Il pianto belga della Juventus
- Postato il 22 gennaio 2025
- Champions League
- Di Panorama
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Il pianto belga della Juventus
Il pareggio in cada del Bruges, avversario modesto che in Serie A viaggerebbe a metà classifica, pregiudica le speranze della Juventus di entrare nelle prime otto della Champions League. Thiago Motta è ricaduto nel vizio della pareggite quando sembrava aver cambiato passo a Bergamo – dove il segno ‘X’ aveva avuto tutt’altro significato - e nella vittoria convincente contro il Milan. Soprattutto è tornato a mostrare una Juventus lenta, spuntata e per nulla animata dall’ossessione di portare a casa la posta piena.
La delusione, insomma, è enorme e si porta dietro una serie di domande cui sarà urgente dare una risposta. Non può essere diversamente dopo una serata in cui il primo e unico tiro in porta arriva al minuto numero 84, vissuta tra equivoci tattici e con l’unico centravanti seduto in panchina per tre quarti di partita. Non per problemi fisici, ma per scelta tecnica rivendicata alla vigilia da un allenatore che sta utilizzando questa stagione come un laboratorio senza fine delle sue idee tattiche.
Quello di Vlahovic è un caso che merita un approfondimento. Il serbo non è l’attaccante ideale per Thiago Motta, ormai è conclamato; ma è anche l’unico a disposizione, in attesa che il Psg risolva il pasticcio del prestito di Kolo Muani e che Giuntoli faccia il suo lavoro sul mercato sbrogliando la matassa del rinnovo che non arriva e di una cessione che pare non differibile. Detto questo, il serbo rimane sempre e comunque un uomo da 118 gol in carriera e 12 milioni di stipendio netto all’anno e non è pensabile rinunciarvi per adattare al suo posto un esterno come Nico Gonzalez il cui indice di pericolosità è pari allo zero come le conclusioni in porta a Bruges. E che è stato preso per fare altro, salvo trovarsi una concorrenza interna esagerata nelle persone di Conceicao, Weah e infine Yildiz.
Viene da chiedersi se Thiago Motta non abbia bisogno di qualche buon consiglio interno. E’ vero che la guida di una squadra è prerogativa unica di un allenatore, ma alcune delle sue scelte sfiorano l’autolesionismo e mettono ulteriormente in difficoltà la società che si deve muovere sul mercato per supportarne i disegni tattici.
Vale anche per l’utilizzo senza sosta di Koopmeiners (25 presenze e 1.9858’ fin qui senza costrutto), il più deludente di tutti i nuovi acquisti di una campagna estiva dispendiosa, e il rapporto con Douglas Luiz del quale si fatica a comprendere l’utilità e anche il perché sia stato scelto per rivestire il ruolo di play che non ama fare. E vale per i cambi con cui raramente la Juventus riesce a portare le partite dalla sua parte. A Bruges, per esempio, il primo sostituito è stato Mbangula che nella povertà di emozioni e qualità era stato tra i pochi a distinguersi per freschezza e voglia di lasciare il segno. Perché?
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