Il fragile cessate il fuoco a Gaza e la nuova stretta israeliana sui prigionieri
- Postato il 29 ottobre 2025
- Di Panorama
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Dalle 10 di questa mattina, ora locale (le 9 in Italia), la tregua nella Striscia di Gaza è tornata formalmente in vigore. Fonti militari israeliane hanno confermato al Times of Israel che il cessate il fuoco è stato ristabilito dopo una notte di bombardamenti intensi sull’enclave palestinese, condotti in risposta – secondo l’esercito – alle «ripetute violazioni» da parte di Hamas. Tra queste, l’uccisione di alcuni soldati israeliani a Rafah e il mancato rimpatrio dei corpi dei tredici ostaggi ancora nelle mani del movimento islamista.
Martedì sera, a seguito dell’attacco di Hamas avvenuto in mattinata, le Forze di Difesa Israeliane (IDF), in coordinamento con l’Agenzia di Sicurezza Interna (ISA), hanno eseguito operazioni mirate contro decine di obiettivi del gruppo nella Striscia. Secondo una nota militare, i raid hanno colpito «postazioni di osservazione, depositi di armi, basi di lancio, gallerie sotterranee e postazioni di mortai». L’intelligence israeliana ha inoltre indicato di aver preso di mira diversi comandanti di alto e medio rango, tra cui tre a livello di battaglione e due vicecomandanti, oltre a sedici capi di compagnia.
Nelle ultime ventiquattr’ore, Israele sostiene di aver eliminato decine di miliziani appartenenti a varie organizzazioni attive a Gaza. Tra questi, spiccano i nomi di Muhammad Isa e Fawwaz ‘Uwayda, entrambi legati alle unità d’élite Nukhba di Hamas, accusati di aver partecipato all’attacco del 7 ottobre. Tra i bersagli figurano anche i membri del gruppo Mujahideen, Muhammad e Nidal Abu Shari’a, ritenuti coinvolti nelle incursioni oltre confine. In un’operazione definita «chirurgica», le IDF hanno poi annunciato l’eliminazione di Hatem Maher Mousa Qudra, comandante di una compagnia Nukhba nel settore nord di Khan Yunis, identificato come uno dei responsabili dell’assalto al kibbutz Ein Hashlosha durante il massacro di ottobre. Il portavoce militare ha ribadito che «le IDF e l’ISA continueranno a rispondere con fermezza e ad agire con decisione contro ogni minaccia alla sicurezza dello Stato di Israele». Tuttavia, da Washington è arrivato un messaggio di contenimento. Secondo quanto riportato da Ynet, gli Stati Uniti avrebbero autorizzato Israele a reagire agli attacchi di Hamas ma senza compromettere la tregua in vigore. «Gli Stati Uniti hanno chiesto che le violazioni di Hamas – i razzi lanciati da Rafah e la mancata restituzione dei tredici ostaggi deceduti, tra cui Amiram Cooper e Sahar Baruch – non conducano a un ritorno alla guerra», scrive il quotidiano israeliano, sottolineando che la Casa Bianca avrebbe dato il via libera soltanto a una «risposta limitata e proporzionata».
Nel frattempo, il ministro della Difesa Israel Katz ha firmato un’ordinanza straordinaria che vieta ai rappresentanti della Croce Rossa Internazionale di accedere alle carceri israeliane per visitare i detenuti classificati come terroristi. Il divieto, entrato immediatamente in vigore, riguarda anche i prigionieri riconosciuti come membri delle unità «Nukhba» o arrestati in base alla legge sulla detenzione dei combattenti illegali. La decisione, spiega il ministero, si fonda su una valutazione dello Shin Bet, l’Agenzia per la Sicurezza Israeliana, secondo cui le visite della Croce Rossa «potrebbero comportare danni concreti alla sicurezza nazionale». Katz ha chiarito in un comunicato che «le analisi ricevute non lasciano spazio a dubbi: consentire ai rappresentanti della Croce Rossa di incontrare i terroristi incarcerati metterebbe in pericolo lo Stato e i suoi cittadini. La sicurezza di Israele viene prima di tutto». L’ordinanza include un allegato classificato con l’elenco dei detenuti interessati e riguarda migliaia di persone distribuite in diversi istituti penitenziari del Paese.
Il provvedimento segna un ulteriore irrigidimento della posizione israeliana in materia di sicurezza interna, in un contesto già segnato da forti pressioni internazionali per la gestione dei detenuti palestinesi. Secondo osservatori locali, la misura di Katz rappresenta anche una risposta politica indiretta al mancato rilascio dei prigionieri israeliani da parte di Hamas, tema che resta centrale nel negoziato sul cessate il fuoco mediato da Egitto, Qatar e Stati Uniti.
Sul fronte nord, le IDF hanno inoltre comunicato di aver eliminato Hussein Ali Tohmeh, dirigente di Hezbollah e responsabile del supporto logistico nell’area di Qana, nel sud del Libano. L’operazione – risalente al 14 ottobre ma confermata solo ora – avrebbe neutralizzato uno dei principali coordinatori del trasferimento di armi destinate al rafforzamento delle capacità militari di Hezbollah. «Le attività di Tohmeh costituivano una violazione diretta degli accordi di sicurezza tra Israele e Libano», ha sottolineato l’esercito in un comunicato. L’eliminazione del dirigente libanese e la rinnovata ondata di raid su Gaza segnalano che, nonostante il cessate il fuoco formale, la tensione nell’area resta altissima. Dietro la fragile tregua, si consuma un equilibrio di potere instabile, con Israele deciso a mantenere la pressione su Hamas e Hezbollah, mentre Washington tenta di evitare un nuovo collasso del processo negoziale.