Il patto che Meloni lancia a Confindustria tocca anche la nuova Ue. Ecco perché

  • Postato il 18 settembre 2024
  • Politica
  • Di Formiche
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Da un lato porte aperte a chi vuole offrire soluzioni ai problemi, dall’altro una richiesta di sincerità alle persone amiche dell’Europa che “devono avere il coraggio di dire le cose che non funzionano”. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nel suo intervento di 50 minuti all’assemblea generale di Confindustria, ha lanciato una serie di messaggi politici oltre che economici, all’interno di un quadro molto più ampio rispetto ai singoli confini nazionali. Il primo è evidentemente quello legato alle riforme (giustizia, fisco, premierato) che il governo sta portando avanti e che riguardano l’intero sistema-Italia; e il secondo tocca le nuove politiche della Commissione europea nata ieri.

Decarbonizzazione al prezzo di deindustrializzazione

“Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica”, ha ricordato la premier citando la massima di Adriano Olivetti. Un’indicazione di visione sia per raccontare come proseguirà il lavoro sulla prossima legge di bilancio, sia per stimolare tutti gli attori in causa a dare il massimo. Non sfugge che il quadro internazionale che vedeva già la criticità assoluta rappresentata dalla guerra a Kyiv, si è aggravato dalla crisi a Gaza e dalle tensioni nel Mar Rosso, a cui va sommato il caso Volkswagen che, non a caso, è tra le riflessioni fatte dalla premier.

Quando dice che “l’addio al motore endotermico nel 2035 è uno degli esempi più evidenti di questo approccio autodistruttivo”, mette l’accento sul un elemento politico prima che industriale o finanziario. Ovvero l’approccio pragmatico che la politica (in questo caso europea) dovrà avere rispetto a dossier fondamentali che toccano il presente e il futuro di mezzo miliardo di cittadini comunitari (inclusi lavoratori e imprese).

“Sono d’accordo con Orsini – ha spiegato Meloni – sui risultati disastrosi frutto di un approccio ideologico del Green deal europeo: decarbonizzazione al prezzo di deindustrializzazione è una debacle. Lo vogliamo dire che è non intelligentissima come strategia? E lo diciamo perché siamo amici dell’Europa e vogliamo difendere la capacità industriale europea”.

Come invertire le tendenze

In secondo luogo mette l’accento sull’esigenza di invertire alcune tendenze, prima fra tutte l’instabilità politica. E qui il discorso torna al macro tema delle riforme. Garantire una stabilità che in Italia è un’eccezione, “perché la certezza è una precondizione per qualsiasi investimento”. Disegnare una strategia per questa Nazione, “perché chi investe in fin dei conti scommette su un’idea, scommette su una visione. Se non ci sono idee non ci possono essere neanche investimenti”. Accompagnare quegli investimenti e l’occupazione necessaria a realizzare quegli investimenti per fare dell’Italia un luogo maggiormente attrattivo. E lanciare il messaggio che lo Stato “non avrebbe disturbato chi voleva fare, ma gli avrebbe camminato accanto come un alleato, non come un avversario”. In pochi punti c’è la direttrice di marcia che era già emersa dal discorso dell’ottobre 2022 quando Meloni chiese la fiducia alle camere.

Il gancio con le tre riforme proposte dal governo, dunque, torna nuovamente quando la premier ricorda che l’Italia ha già pagato cara nel passato l’instabilità dei governi e “le degenerazioni che quell’instabilità comportava più di ogni altra malattia del nostro sistema”. Così come ha già pagato dazio per il malfunzionamento della giustizia.

Per cui nel discorso di oggi, Giorgia Meloni ha ribadito come devono sfilare di pari passo le iniziative politiche alla voce riforme (per invertire certe tendenze) e i frutti industriali e finanziari che si potranno cogliere. Ma a patto di procedere “mano nella mano” anche al fine di far emergere l’Italia come centrale nelle dinamiche globali.

Autore
Formiche

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