IL PIL DELLA BASILICATA NON GUARISCE DAL COVID
- Postato il 28 novembre 2024
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- Di Quotidiano del Sud
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Il Quotidiano del Sud
IL PIL DELLA BASILICATA NON GUARISCE DAL COVID
La Basilicata è l’unica regione del Sud a non riuscire a superare i livelli del Pil del 2019, ossia ante covid, incide la crisi dell’auto (e non solo). La flessione è del 5,7%
Emergono ombre pesanti per la Basilicata dal rapporto Svimez 2024: è risultata infatti essere l’unica regione del sud ad avere un prodotto interno lordo in calo rispetto al 2019, con una flessione del 5,7%. Su questo dato forse forse ha inciso un calo dell’industria (-2,7%) più intenso di quello che è stato osservato per la media delle regioni del Mezzogiorno: una situazione compensata tuttavia dalla buona performance del settore delle costruzioni (+8,4%, la crescita più intensa tra le regioni meridionali). In un quadro generale in cui il Sud cresce quasi più del resto del Paese, alcuni indicatori lucani fanno scattare l’allarme: le previsioni demografiche per esempio parlano di uno spopolamento senza fine.
Entro il 2050, secondo le proiezioni Svimez, la Basilicata perderà il 22,5% della sua popolazione, il dato peggiore d’Italia insieme a quello della Sardegna. La Basilicata è poi l’unica regione italiana a registrare un calo dell’export tra il 2019 e il 2023 (-17,6%). Notizie più confortanti sul fronte occupazionale, visto che il tasso di disoccupazione giovanile si attesta al 26%, un dato migliore rispetto alla media del Mezzogiorno che è del 37%, ma che resta ancora distante dagli standard europei.
Da questo punto di vista giova ricordare anche che il 45% degli occupati in più a livello nazionale sul periodo pre-pandemia (+471mila nel 2023 rispetto al 2019) si concentra nel Mezzogiorno: 213mila (+98mila nelle regioni centrali; +89mila nel Nord-Est; +71mila nel Nord-Ovest). A fine 2023, solo Piemonte (-0,6%), Emilia-Romagna (-0,1%) e Molise (-2,0%) non avevano recuperato i livelli occupazionali del pre-pandemia. Le regioni più dinamiche sono state, invece, Puglia (+6,3%), Liguria (5,2%) e Sicilia (+5,2%), seguite da Campania (+3,6%) e Basilicata (+3,5%). Nella filiera dell’aerospazio ci sono 796 addetti.
Dal punto di vista occupazionale, per quel che riguarda «la composizione per genere, sono osservabili dinamiche molto eterogenee tra territori: in valore assoluto – riporta il rapporto Svimez – nelle regioni meridionali e del Centro è cresciuta di più la componente maschile, nel Nord-Ovest e nel Nord-Est quella femminile. La regione del Mezzogiorno dove la nuova occupazione è “meno donna” è la Campania (+4,8% gli uomini, +1,5% le donne); in Sardegna, l’occupazione a fine 2023 era calata più nella componente femminile che in quella maschile; di segno opposto la tendenza in Puglia e Basilicata, dove l’occupazione femminile è crescita a ritmi più sostenuti».La crisi più acuta riguarda tuttavia il settore automobilistico. Lo stabilimento Stellantis di Melfi ha subito un drastico calo della produzione, -73% rispetto al 2019. La transizione all’elettrico rappresenta oggi una sfida cruciale per il futuro industriale della regione e di tutto il Meridione.
«In questo quadro di difficoltà dell’industria europea ed italiana dell’Auto – è scritto nel rapporto Sminez – il peso dell’industria automobilistica del Mezzogiorno è ancora molto rilevante, soprattutto se ci focalizziamo sulla fabbricazione di autoveicoli. Nel 2023, l’82% della produzione nazionale di autoveicoli (751 mila) ha avuto luogo negli stabilimenti situati a Pomigliano, Melfi, e Atessa, che hanno prodotto 615 mila autoveicoli. Nello stabilimento abruzzese di Atessa, si concentra l’intera produzione nazionale di veicoli commerciali leggeri, che nel 2023 ha superato le 230 mila unità (+12% sul 2022), lontana dal picco di 400 mila unità del 2017, ma pari al 31% della produzione complessiva di autoveicoli. Nelle regioni del Sud, si concentra dunque la presenza dei grandi impianti di produzione finale, frutto dello storico processo di “meridionalizzazione delle produzioni Fiat”, iniziato già negli anni ’70. Questo tratto è particolarmente marcato in Molise e in Basilicata, dove gli addetti di Termoli e Melfi rappresentano rispettivamente l’82% e il 79% del totale, mentre Campania e Abruzzo – ma anche Puglia e Basilicata – sono caratterizzate anche dalla presenza di un significativo indotto della componentistica, oltre ai poli della Val di Sangro e Pomigliano. La situazione – continua il Rapporto – è particolarmente grave per il Mezzogiorno, non solo per lo stabilimento di Melfi, che ha visto una perdita di quasi 90 mila unità (-62%), ma anche perché tutti gli stabilimenti – compresi Pomigliano (-6%) e Atessa (-10%), in crescita nella prima parte dell’anno – sono entrati in territorio negativo, con cali che interessano sia gli autoveicoli che i veicoli commerciali. Rispetto ai livelli del 2019, la riduzione dei volumi è ancora più severa, per Pomigliano (-8%), ma soprattutto Atessa (-32%) e Melfi (-73%)».
Molto meglio il lavoro nel settore agricolo: secondo il Rapporto Svimez infatti la flessione dell’occupazione agricola ha interessato tutte le regioni italiane, con l’eccezione di Marche (+17,6%), Lazio (+19,3%), Basilicata (+5,6%) e Sicilia (+0,7%). Per quanto riguarda il Reddito di Cittadinanza, poi sostituito dall’assegno di inclusione, a fruirne sono stati 14.167 nuclei lucani (con un importo medio mensile di 509 euro), per un totale di 27.454 persone coinvolte (nella maggior parte dei casi familiari). Popolazione: tutte le regioni del Mezzogiorno hanno perso popolazione su base annua; la prima regione meridionale per calo demografico è la Basilicata (-7,4%), seguita dalla Sardegna (-5,3%); più contenuta la decrescita demografica solo in Abruzzo (-2,1%). Allo stesso modo in rapporto alla popolazione, la Basilicata è la regione meridionale con il più elevato tasso migratorio (-5,4ɧ), seguono la Calabria (-5,2%), il Molise (-4,1%) e la Campania (-3,6%). Tra le regioni centro-settentrionali destinatarie delle migrazioni dal Mezzogiorno, spicca la Lombardia nella quale si trasferisce il 27% dei migranti. La Lombardia è la principale meta di tutte le regioni meridionali, tranne che dei lucani, che invece preferiscono l’Emilia Romagna. L’emigrazione comincia poi – di fatto -dall’istruzione: l’83% degli studenti lucani sceglie infatti di frequentare l’università magistrale fuori regione. Notizie migliori dal fronte abbandono scolastico: «le regioni in cui si è registrato l’abbandono più alto sono Sicilia (21,1%) e Campania (19,9%), mentre quelle in cui l’abbandono è risultato essere minore sono state Molise (11,3%) e Basilicata (9,8%)», è riportato nel rapporto. Luci e ombre nella sanità in quanto la regione dei due mari è una delle due sole regioni del sud (insieme alla Puglia) che rispettano i livelli essenziali di assistenza con buoni risultati per esempio negli screening oncologici. Tuttavia il 24% dei malati oncologici lucani deve ancora spostarsi al centro nord per le cure. Per quel che riguarda il risultato deludente del Mezzogiorno nella prevenzione oncologica «incidono sia i bassi tassi di adesione dell’utenza, sia la carente offerta di programma di screening».
Il Quotidiano del Sud.
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