Il pentito Barbieri, il matrimonio al 501 Hotel e la cena con un ex consigliere regionale di Vibo

  • Postato il 20 febbraio 2025
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Il pentito Barbieri, il matrimonio al 501 Hotel e la cena con un ex consigliere regionale di Vibo

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L’ex killer dei Bonavota, Onofrio Barbieri, pentito di ‘ndrangheta dal 2023, racconta alcuni aneddoti della sua storia criminale: la conoscenza della moglie già sposata, il matrimonio a 501 hotel di Vibo, l’alleanza con i Piscopisani e la cena con un ex consigliere regionale del Vibonese.


VIBO VALENTIA – Si sono conosciuti nel 2006, lui Onofrio Barbieri, ex killer, oggi pentito, del clan Bonavota, al tempo era single, da un anno aveva circa aveva l’obbligo di dimora in paese a seguito dell’operazione “Uova del drago”; lei invece era già sposata, pur essendo tornata da sola dopo la rottura col marito, e questo rappresentava un problema in quanto la cosca alla quale lui apparteneva era contraria a quella frequentazione resa inevitabile da quella misura restrittiva. Ma ciò che non potettero le regole della ’ndrangheta poté l’amore. E così, dopo un gesto galante (il recupero di una borsa sottratta alla donna) i due iniziarono ad uscire fino a sposarsi.

IL MATRIMONIO AL 501 HOTEL DI VIBO ALLA PRESENZA DI ESPONENTI DEI CLAN

È un passaggio “rosa” in un mare di “nero” nelle dichiarazioni che Barbieri rilascia alla Dda di Catanzaro: “Avevo l’obbligo di dimora nel 2006 quando conobbi la mia futura moglie. E l’occasione per frequentarla fu il  furto della borsa subito dalla donna. Io gliela recuperai e da lì iniziammo a frequentarci.  Il fatto che lei fosse già sposata, ma ormai separata, non era ben visto nella mia famiglia, che si opponeva alla nostra frequentazione, in particolare mia madre”. E questo perché la frequentazione di ragazze già sposate è vietata anche secondo le regole della ‘ndrangheta e per questo motivo anche Domenico Bonavota non voleva che ci vedessimo”.

I due convolano a nozze nel 2013 con un “ricevimento svoltosi presso l’hotel 501” alla presenza di decine e decine di persone tra le quali i fratelli Antonio e Giuseppe D’Amico (già condannati in Petrolmafie a 30 e 18 anni), i Bonavota, nello specifico Nicola e Salvatore ma non Domenico in quanto anch’egli “sottoposto a Sorveglianza Speciale”.

I D’AMICO, L’ALLEANZA COI PISCOPISANI E LA LATITANZA DI BATTAGLIA cena

Con riferimento ai D’Amico, il collaboratore ha ricordato che vendevano bombole a Maierato e che “fanno parte della criminalità organizzata appartenenti al gruppo dei Piscopisani con cui il nostro era alleato tant’è che se c’era bisogno di qualche favore, di procurare armi, droga o altro erano a disposizione. Ricordo anche che in una occasione abbiamo aiutato Rosario Battaglia con una latitanza, ospitandolo da noi in una casa a Pizzo”.

IL PENTITO CHE SI FINGEVA MALATO IN CARCERE DI VIBO

Durante la detenzione in carcere, Onofrio Barbieri le ha studiate tutte per uscire di cella, e una di queste era fingersi malato, inscenare una patologia. Ma non era il solo. Anche Nicola Bonavota e lo Domenico Cugliari, alias “Micu i ’Mela” lo avrebbero fatto durante la detenzione di “Uova del Drago” e riuscirono ad uscire, contrariamente al pentito: “Iniziammo a fingerci malati in carcere per uscire. Io però non ci sono riuscito contrariamente a loro due i quali facevano credere di essere affetti da depressione; si buttavano per terra, prendevano farmaci. Ricordo che mi sono state fatte anche delle perizie, in cui i medici hanno dichiarato che ero incompatibile con il carcere ma comunque non sono uscito. Perizia che invece fu positiva per Cugliari”.

Qualche altro stratagemma era l’assunzione, in occasione delle visite psichiatriche, di un bicchiere di acqua con del sale “per alterare l’esito delle analisi” ma anche questa volta Barbieri non riuscì nell’intento  a differenza di zio e nipote: “Forse sono stati più bravi di me a fingere, o forse hanno ricevuto qualche aiuto, perché io non credo che un medico possa non accorgersi se qualcuno non è realmente malato. Io non ci sono mai riuscito, tranne in una occasione, nel ‘anno 2007 quando Domenico Bonavota mi mandò un pizzino, per il tramite una guardia originaria di Arena, ora in pensione, con il quale mi indicava che Tonino Davoli aveva avvicinato, per conto della cosca, un dottore di Lamezia Terme (il perito nominato dal Tribunale) per farmi uscire dal carcere, cosa che poi avvenne veramente”.

IL PENTITO BARBIERI, I BONAVOTA E “LA CENA CON VITO PITARO”

Un altro frangente riferito dal pentito Barbieri è la cena che sarebbe avvenuta con l’ex consigliere regionale di Vibo, Vito Pitaro, attuale coordinatore provinciale di “Noi Moderati”. Barbieri la racconta nel far riferimento ad un noto locale poco fuori a Sant’Onofrio “di proprietà di un cugino di Domenico Bonavota dove andavamo spesso a mangiare, a partire in particolare dall’anno 2004, e in cui organizzavamo anche riunioni di ‘ndrangheta anche con altre consorterie criminali. Il cancello del ristorante – racconta – era sempre aperto e, anche quando l’esercizio era chiuso al pubblico, noi potevamo sempre entrare perché era a nostra disposizione. Il titolare era un amico nostro e stava con noi e quindi era a conoscenza che il suo locale fosse a disposizione pure per questo tipo di incontri. Anche Vito Pitaro è venuto a mangiare con noi in questo ristorante”.

ROCCO ANELLO E GLI STILLITANI

Secondo il collaboratore di giustizia, il boss di Filadelfia, Rocco Anello, avrebbe avuto rapporti con i fratelli imprenditori Stillitani aggiungendo che “in più circostanze mio fratello Giuseppe si era rivolto ad Anello per soggiornare in questi villaggi; gli appartenenti al nostro gruppo avevano infatti, in virtù di questi rapporti, la possibilità di stare lì a prezzi scontati o anche gratis”. Passando ad altro imprenditore, il collaboratore fa il nome di Facciolo che “per il tramite di un accordo tra Anello e Domenico Bonavota lavorava in questi villaggi. Anello poteva decidere questo perché aveva degli accordi con gli Stillitani e perché comunque in quel territorio comandava lui”.

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