Il papa matematico e il bisogno di qualcosa di romantico. Il commento di Cristiano
- Postato il 20 settembre 2025
- Chiesa
- Di Formiche
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Non è di semplice lettura l’intervista che correda il primo volume su Leone XIV pubblicato in questi giorni, Leòn XIV: “Ciudadano del mondo, misionero del siglo XXI”.
La prima lettura è quella di un tentativo esplicitamente controcorrente. Tutti sappiamo che siamo in un tempo polarizzato, dove tutto si radicalizza sempre di più, in ogni campo politico-culturale e questo coinvolge anche il pensiero religioso, la Chiesa.
Prevost dice chiaramente di non voler cadere nella polarizzazione e questa nell’epoca della polarizzazione è un’impresa che ritengo nobile ma anche molto ardua, difficile, rischiosa.
Con quel che si dice pro o contro in qualsiasi ambito, su ogni questione, cosa dice chi rifiuta la polarizzazione? È evidente il pericolo di questo ragionamento che parte come “controcorrente”; è quello di apparire, come si diceva un tempo, “democristiano”.
Non ritengo lo sia, se facciamo nostra l’accezione negativa del termine, ma per funzionare conta sulla disponibilità a leggere. Ma questa disponibilità c’è? Noi, oggi, leggiamo? Un documento, un testo, siamo disponibili a leggerlo per capirlo, o gli chiediamo di prendere chiaramente parte sin dal titolo per farci rilassare? Bene, “sta di qua”, rovinoso, “sta di là”. E davanti a fatti così sconvolgenti, come esprimersi pacatamente senza apparire afoni? E come evitare l’afonia senza cadere nel meccanismo polarizzante? È la parte più profondamente coinvolgente dello sforzo di Leone.
Ma nel tempo della polarizzazione anche provarci polarizza: da una parte chi lo vede come l’atteso sovvertitore di Francesco (che non è), dall’altra chi lo vede come il temuto sovvertitore di Francesco (che non è).
C’è un punto delicato e da capire dietro tutto questo, visto che Leone ha parlato esplicitamente di non voler promuovere “la polarizzazione nella Chiesa”.
C’è solo “la Chiesa di chi va in Chiesa” dietro questa polarizzazione da evitare? Come sappiamo “il popolo di Dio” è costituito da tutti i battezzati, ma una parte di questi risente di vecchi dottrinalismi e così molti percepiscono una distanza dalla Chiesa, ma spesso vorrebbero essere riconosciuti al di là degli attestati di presenza.
Come si caratterizzerà il dialogo tra “la Chiesa” e questa parte di cattolicesimo? Quanto il discorso non polarizzante di Leone è rivolto anche a loro, a tutto il “popolo di Dio” e quanto è rivolto al mondo sacerdotale, a quello episcopale e di qui ai praticanti assidui? Ci vorrà tempo per capire quanto se si saprà considerare questo mondo battezzato non “una zona grigia”, ma un mondo da abitare.
C’è comunque una frase di Leone che a mio avviso indica la sua rotta, e che è in evidente, dichiarata continuità con papa Francesco: “Se perdiamo l’orizzonte perdiamo la bussola, potremmo vagare invano senza sapere dove andare”. Questo è bergoglismo puro, anche nei termini scelti. Infatti durante la sua visita a Casera, dove incontrò un pastore pentecostale suo amico, Giovanni Traettino, Francesco ebbe a dire: “Cristiani fermi: questo fa male, perché ciò che è fermo, che non cammina, si corrompe. Come l’acqua ferma, che è la prima acqua a corrompersi, l’acqua che non scorre… Ci sono cristiani che confondono il camminare col “girare”. Non sono “camminanti”, sono erranti e girano qua e là nella vita. Sono nel labirinto, e lì vagano, vagano… Manca loro la parresia, l’audacia di andare avanti; manca loro la speranza. I cristiani senza speranza girano nella vita; non sono capaci di andare avanti. Siamo sicuri soltanto quando camminiamo alla presenza del Signore Gesù. Lui ci illumina, Lui ci dà il suo Spirito per camminare bene”.
Mi appare evidente che Leone abbia inteso riferirsi a questa visione, suppongo che avesse a mente queste parole: un cristiano non può stare fermo, un cristiano è in cammino, non vaga, perché segue il Vangelo.
Nell’epoca della polarizzazione questa bussola deve essere capace di prenderci nelle rapide che rischiano ogni giorno di portarci via con loro.
Qui la pacatezza di Leone non è che non indichi, lo fa pacatamente. Emerge la difficile intenzione di cercare una strada di attuazione di ciò che ha portato Francesco, della sua eredità, in modo “compatibile”.
Questo è un bisogno importante non solo per il post-Francesco, ma a mio avviso è importante proprio per il tempo che viviamo, ma appare anche una scelta che deve fare i conti le resistenze, le contrarietà. Se furono molto forti ai tempi di Francesco, non saranno sparite.
Ma la Chiesa non è solo per chi va in Chiesa… e la predicazione del vangelo, che Leone ricorda essere la sua missione, arriva in un tempo di sconvolgimenti.
Torniamo al discorso interno e facciamolo leggendo quanto Leone ha detto sulla questione Lgbt: ha detto “non ho un piano” al riguardo, per poi criticare chi in paesi nordici già prepara rituali delle benedizioni di coppie omosessuali: possiamo benedire tutte le persone, ha aggiunto, ma non si cerca di ritualizzare un certo tipo di benedizione.
La famosa autorizzazione a benedire le coppie omosessuali è stata data da Francesco non come benedizione della coppia, ma delle persone, dei singoli: lo chiarì lo stesso Francesco. Questo dunque a me sembra un piano: non si ritualizza ma si possono benedire tutti. Leone dice pacatamente ciò che fece scalpore?
Molti sostengono che Leone, per “mettere a terra” il pontificato di Francesco e ciò che ha avviato, non possa che tentarne un’attuazione “pacata”. Ma appare anche chiaro però che in questi tempi burrascosi ogni discorso per essere vissuto deve mostrare la sua anima.
Il papa “matematico”, come sappiamo essere parte importante della formazione di Leone, forse avrebbe bisogno anche di qualcosa del papa “romantico”, che sappiamo essere stata l’essenza, rivolta al cuore dell’uomo, del pontificato di Francesco.
Mutuando linguaggi estranei alla Chiesa e di altri tempi, si potrebbe definire Leone il “dottor sottile” del tempo post-Francesco? È l’ uomo accorto ai termini che usa, agli equilibri che deve costruire, che compone il ragionamento cucendo, ma col disegno in mente? Forse quella che fu chiamata la politica “dei piccoli passi” potrebbe essere un’altra immagine calzante per ciò che annuncia, per procedere?
È un lavoro molto difficile, a dir poco complesso e che si capirà meglio quando si delineerà la “squadra di governo” di Leone. Comunque c’è una parte di sfida a questo nostro tempo, perché va controcorrente nel tempo polarizzante, invita a non cedere alla polarizzazione; ma è anche un discorso che appare rivolto soprattutto alle “compatibilità” e quindi dalla “tessitura”.
Questa urgenza oltre che comprensibile è anche innegabile, ma in questo tempo polarizzato la bussola per il mondo, tra tante luci abbaglianti – le voce polarizzanti che ci assediano- deve essere percepita dai cuori prima che dalle menti degli uomini, dentro e fuori la Chiesa.
Immigrazione, ecologia, fratellanza: Francesco è entrato negli sconvolgimenti dell’oggi con il Vangelo, e lo ha fatto anche nella vita della Chiesa, con la sinodalità.
Due encicliche dai titoli potenti, “Laudato si’” e “Fratelli tutti”, un gesto, il pastorale fatto con un remo di una barca di migranti che usò a Lampedusa, infine una frase pronunciata quanto avviò la riforma sinodale (sinodo vuol dire camminare insieme): “Il nostro sguardo si allarga anche all’umanità.
Una Chiesa sinodale è come vessillo innalzato tra le nazioni in un mondo che – pur invocando partecipazione, solidarietà e trasparenza nell’amministrazione della cosa pubblica – consegna spesso il destino di intere popolazioni nelle mani avide di ristretti gruppi di potere.
Come Chiesa che “cammina insieme” agli uomini, partecipe dei travagli della storia, coltiviamo il sogno che la riscoperta della dignità inviolabile dei popoli e della funzione di servizio dell’autorità potranno aiutare anche la società civile a edificarsi nella giustizia e nella fraternità, generando un mondo più bello e più degno dell’uomo per le generazioni che verranno dopo di noi”.
Ecco l’importanza delle parole, e dei gesti, che spesso ci parlano più delle parole.
Dopo un “papa-caldo” come fu Giovanni XXIII, per realizzare il Concilio che aveva convocato, si scelse un “papa freddo”, come fu considerato da alcuni Paolo VI, il papa del ma, particella per natura contraria alla polarizzazione, che comunque segue un’affermazione.