Il Pakistan si affida al super-generale che piace a Trump e lo rende intoccabile. Il ruolo Usa e le tensioni con l’India

  • Postato il 15 novembre 2025
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L’uomo forte del Pakistan sta per diventarlo ancora di più. Anzi, la riforma costituzionale che il parlamento del paese asiatico ha appena approvato lo sta per rendere di fatto intoccabile. Con tutte le potenziali conseguenze del caso sull’equilibrio di un paese tanto popoloso e forte militarmente quanto fragile. Per non parlare delle possibili ricadute regionali. La figura in questione è quella del generale Asim Munir, capo dell’esercito di Islamabad che, sulla base della nuova normativa, salirà al vertice assoluto delle forze di difesa pachistane, arrivando a guidare anche la marina e l’aviazione. Non solo: la nuova posizione gli garantirà anche l’immunità perpetua da qualunque eventuale procedimento giudiziario nei suoi confronti, rendendolo, appunto, intoccabile.

Il Pakistan, che dispone di un ingente arsenale nucleare, non è nuovo a situazioni di questo tipo. L’ultimo esempio in ordine di tempo è quello che, dopo un colpo di stato, vide dal 1999 al 2008 governare sul paese Pervez Musharraf. L’attuale contesto però è ulteriormente complicato dal fatto che le modifiche legislative approvate dai parlamentari pachistani porteranno anche alla creazione di una corte giudiziaria federale al di sopra della Corte Suprema. I membri del nuovo organismo saranno scelti dal governo, favorendo di fatto il controllo del potere esecutivo, e quindi politico, su quello giudiziario.

Ovviamente non sono mancate proteste, tensioni interne che potrebbero aumentare di intensità, ma la strada sembra segnata. Un percorso che ha portato numerosi analisti a parlare addirittura di un vero e proprio colpo di stato. Va detto che in Pakistan le forze armate sono da sempre considerate le vere detentrici del potere. Una presa che non riguarda solamente la sfera prettamente politica e legislativa, ma che si allarga anche a quella economica e che non risparmia nessun settore, da quello finanziario a quello commerciale. Questo controllo assume di volta in volta la forma di conglomerati di varia natura o di fondazioni, che servono comunque allo scopo di garantire ai militari una grande influenza.

Sulla base dell’assunto che tra uomini forti ci si intende, Munir è uno dei fautori del grande riavvicinamento tra il Pakistan e gli Stati Uniti guidati da Donald Trump. Il generale pachistano ha incontrato il presidente Usa già tre volte quest’anno, in un caso addirittura alla Casa Bianca (nella foto a sinistra insieme al primo ministro pakistano Muhammad Shehbaz Sharif), e l’intesa tra i due traspare dalle immagini che li ritraggono insieme. La fase di grande calore tra Islamabad e Washington è legata anche alle operazioni di lobbying che il Pakistan sta portando avanti, una campagna di posizionamento messa a terra a suon di investimenti di milioni di dollari utilizzati per influenzare la visione dell’amministrazione statunitense nei confronti del paese asiatico. E che ha dato i suoi frutti, considerando anche che alcune aziende Usa stanno iniziando a investire nell’economia pachistana e che Trump ha imposto al Pakistan dazi tra i più bassi a livello asiatico. A differenza di quanto invece fatto nei confronti dell’India.

Proprio Nuova Delhi è uno degli attori che con più attenzione guardano a quanto succede all’interno dell’odiato vicino. Munir ha spesso usato toni molto duri nei confronti dell’India ed è chiaro che gli attuali sviluppi non rassicurano sul futuro il paese guidato dal primo ministro Narendra Modi. I due confinanti sono oltretutto appena stati scossi da attentati che hanno colpito le rispettive capitali, causando in entrambi i casi più di dieci vittime. È raro che Islamabad e Nuova Delhi vengano interessate da attacchi terroristici e ovviamente non sono mancate accuse reciproche anche se sembra che nel primo caso a essere coinvolta sia la filiale pachistana dei Talebani. Una situazione che ha spinto il ministro degli Esteri pachistano a parlare di “stato di guerra”.

Parlando di Talebani entra in gioco l’Afghanistan. I rapporti con il Pakistan sono sempre più tesi – a metà ottobre lungo il confine si sono verificati gli scontri più pesanti degli ultimi anni –, mentre l’India sta compiendo passi di grande avvicinamento al movimento fondamentalista che guida Kabul. Questo soprattutto in chiave anti-pachistana e per rompere il senso di isolamento regionale di cui Nuova Delhi soffre a corrente alternata. Considerando che anche le forze armate indiane dispongono di un arsenale nucleare, una militarizzazione del subcontinente – anche con la definitiva presa del potere da parte dei militari in Pakistan – non può che causare preoccupazione.

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