“Il mondo è pieno di gente da evitare. Scappo a gambe levate dagli str*nzi. La psicoterapia? Ho capito che non si può piacere a tutti”: il “risorgimento” di Mille
- Postato il 18 settembre 2025
- Musica
- Di Il Fatto Quotidiano
- 1 Visualizzazioni
.png)
Cantautrice, musicista e attrice teatrale. Durante la sua carriera, Mille (all’anagrafe Elisa Pucci) ha saputo sfruttare i suoi talenti su diversi palchi. “Il teatro mi ha insegnato la disciplina, che vale anche nella musica e non significa rigidità. Ma la possibilità di fare scelte creative personali con un sostegno ben radicato a terra”, racconta a FqMagazine.
Da piccola ha partecipato allo Zecchino d’Oro e nel 2015 è arrivata in finale a X Factor con la band dei Moseek. Cinque anni dopo, ha deciso di intraprendere un percorso da solista. Il nome d’arte, “che ho scelto di getto”, l’ha legata in maniera inconsapevole a uno dei personaggi storici più importanti del XIX secolo. “Mio papà mi chiamava Garibaldi perché giocavo ad andare via di casa portandomi dietro bambole e peluche, come in una spedizione”, spiega. Oggi, per lei, l’eroe dei due mondi sarebbe “un attivista senza slogan, che sta accanto ai più deboli. Si troverebbe in Palestina e sarebbe un femminista”. Dopo l’EP “Quanti me ne dai”, Mille pubblica adesso il suo primo album “Risorgimento”, che intreccia influenze della musica del passato con un suono più moderno e visioni elettroniche.
Come mai hai scelto questo titolo per il disco?
Risorgimento è una parola a me cara, anche per il suo significato etimologico: ritornare alla sorgente, alla vita, riconquistarsi. Esprime quel momento in cui qualcosa cambia e si trasforma. Come la storia, anche la vita delle persone è fatta di cicli. Cambiare è una scelta. Nel periodo in cui ho scritto il disco, mi sono data la possibilità di evolvermi. Ho rivoluzionato la mia vita dal punto di vista sentimentale e lavorativo e ho pure cambiato casa. È un titolo che mi rappresenta.
“Un maledettissimo posto migliore”, uno dei singoli che ha anticipato l’album, è una critica alla realtà in cui viviamo. Come ti immagini il tuo posto migliore?
In questo momento il mio maledettissimo posto migliore è casa mia, lì ho girato anche il videoclip del brano. Nel palazzo dove abito, a Milano, ho trovato la famiglia che ho sempre sognato, siamo tutti amici. Ho scelto di non vivere le contraddizioni della città, ma solo la sua bellezza e quella delle persone. Il mondo è pieno di gente da cui bisogna avere il coraggio di stare lontani, anche se potrebbero essere buoni contatti. Credo che scegliere con chi trascorrere il proprio tempo sia un atto di coraggio. E da quando faccio psicoterapia me lo sono concesso.
In cosa ti ha aiutato la psicoterapia?
Ho capito che non si può piacere a tutti ed, effettivamente, che neanche a me piace chiunque. Mi trovo bene in compagnia, però ci sono delle persone che non mi vanno a genio. Prima lo vivevo come un problema. Fare pace con questo mi ha fatto far pace con il mondo.
Ne “Gli amanti” canti “Addio addio, città di croci e slogan bio”. L’ addio è a Milano e le croci sono le sue contraddizioni?
Saluto gli aspetti negativi di Roma e Milano, che sono i due posti in cui ho vissuto. L’addio è metaforico perché non ho lasciato la città, ma voglio distanziarmi dagli slogan. Ho imparato a non gridare, a non arrabbiarmi anche quando verrebbe spontaneo farlo. Avere il consenso di chi la pensa nel tuo stesso modo è facile, diverso è riuscire ad avvicinare al proprio pensiero chi crede diversamente. Con la musica cerco di lanciare un messaggio senza sbandierarlo, essendo me stessa.
In “Video Hard” parli di “una generazione di fenomeni paranormali”. Cosa intendi dire?
È un’espressione edulcorata per indicare le persone da cui stare lontani. Sono tutti coloro che per cui la libertà di parola sfocia in quella di offendere. Penso che i social e i contesti in cui si discute non siano mai dei lasciapassare per insultare gli altri. C’è chi si sente legittimato a offendere i personaggi pubblici per il loro ruolo. Io credo che non si debbano mai oltrepassare certi limiti, il rispetto arriva fin dove non mi rompi il ca**o. Ormai sono tutti fenomeni a parlare. Io invece sono molto discreta e interagisco poco sui social.
Come usi quindi i social?
Li utilizzo per connettermi con il mondo e per interagire con le persone che conosco. Le offese sul web sono tutte reali, ma i rapporti secondo me non si costruiscono in rete. Quando mi sento dire “lei è una mia amica” e io non so neanche il cognome, ma solo il nickname di Instagram, è una str*nzata.
“Una lama” parla di saper affrontare ferite e sofferenze. Tu che rapporto hai con il dolore?
Dal punto di vista relazionale, scappo a gambe levate dagli str*nzi. Non sono d’accordo con chi dice “quella persona mi piace perché è un po’ dannata, mi fa un po’ soffrire” . Odio il dolore, ma quando si presenta lo accolgo. Credo che la negazione delle proprie emozioni non faccia bene. Se c’è da soffrire, soffro. Affronterò quel momento o quella situazione difficile e passerà.
“Tour Eiffel” con Rachele Bastreghi dei Baustelle è invece l’unica collaborazione dell’album. Com’è nata?
Ho conosciuto Rachele a un festival. Quando ci ho parlato la prima volta sono stata molto timida perché sono una fan devota dei Baustelle da sempre. Avevo scritto di getto questa canzone e parlando con Unbertoprimo, che è il produttore, autore e batterista con cui suono, mi sono immaginata Rachele su questa canzone. Lui mi ha suggerito di chiamarla. Avevo un po’ più di confidenza, ma non immaginavo avremmo potuto registrare un brano insieme. Invece poi è passata in studio, ha accettato e ha cantato la sua parte divinamente. Per me è stata la realizzazione di un sogno.
Nel look sei vintage e nei giri melodici dei brani c’è un po’ della musica del passato. Chi sono i tuoi punti di riferimento artistici?
Essendo nata nel 1984, sono cresciuta con i grandi cantautori e le grandi cantautrici e cantanti dell’epoca. Il canto me l’hanno insegnato Nada, Patty Pravo, Caterina Caselli, Mina, Milva. Anche per quanto riguarda la scrittura, ho sempre ascoltato Venditti, Dalla, Graziani, Battiato. Tutti i loro insegnamenti mi sono rimasti dentro senza che me ne accorgessi. Quindi mi sono ritrovata con alcune modalità e approcci alla musica che sono presenti in quello che scrivo. Per quanto riguarda gli arrangiamenti, invece, da piccola ascoltavo anche le band come Radiohead, Muse e Skunk Anansie. Ho sempre suonato con altre persone e vissuto la musica nella dimensione del gruppo. E penso che, a differenza del mio primo EP, che ho registrato in pandemia in digitale, si senta che “Risorgimento” è un disco suonato.
L'articolo “Il mondo è pieno di gente da evitare. Scappo a gambe levate dagli str*nzi. La psicoterapia? Ho capito che non si può piacere a tutti”: il “risorgimento” di Mille proviene da Il Fatto Quotidiano.