Il presidente Noboa sfida i magistrati per la sicurezza, ma in Ecuador già 5mila morti violente in 6 mesi
- Postato il 17 agosto 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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“Prima la marcia per il Paese e la sicurezza. Poi, quella per la delinquenza e la corruzione“, scrive su Instagram il presidente dell’Ecuador, Daniel Noboa, mettendo a confronto l’immagine panoramica del corteo da securitario convocato martedì 12 agosto a Quito – con lui stesso in prima fila, vestito di nero – e uno scatto della manifestazione delle opposizioni a sinistra, a suo avviso decimata e senza abbastanza sostegno popolare. “Le immagini parlano da sole”, aggiunge Noboa.
Il corteo filogovernativo, a cui secondo stime ufficiali hanno partecipato 10mila persone, è partito dal ponte del Guambra ed è arrivato dinanzi alla Corte costituzionale, accusata di “ostacolare la lotta contro la criminalità e lasciare il Paese alla deriva nel mezzo di un conflitto interno armato”. La Corte è sotto attacco dopo aver sospeso provvisoriamente 17 articoli delle Leggi di Solidarietà nazionale, Integrità pubblica e Intelligence approvate dalla maggioranza che sostiene l’esecutivo all’Assemblea nazionale in attesa di analizzare la costituzionalità delle suddette norme. Tra i punti più controversi: l’uso deliberato e non progressivo della forza da parte degli agenti sul campo, la classificazione dei “delinquenti come combattenti”, l'”indulto anticipato ad agenti” sotto processo per “fatti inerenti al conflitto armato in corso”.
“Questa non è una pronuncia definitiva”, aveva chiarito la Corte costituzionale, ma Noboa non ci sta e in piena manifestazione esclama: “Non permetteremo che il cambio sia bloccato da nove persone”, cioè i magistrati, “che neppure ci mettono la faccia”. Ora i volti dei magistrati sono in bella vista, messi alla gogna in cartelloni e manifesti disseminati nella capitale ecuadoregna con la scritta: “Ecco i giudici che rubano la pace“. E ora la Corte denuncia la “stigmatizzazione” che “mette a rischio la sicurezza” dei suoi membri e lede “l’indipendenza dell’organo”.
I numeri non tornano – I giudici hanno anche lamentato un “dispiegamento anomalo delle Forze dell’ordine intorno” al palazzo della Magistratura e temono ulteriori rappresaglie: sanno che è solo l’inizio del conflitto fra poteri dello Stato. La battaglia è motivata da conti che non tornano nell’amministrazione Noboa – più incentrata sulla sicurezza a discapito del welfare – che vede 4.619 omicidi violenti registrati nei primi sei mesi dell’anno, che equivalgono al 47 per cento in più rispetto allo stesso periodo dell’anno prima. All’interno di queste cifre, pubblicate dall’Osservatorio ecuadoregno del crimine organizzato, si rileva anche un aumento del 68 per cento degli omicidi di bambini e ragazzi tra dieci e diciannove anni, per un totale di 504 casi. Da altre cifre messe a disposizione dal ministero dell’Interno ecuadoregno si evince che il cinquanta percento degli omicidi di minori tra i quindici e diciassette anni si verificano nella provincia di Guayas, seguita da Los Ríos e Manabí.
Tra critiche dell’Unicef e sostegno italiano – Qualche mese fa la stessa Unicef denunciava l’applicazione di “riforme regressive al sistema di giustizia penale giovanile”, che finora “non sono state efficaci nel combattere la criminalità e contravvengono la Costituzione della Repubblica e la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza ratificata dall’Ecuador”. D’altra parte almeno 1.200 adolescenti sono stati messi in cella quest’anno a causa del loro presunto coinvolgimento nelle gang che lacerano il Paese.
Altre critiche riguardano il cosiddetto Plan Fénix, varato nel 2024 dal presidente ecuadoregno e nella cui prima settimana di operatività sono state arrestate 2mila persone. Il Plan Fénix si ispira alle politiche securitarie dell’omologo Nayib Bukele in El Salvador: nuovi vertici militari affini al governo, droni e agenti nelle strade, nuove prigioni di massima sicurezza e mano dura per “liberare le carceri e l’Ecuador dalla criminalità”. Ma la strada è ancora lunga e Noboa continua a provarle tutte: dalle consulenze affidate al controverso Erik Prince, alla possibile riforma dell’articolo 5 della Costituzione, che vieta l’installazione di basi militari straniere nel Paese, previa consulta popolare. Ad annunciarlo è stato lo stesso presidente ecuadoregno durante la sua visita in Italia, fra il 30 giugno e inizio luglio, mentre indossava un paio di anfibi che contrastavano con il completo elegante per simboleggiare il “conflitto armato” in corso nel Paese sudamericano. Nell’occasione la stessa premier Giorgia Meloni è venuta in suo soccorso, provvedendo allo scambio di 10 milioni di dollari di debiti di Quito con l’Italia con investimenti in programmi di sicurezza ed equipaggiamento per la Polizia nazionale dell’Ecuador acquistati da Roma.
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