Il Giro d'Italia uomini si ispiri al Giro donne
- Postato il 18 gennaio 2025
- Di Il Foglio
- 1 Visualizzazioni
Il Giro d'Italia uomini si ispiri al Giro donne
Finalmente appassionati e, soprattutto, corridori hanno scoperto come sarà il loro maggio. Perché, si sa, maggio è rosa Giro e tocca organizzarsi per tempo per farsi trovare nel posto giusto per vedere passare i ciclisti lottare per la maglia rosa.
S’è fatto attendere il Giro d’Italia 2025. Doveva essere presentato il 12 novembre, poi tutto è saltato per motivi tecnici, hanno detto gli organizzatori. Da quello che Il Foglio sportivo è riuscito a ricostruire di problemi tecnici non ce ne sono stati. Un litigio tra città in Albania per l’organizzazione delle prime tre tappe e un ritardo nel via libera ai finanziamenti per ospitare la grande partenza del Giro invece sì (tanto che un piano B era stato preparato e solo l’intervento in prima persona del primo ministro Edi Rama, con lo zampino di alcuni politici italiani, ha evitato che venisse messo in pratica). Tutto risolto: il Giro d’Italia 2025 partirà dall’Albania, da Tirana, e il percorso è stato presentato lunedì assieme al Giro d’Italia Women (partenza da Bergamo il 7 luglio e finale all’autodromo di Imola il 13), da quest’anno anch’esso organizzato da RCS Sport come quello maschile.
E forse è stato un errore presentarli assieme. Non perché uno fosse più importante dell’altro o per le due ore di diretta non sempre appassionanti. Semplicemente perché è apparsa evidente la differenza tra i due: la freschezza del Giro d’Italia femminile e la paludata immobilità della corsa rosa maschile.
La 108esima edizione del Giro d’Italia, che partirà da Tirana il 9 maggio e terminerà a Roma il primo giugno, è stata ben tracciata, ha tappe molto interessanti, un buon alternarsi, almeno nelle prime due settimane di frazioni dure e frazioni facile. Offre inoltre due tapponi da mal di gambe e qualche tappa che potrebbe solleticare la fantasia dei più forti, tipo quella che parte da Viareggio e arriva a Castelnovo ne’ Monti (11esima tappa, 21 maggio) o quella che unisce Fiume Veneto ad Asiago (15esima tappa, 25 maggio).
Nulla da dire quindi sul percorso. Il problema è che, anno dopo anno, il Giro è sempre la stessa cosa, cambia ogni anno per non cambiare. Lo stesso canovaccio offerto a corridori e spettatori. C’è chi lo chiama stile. Confonderlo con una difesa assoluta dello status quo è però un attimo.
L’anno scorso è andata bene al Giro e al ciclismo, ma in gruppo c’era Tadej Pogacar e Julian Alaphilippe ci ha messo molto del suo per movimentare quelle tappe che il campione sloveno aveva giudicato non adatte per una sua esplorazione solitaria dell’Italia.
Quest’anno al Giro Pogacar invece non ci sarà. Come non ci sarà né Jonas Vingegaard né Remco Evenepoel. E Primoz Roglic non è tipo da follie. Fortuna per la corsa rosa che Wout van Aert ha annunciato che sarà al via e, come sempre accade quando è in corsa, ci terrà compagnia.
Dicono che contro il Tour de France non ci si possa fare niente, che è una battaglia persa, perché più prestigioso e più ricco. Dicono che è un peccato perché le nostre montagne non ce le ha nessuno. Dicono tante cose. E qualcuna ha pure senso. Non si riflette mai però sul fatto che il Giro abbia sempre fatto poco per essere una corsa diversa, una corsa capace di sussurrare alle orecchie degli avventurieri. Che potrebbe rivoluzionarsi, fregarsene di rivaleggiare con il Tour e modificarsi a tal punto da diventare una corsa talmente unica da doverla per forza correre e provarla a vincere.
Nessuno ha pensato che questa possa essere una ipotesi da prendere in considerazione. Il Giro tiene come ogni anno salite e salite per l’ultima settimana, come se il ciclismo fosse soltanto una sommatoria di metri di dislivello.
Ci vorrebbero meno salite al Giro d’Italia. Ci vorrebbero più tappe come quella di Castelnovo ne’ Monti e Asiago, dove è possibile immaginare, farci immaginare qualcosa di diverso. Non una sfida al Tour de France, non c’è bisogno di sfide, ma qualcosa di unico per il quale vale la pena correre.
Ci vorrebbe un Giro d’Italia donne per uomini di tre settimane. Perché il Giro d’Italia Women è tutto quello che il Giro d’Italia uomini non è. È duro, ma umano, è complicato da leggere e quindi da correre, è aperto a tante, non solo a corridore da salita e cronometro. È soprattutto un continuo rischio di imboscate su strade che un tempo furono teatro di birbanti e banditi. La direttora del Giro donne, o project manager che dir si voglia, Giusy Virelli, ha fatto un gran lavoro, è riuscita a creare qualcosa di interessantissimo, qualcosa che si spera possa ispirare anche il Giro maschile.
Continua a leggere...