“Il popolo iraniano merita la pace e un futuro di libertà, come la gente che vive studia, lavora, ama e spera”: l’appello di Lorenzo Jovanotti

  • Postato il 24 giugno 2025
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Mentre imperversano venti di guerra tra Israele e Iran, Lorenzo Jovanotti ha voluto condividere sui social i suoi ricordi legati ad un viaggio importante fatto in bici, qualche anno fa. Il popolo iraniano “merita la pace e un futuro di libertà , come tutta la gente del mondo, intendo la gente che vive studia lavora ama e spera, come tutti noi”.

Stamattina il cellulare mi ha messo in evidenza queste foto di quando ho attraversato l’Iran in bicicletta. – ha scritto Jovanotti – Entrai da nord, dal confine con l’Armenia e percorsi il Paese attraverso Tabriz fino a Isfahan poi indietro passando da Qom arrivai a Teheran dove bighellonai per una settimana. Una ventina di giorni, 3000 km lungo le strade dell’antica Persia. Trovai un paese sorprendente, pieno di contraddizioni, tra modernità e storia, povertà e risorse – ha ricordato il cantante – Oggi il nome di quelle città è in tutte le news e mi tornano in mente dettagli insignificanti in senso geopolitico ma preziosi nella mia memoria di viaggiatore”.

“Viaggiare come faccio a volte io, da solo e fuori dai circuiti del turismo organizzato, – ha affermato l’artista – è molte cose ma soprattutto è un modo per sentire i luoghi in modo che non saranno più astrazioni ma pezzi della propria realtà. Io a Isfahan arrivai un pomeriggio dopo 200 km di deserto di pietre e vento, trovai un posto dove dormire vicino a quella che pensai fosse la piazza più bella che avessi mai visto, faceva a gara con Piazza del Campo a Siena, Piazza San Marco a Venezia, Piazza Navona a Roma, ma il fatto che fossi l’unico forestiero in quel momento mi convinse che era tutto speciale”.

E ancora: “In quella piazza passai ore bellissime, dell’Iran continuava a colpirmi la gentilezza della gente, l’ospitalità come valore sacro che verificavo di persona, l’età media molto giovane delle gente che vedevo in giro, la disponibilità a fare due chiacchiere davanti a un tè zuccheratissimo in un inglese stentato ma pieno di voglia di capirsi. Notavo che ogni volta che la mia curiosità e le mie domande toccavano la politica del loro paese calava un silenzio imbarazzato, giri di parole, come quando si parla di una malattia pericolosa di cui non è chiara la cura, in bilico tra speranza e rassegnazione”.

Poi il racconto continua: “I giovani di questo Paese, pensai, non ne possono più, non me lo dicono perché hanno paura a parlane, non sanno chi sono e nonostante spieghi che sono un italiano in bicicletta appena si entra nell’attualità del loro Paese si ritraggono ma vorrebbero parlare, gridare, piangere. In questi giorni leggo i nomi di quelle città e mi tornano in mente cose, soprattutto momenti bellissimi in quella terra antica e favolosa intrisa di una storia tra le più ricche del mondo. Uno dei luoghi dove la poesia è importante come l’acqua e come la vita. Ricordo un parco a Teheran dove passeggiando incontrai un monumento a Dante, al nostro Dante, per dire”.

L’appello finale: “Quella gente merita la pace e un futuro di libertà , come tutta la gente del mondo, intendo la gente che vive studia lavora ama e spera, come tutti noi”

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Il Fatto Quotidiano

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