Il prezzo della pace. I rischi strategici per l’Europa e l’Occidente secondo Jean

  • Postato il 22 novembre 2025
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  • Di Formiche
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Il cosiddetto “Piano di pace” elaborato da Trump, verosimilmente concordato con la Russia di Putin, è in realtà un diktat simile a quello imposto dalla Germania alla Cecoslovacchia nel 1938. Chi lo ha sostenuto è stato abbacinato dal termine “pace”. Non ha invece badato ai suoi contenuti. Essi di fatto prevedono una resa incondizionata dell’Ucraina e le premesse per migliorare i rapporti tra Washington e Mosca, oltre che l’occupazione completa dell’Ucraina da parte della Russia o un governo “fantoccio” di Mosca a Kiev.

Gli europei non sono stati coinvolti nel “Piano” e non si conosce ancora la reazione dei vari governi. La loro situazione difficile è dovuta al fatto che la sicurezza europea e non solo quella ucraina dipende dal sostegno degli Stati Uniti, soprattutto per quanto riguarda la capacità di deterrenza che rimane basata sul possesso di un numero rilevante di armi di distruzione di massa, in particolare nucleari. I deterrenti nucleari francese e britannico sono limitati a una risposta massiccia contro le città russe, mentre il loro valore deterrente contro l’impiego di armi nucleari tattiche o, comunque, limitate a città continentali europee, è praticamente nullo o, nel miglior dei casi, minimo.

Il sostegno americano è stato sempre essenziale per la resistenza ucraina all’aggressione russa del febbraio 2022. È stato però un sostegno sempre limitato anche ai tempi di Biden, per il timore di Washington di un’escalation che avrebbe comportato un coinvolgimento diretto americano nel conflitto.

C’è da ricordare, in proposito, che gli Usa non reagirono all’occupazione della Crimea nel 2014 né al sostegno dato dalla Russia agli insorti del Donbass negli anni successivi. Il primo presidente a dare un appoggio significativo all’Ucraina è stato Trump nel 2017 quando autorizzò il trasferimento in Ucraina di 49 miliardi di dollari delle potenti armi controcarro Javelin, imponendone però limitazioni allo schieramento. Di fatto, furono stoccate nei pressi di Leopoli e non impiegate contro gli insorti ucraini filorussi del Donbass. Successivamente all’aggressione russa del febbraio 2022, gli Usa in un primo tempo, pensarono che fosse impossibile resistere all’avanzata della massa corrazzata che aveva raggiunto le periferie di Kiev e avevano offerto a Zelensky un aiuto per rifugiarsi all’estero e di lì guidare una difesa territoriale, basata sulla guerriglia per contrastare l’occupazione russa dell’intero territorio nazionale. Furono le forze ucraine a fermare l’irruzione delle divisioni russe e da allora incominciò il sostegno sostanzioso degli Usa. Esso fu limitato alla sola resistenza ucraina, nonostante che Biden ripetesse che il suo obiettivo era quello di sconfiggere le forze russe e riconquistare i territori perduti. Queste limitazioni impedirono a Kiev di raggiungere risultati decisivi contro le allora deboli forze russe. Mosca mobilitò le sue riserve sia umane che industriali, raggiungendo una superiorità sugli ucraini. L’eroismo delle fanterie di Kyiv impedì la rottura del fronte e l’avanzata russa in profondità. La linea di contatto rimase praticamente inalterata, anche se nell’ultimo anno gli ucraini dovettero cedere qualche centesimo del loro territorio, mantenendo però il possesso del 25% del Donetsk e dimostrando un’incredibile resilienza della popolazione civile ai continui bombardamenti delle città e delle infrastrutture energetiche del paese.

L’arrivo di Trump segnò una svolta anche nel sostegno americano. Molti affermano che il presidente americano sia ben poco interessato all’Ucraina e alla sicurezza europea. Sarebbe invece interessato, come già aveva dimostrato nella prima presidenza, a staccare o, almeno, allentare, i legami della Russia con la Cina, principale avversario degli Usa. Dimostrazione di tale fatto fu il primo incontro alla Casa Bianca di fine febbraio 2025 con Zelenski. Malgrado le smentite successive, la politica di Trump non è certamente mutata. Ne è prova evidente il diktat che recepisce, sostanzialmente, le richieste di Putin. Il successo del “Piano” dipenderà dagli europei, per ora incerti se continuare a sostenere l’Ucraina sfidando apertamente Trump, oppure accettare di fatto l’imposizione di una resa, accelerando il riarmo europeo nella speranza di realizzare una maggiore indipendenza dagli Stati Uniti.

Per concludere, ritengo che il presupposto su cui si fonda la politica trumpiana dell’attenuare i legami della Russia con la Cina sia basata su una valutazione errata della possibilità Usa di sostituire Pechino come partner di Mosca. Economicamente, la Cina è diventata indispensabile per l’economia russa sia civile che militare. Gli Usa non hanno né i fondi né le capacità commerciali e industriali in grado di sostituirla. La mossa di Trump di privilegiare Mosca rispetto all’Europa rischia di distruggere gran parte del potere Usa nel mondo. L’Europa sarà prima o poi, in condizioni di reagire e di ridurre grandemente l’influenza sia militare sia economica americana forse aumentando anche i suoi rapporti con la Cina. Il “tradimento” Usa avrà effetti negativi anche sull’influenza statunitense in Estremo Oriente.

Autore
Formiche

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