Il Fauno Danzante: arte, moda e danza alla Casa Museo Zani. La mostra con i costumi di Fracci, Bolle e Picasso

  • Postato il 24 novembre 2025
  • Di Panorama
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Alla Casa Museo della Fondazione Paolo e Carolina Zani di Cellatica (Brescia) prende vita, dal 12 settembre al 30 novembre 2025, la mostra Il Fauno Danzante. Arte, Moda, Danza. Un percorso espositivo che unisce scultura antica, porcellana settecentesca, haute couture e costumi di scena indossati da miti del balletto come Carla Fracci, Roberto Bolle, Rudolf Nureyev e Alessandra Ferri. Fulcro dell’allestimento è il prezioso Fauno danzante proveniente da Palazzo Madama di Torino, esposto rarissime volte negli ultimi 150 anni, attorno al quale si sviluppa una narrazione che intreccia la fortuna iconografica del Fauno, il dinamismo barocco e la sperimentazione teatrale del Novecento, da Léon Bakst a Pablo Picasso.

Con la curatela di Massimiliano Capella e Cristina Maritano, la mostra mette in dialogo capolavori della Manifattura Ginori, bronzi e calchi, costumi firmati da icone della moda e del teatro, esplorando la danza come linguaggio universale che attraversa i secoli e abbatte i confini disciplinari. In questa intervista, il curatore Massimiliano Capella racconta la visione, le sfide e il valore di un progetto che invita a superare la frammentazione delle arti e a riscoprirne la storica e vitale interconnessione.

Il Fauno Danzante: arte, moda e danza alla Casa Museo Zani. La mostra con i costumi di Fracci, Bolle e Picasso
Il Fauno Danzante: arte, moda e danza alla Casa Museo Zani. La mostra con i costumi di Fracci, Bolle e Picasso
Il Fauno Danzante: arte, moda e danza alla Casa Museo Zani. La mostra con i costumi di Fracci, Bolle e Picasso
Il Fauno Danzante: arte, moda e danza alla Casa Museo Zani. La mostra con i costumi di Fracci, Bolle e Picasso
Il Fauno Danzante: arte, moda e danza alla Casa Museo Zani. La mostra con i costumi di Fracci, Bolle e Picasso

Cosa vi ha ispirato a creare una mostra che unisce scultura, moda e danza attorno al tema del Fauno danzante?

Massimiliano Capella: La storia dei progetti espositivi della Casa Museo della Fondazione Zani incarna, sin dalla sua apertura al pubblico, la volontà di creare percorsi dal taglio trasversale e in grado di giustapporre la grande pittura, la scultura, l’archeologia, la moda, il teatro e la musica. In questo caso, l’occasione eccezionale di esporre il Fauno danzante proveniente da Palazzo Madama – prestato due sole volte negli ultimi 150 anni, ha reso naturale la connessione tra archeologia, arte barocca ed elementi del teatro e della danza.

In che modo il fil rouge della danza guida l’allestimento e la narrazione della mostra? 

MC: La danza è insita nella natura di tutte le opere selezionate, pertanto il dialogo avviene senza forzature perché insito nel DNA dei pezzi. Si parte dall’iconografia del Fauno, soggetto per antonomasia legato alla danza, per arrivare ai costumi di scena – tutti pezzi unici – che celebrano i grandi spettacoli e le icone mondiali della danza.

La mostra esplora il concetto di fortuna iconografica del Fauno: cosa rende questo soggetto così affascinante per secoli? 

MC: Emblema del movimento e del corpo, quella del Fauno è un’iconografia che ha raggiunto il suo apice tra Sei e Settecento, quando la cultura barocca – che attraverso il dinamismo e la torsione delle forme enfatizza la drammaticità e il senso di meraviglia – individua in esso uno dei modelli iconici. È un’opera della classicità, tuttavia già l’epoca ellenistica enfatizza il movimento e la drammaticità espressiva. Una fortuna che non ha conosciuto arresto fino al Novecento, anche grazie agli studi di Wilhelm Klein che per primo parlò legame la figura Fauno a quella della Ninfa: un raggruppamento oggi noto come Invito alla danza. Proprio da quel modello Sergej Djagilev trasse ispirazione per L’Après-midi d’un faune, di cui la mostra espone i costumi di Leon Bakst, costumista dei Balletti Russi di Djagilev, indossati da Carla Fracci e Gheorghe Iancu.

In che modo il Fauno danzante racconta la storia delle collezioni medicee e della Manifattura Ginori?

MC: Il grande Fauno in porcellana proveniente da Palazzo Madama fu realizzato su modello di un marmo romano del I secolo a.C. conservato nella Tribuna di Firenze (nucleo originario del Museo degli Uffizi), a sua volta replica di un esemplare ellenistico del II secolo a.C. La scultura – composta da più parti, modellate, cotte e invetriate separatamente, con le giunzioni mascherate da elementi come i bracciali o il serto di rami e foglie che cinge i fianchi – ci riporta alla Firenze di Cosimo III De’ Medici, quando si fece largo la questione della tutela delle opere nella Tribuna, continuamente maneggiate per trarne calchi. La Manifattura Ginori, fondata nel 1737 dal Marchese Carlo nella tenuta di Doccia di Sesto Fiorentino, iniziò a tradurre in porcellana bianca e in scala al vero le statue antiche delle collezioni medicee. Produsse inoltre esemplari in scala ridotta destinate ai viaggiatori del Grand Tour in voga tra gli esponenti della nobiltà e della borghesia dell’epoca. È il caso del Fauno che suona le catube del Museo Archivio Richard Ginori e oggi esposto in mostra.

Quali sono state le principali sfide nel mettere in dialogo opere antiche e costumi contemporanei di alta moda?

Sarebbe una sfida qualora il contesto fosse permeato da una visione miope dell’arte o delle arti. Il nostro punto di partenza è la consapevolezza di come nei secoli le arti abbiano sempre dialogato tra loro, per questo non si tratta di una sfida, bensì di riportare le arti al loro dialogo quotidiano.

Che ruolo ha avuto Pablo Picasso nel dialogo tra arte visiva e danza nella mostra?

All’interno della mostra ha un ruolo di chiusura del percorso, di acme espositivo. Il Costume del Cinese per Parade indossato da Denis Ganio dialoga infatti col paravento cinese Coromandel del XVII secolo, parte della Collezione Zani, in un’unione di antico e contemporaneo. In generale, invece, ha certamente ruolo centrale. Picasso, come Bakst o Coco Chanel (e grazie a Djagilev che li coinvolse) è una figura che si avvicina al mondo del teatro e della danza per scardinarne la visione romantica traghettare la disciplina verso una dimensione fluida e contemporanea.

Come la collezione permanente di porcellane europee dialoga con il tema della mostra?

In modo serrato. La mostra è stata infatti l’occasione per avviare uno studio del corpus di cinquanta porcellane europee della Collezione Zani e darne alle stampe il catalogo ragionato. Gli esemplari, quasi tutti settecenteschi, provengono dalle manifatture di Meissen, Vincennes-Sèvres, Doccia, Real Fabbrica Ferdinandea di Napoli e da fabbriche parigine.

Come la fusione di scultura, moda e danza può cambiare la percezione della storia dell’arte?

Occorre superare la visione da manuale novecentesco che suddivide le arti in compartimenti stagni. Pensiamo ai grandi della storia, come Bernini – che fu scultore, costumista, scenografo, architetto – a Rosalba Carriera, o Leonardo da Vinci – pittore, scienziato, progettista – fino a Pisanello, che ai dipinti affiancò l’ideazione di accessori di moda. Un pittore non era mai solo pittore: era decoratore, cantore, scenografo, architetto. Occorre tornare a pensare all’interscambio di competenze e a talenti multipli.

Autore
Panorama

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