronti dei loro aggressori. E secondo Mark Fairhurst, della Prison Officers Association, la metà dei detenuti rilasciati con licenza ha violato le proprie condizioni. Shabana Mahmood – nata a Birmingham da genitori pakistani, tra le prime deputate musulmane ad essere elette – è avvezza ad andare controcorrente: quando il Sentencing Council, organismo indipendente del dipartimento alla giustizia, un mese fa aveva suggerito ai giudici di utilizzare una giustizia a due velocità, modulando le sentenze in base all’etnia e alle condizioni sociali dell’imputato, ha minacciato d’intervenire, fino a quando le linee guida non sono state definitivamente abbandonate. Ascolta le critiche, ma va avanti per la sua strada. Che non è esattamente quella che ci si aspetterebbe da un governo laburista.
Il progetto pilota che prevede la castrazione chimica per gli stupratori seriali, avviato in 20 prigioni britanniche su base volontaria, avrebbe incontrato forti resistenze anche nell’ala più estremista del partito conservatore e sta suscitando critiche persino in una parte del mondo scientifico. Lo stesso scetticismo ha accolto la proposta di ridurre il 50 per cento dei detenuti stranieri che abbiano scontato almeno un terzo della pena, tramite deportazione. Le associazioni per i diritti umani parlano di «approccio inaccettabile», ma dal luglio del 2024 il governo Starmer ne ha già trasferiti 4.436, il 14 per cento in più rispetto all’anno prima. «Tutto quello che sto annunciando oggi è fatto pensando a una giustizia a servizio delle vittime» ha dichiarato Mahmood quando ha illustrato il piano «se le nostre prigioni collassano sono loro a pagarne il prezzo e se riduciamo i recidivi ridurremo le vittime». Troppo presto per sapere se funzionerà, ma visto che non piace né a destra né a sinistra, chissà che non sia la strada giusta.