Il Papa, il piccolo padre che compra i dischi nel centro di Roma
- Postato il 21 aprile 2025
- Di Agi.it
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Il Papa, il piccolo padre che compra i dischi nel centro di Roma
AGI - Il nome deriva forse dal greco antico, forse dal latino, magari dal siriaco, ma la sostanza è sempre quella: Papa vuol dire padre, o meglio papà perché è parola che deriva dritta dritta dal lessico familiare, il basso latino parlato in cucina. Del resto la differenza tra “pàpas”, “papa” e “baba” è minima, e la parola emerse da quel gran miscuglio che erano le strade caotiche della Roma imperiale ed ellenizzante del II Secolo dopo Cristo. Vi si parlava correntemente il greco, oltre al latino, ma erano assai battute anche dalle minoranze orientali e chi non ne è sicuro veda i mosaici di Ostia antica. Quindi la risposta al quesito resta aperta e sempre lo sarà, ma in fondo non è questione importante.
Origine del termine Papa
Ad ogni modo è così che comunità ora mal tollerate, ora perseguitate e ora capaci di insinuarsi nei gangli dell'Impero come quelle cristiane presero a chiamare il loro pastore, affibbiandogli un nomignolo che sapeva, oltre che di rispetto filiale, anche di vaga deminutio per il Cesare di turno. Sarai pure imperatore, Memmio o Diocleziano o chiunque tu sia, ma il Padre Nostro sta nei cieli mentre tu sei a mala pena il signoruccio della Terra. E in terra noi abbiamo il nostro papà, che del Padre Nostro è vicario: stai al tuo posto, non praevalebis.
Significato e uso del termine Papa
Talmente forte e significativa si rivelò la scelta eponima da divenire, nel tempo, suggello della vittoria: Papa si fece chiamare per la prima volta ufficialmente il vescovo Siricio, ed era il 384. Da un soffio, appena quattro anni, era in vigore l'Editto di Teodosio a Tessalonica: Roma era di Cristo e di null'altri ed il termine Papa, per l'appunto, divenne l'appellativo del vincitore. Dalla corona di spine alla corona d'alloro. Cesare al massimo poteva puntare al cesaropapismo, ma anche questa sarebbe stata una mezza vittoria e nulla più, un'occupazione dell'altra metà del fabbricato.
Evoluzione storica del termine Papa
Al contrario, fu il successore di Siricio, Damaso, a prendersi le spoglie del paganesimo rantolante, anche qui per via onomastica. Si fece chiamare Pontifex, come la massima autorità religiosa romana e spesso anche eminente personalità politica. Cesare, quello originale, era stato anch'egli Pontefice Massimo, ed Augusto aveva voluto esserlo tutta la vita. Graziano fu l'ultimo loro successore: abdicò alla carica nel rispetto dei tempi nuovi, ma la sede restò vacante assai poco con l'arrivo del nuovo pretendente.
Da allora il nome Papa indica il massimo pontefice vescovo di Roma. Ma mica solo di quella: Papa è il titolo dei patriarchi ortodossi di Alessandria, dei patriarchi della Chiesa Copta Alessandrina, della Chiesa Ortodossa Copta. Un solo termine a nascondere innumerevoli distinguo, spesso difficili da afferrare da cervici latine o riformate, ma l'unità dell'appellativo indica non solo e non tanto la comune origine semantica, quanto piuttosto gli strascichi delle dispute teologiche e gerarchiche che dilaniarono la Chiesa dei secoli più antichi.
A Roma vige il Primato Petrino (il principio cioè che il successore di Pietro abbia la primazia sui titolari delle altre sedi patriarcali, con buona pace di Costantinopoli e Alessandria). Questo comunque non ha impedito due cose: la prima che il Vescovo di Roma non sia più il suo Patriarca, essendo il titolo stato abolito da Benedetto XVI; la seconda che il papà dei Romani non abbia dovuto prendersi cura di loro anche materialmente. In un bel libro, dedicato proprio alle origini dello Stato della Chiesa, Girolamo Arnaldi lo spiega benissimo: abbandonati dai Bizantini, minacciati dai Longobardi, dissanguati dalla fuga dei più ricchi verso la corte di Costantinopoli, i Romani ormai romani al Piccolo Padre si rivolsero. Ed ottennero il pane, se pur privo dei giochi peccaminosi del Circo.
Per andare da Sutri a Porta Pia - 53 chilometri - ci vollero mille e cento e passa anni. La Roma Papalina è durata esattamente quanto quella Antica, con tutto che è stata messa a sacco, occupata, abbandonata e poi ripresa. Umiliata da Avignone e reinstaurata nel regno di questo mondo da Sisto, pastore del Piceno. Assetata dai Goti e dissetata dall'Acqua Felice. Annusata da Hans Christian Andersen e visitata con devozione da Montaigne. E il Papa sempre lì, vecchietto biascicatore di formule latine nelle pagine di Stendhal o di Goethe ma anche condottiero di piccoli quanto feroci eserciti quando toccò ai Della Rovere. Peggiore, migliore, di rado uguale: quella del Papa è l'unica o quasi signoria terrena il cui sovrano giocava a fare le sciarade mentre un esercito di ventimila uomini, guidati da una fanfara, ne sfondava l'ultima difesa. Sic transit gloria mundi.
Il XXI Secolo vedrà tra poco il suo quarto Pontefice. “Romano, romano, lo volemo romano o armanco italiano” gridavano in piazza San Pietro, nei secoli passati, i sudditi devoti. I papi del presente, finora, sono venuti da paesi resi lontani dalle Cortine di Ferro o dagli oceani. E parlavano lingue per i romani più astruse del siriaco o più orientaleggianti del greco antico. Ma poi alla fine ci si sono abituati, perché la verità è che in fin dei conti, se non è romano, lo diventa e va a comprarsi i dischi in un negozio del centro e passa per piazza Venezia su una Ford station wagon.
Oppure sono loro, i romani, che sono un po' meno chiusi al mondo di una volta. In tal caso, però, il merito non è del Papa. Il merito è dell'Erasmus.
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