Il pantano dopo la magnificenza. Sulla strada eroica di un camionista

  • Postato il 8 giugno 2024
  • Di Il Foglio
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Il pantano dopo la magnificenza. Sulla strada eroica di un camionista

Per un paese vasto e infinito come il Brasile il camion è tuttora lo strumento primario di rifornimento e connessione di tutto lo Stato. I camionisti vivono per giorni e mesi lontani dalle famiglie, ma soprattutto attraversano territori diversissimi tra loro e ogni trasporto è un’avventura  salgariana. Gli imprevisti sono all’ordine del giorno e le soluzioni necessarie per portare a casa la pelle (non di meno) stanno tra l’inventivo e l’improbabile. Ogni cosa può diventare complicata, dal procacciarsi il cibo al fare rifornimento. Attorno a quest’epica passata per gloriosa, ma in verità tragica, ruota la vita di José Bortoluci, detto Didi, camionista negli anni dello sviluppo sfrenato di un Brasile che voleva farsi europeo e moderno, la cui storia è raccontata con cura e affetto dal figlio, José Henrique Bortoluci nel suo libro d’esordio dal titolo Sulle strade di mio padre (Iperborea, traduzione di Vincenzo Barca). Bortoluci raccoglie i racconti del padre, un uomo affaticato dalle malattie che hanno costellato la sua esistenza e ora stremato da un tumore che ne sta piegando le ultime forze vitali.
 

La vita di Didi non è stata mai facile, quasi tutti i suoi compagni di lavoro sono morti ben prima che la vecchiaia si palesasse, ha vissuto quasi sempre in viaggio a bordo di un camion per conto di altri, in nome di uno sviluppo che di lì a poco si sarebbe rivelato nefasto e assurdo. Un consumo senza requie di risorse naturali e di vite umane in un intreccio diabolico fatto di spreco e insensatezza, di delirio nazionalista e perdita di bene comune. Didi non è che uno delle tante migliaia di lavoratori sacrificati sull’altare di una modernità impalpabile che ha lasciato sul campo vite umane e storie di enormi sacrifici. Il libro diviene un’occasione di dialogo con il padre per José Henrique, per tentare di capire meglio i movimenti dell’anima di un uomo che ha vissuto il proprio mestiere come una forma di eroismo incantato tra inconsapevolezza politica, ma contemporaneamente con una solida concretezza del quotidiano. José Henrique prova a stanare il padre, ma per farlo deve mutare le proprie logiche, abbandonare le categorie politiche a cui è abituato.
 

Perché abbandonare una famiglia in nome di un lavoro così infausto? Non c’entrano solo i soldi (pochi) e ancor meno l’inganno di un futuro roseo e splendente che mai arriverà. C’entra invece un desiderio di libertà indicibile, umanissimo e intimo, delicato e potente al tempo stesso. Una vita che si mischia con la morte e che sta a diretto contatto con la natura del mondo in un Brasile così fuori misura da sorprendere anche chi ci è nato. La Trans-Amazzonica che avrebbe dovuto celebrare la forza economica del Brasile, una superstrada capace di attraversare il paese tagliando la foresta, resta un sogno. 
 

Di quella magnificenza rimane un terribile pantano: “Le strade erano quasi tutte pozze di fango e polverone. Quando era la stagione delle piogge c’erano certi pantani che ci restavi cinque, sei, sette giorni senza riuscire a tirare fuori il camion. Viaggiavamo in gruppi di cinque o sei e quando uno affondava, bisognava attaccarne un paio per rimorchiare quello impantanato”. Il libro alterna parti descrittive, condite dalla storia del Brasile, al racconto in prima persona del padre. Gli anni in cui avviene il dialogo tra padre e figlio sono quelli della vittoria di Jair Bolsonaro, in cui il covid imperversa totalmente incontrollato seminando terrore e al tempo stesso la sensazione di un drammatico ritorno ai tempi cupissimi della dittatura. Il ridicolo non come seguito, ma insieme a braccetto con la tragedia. Uno scavo nei giorni eroici di un padre che diviene una necessità per il futuro di un figlio.

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Autore
Il Foglio

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