Il fascismo ha fatto cose buone? 80 anni dopo cerchiamo una risposta, con Floris e Augias
- Postato il 5 ottobre 2025
- Agenzie
- Di Blitz
- 1 Visualizzazioni

L’altra sera ho sentito il conduttore televisivo Giovanni Floris, chiedere a Corrado Augias: “Il fascismo ha fatto qualcosa di buono”?
Formulo meglio la domanda: “Le politiche economiche e sociali del fascismo hanno danneggiato il Paese oppure l’hanno migliorato”?
È stata “cosa buona” avere costituito, durante il Ventennio, l’Iri, l’Italsider, l’Agip, la Snam e l’Anic?
Ha giovato al popolo italiano, sempre nel Ventennio, dare vita all’I.N.A.I.L., all’I.N.P.S., all’INAM, all’edilizia popolare, alla riduzione della settimana lavorativa a 40 ore?
Non sono domande retoriche, perché i “liberisti” avrebbero voluto “lasciar fare” al mercato anziché creare carrozzoni di “regime”. Va bene, ma se la presenza dello Stato in economia era cosa riprovevole, perché ci sono voluti sessant’anni anni dalla fine del fascismo per liquidare l’Iri e perché l’Eni è tuttora controllata dallo Stato?
Cominciamo con l’Iri, le cui aziende sono state prese in carico nel 2002 da “capitani coraggiosi”, capaci, loro soli, di ricavarne “valore” e dividendi. Le file interminabili dei rappresentanti di fabbrica sotto il Ministero dell’Industria e dello sviluppo economico, provano i misfatti di quella “razza padrona” che ha preteso di guidare il paese.
Il fascismo fondò l’IRI

L’IRI nasce nel 1933 per evitare il crollo dell’economia a seguito del fallimento delle principali banche, come la Comit, il Credito Italiano e il Banco di Roma.
L’Italsider fu salvata nel 1934 grazie al passaggio in Iri e poi in Finsider; venne ceduta nel 1989 a un imprenditore privato che non riuscì a tenerla in piedi.
Ai nostri giorni, l’Ilva sembra destinata allo spezzatino e i sindacati invocano compatti l’intervento dello Stato.
L’Eni è il frutto della ribellione di un vero padre della patria, Enrico Mattei, che si rifiutò di liquidare le aziende petrolchimiche ereditate dal fascismo.
Si è affermato che Mattei avrebbe pagato i partiti italiani e i cacicchi africani che rilasciavano le concessioni. Se fosse vero, si tratterebbe delle tangenti più utili all’economia italiana dai tempi di Cavour. Gabriele Cagliari si suicido in carcere perché non “poteva non conoscere” quelle dazioni propiziatorie. Come risultò al di là di ogni dubbio, Mattei e Cagliari non avevano mai tenuto una lira per sé.
Togliatti la pensava come Mussolini in economia
L’altro “cattivone” favorevole alle aziende pubbliche è stato Togliatti, di cui riporto un intervento in sede di Assemblea Costituente: “Vano sarà l’aver scritto nella nostra Carta il diritto di tutti i cittadini al lavoro, se poi la vita economica continuerà a essere retta secondo i principi del liberalismo, sulla base dei quali nessuno dei diritti dei lavoratori mai potrà essere garantito”.
Quel padre della Costituzione italiana che disprezzava il “laissez faire”, era forse l’erede occulto di Mussolini?
Mi sembra ragionevole concludere che il fascismo ha fatto qualcosa di buono per far crescere l’industria nazionale e per avere creato le basi dello Stato sociale.
Sia chiaro che il giudizio sul ventennio deve essere negativo perché il dittatore aveva scelto le alleanze sbagliate, per la persecuzione degli oppositori al regime, per la politica colonialista, per le leggi razziali e per i giovani con le scarpe di cartone mandati a morire in Africa e in Russia.
Posso per questo capire Piazzale Loreto, ma mi disturba il fatto che gli “esecutori” siano diventati eroi della Resistenza.
Gli storici dovrebbero chiedersi perché molti russi ricordino ancora, con nostalgia, il loro “piccolo padre” Stalin che, in fatto di negazione dei diritti civili, omicidi politici e condanne al confino, non è mai stato secondo a nessuno.
E perché Putin continui a far morire sul fronte così tanti soldati solamente per conquistare pezzi di territorio ucraino dove si parla la lingua russa.
Ed eccoci al partito unico dei fasci e alla fine del suffragio universale.
Putin afferma che nelle democrazie occidentali vincono i gruppi politici che ottengono i più elevati finanziamenti e il successo di Trump lo starebbe a dimostrare.
Afferma inoltre che il corpo elettorale può essere facilmente manipolato e premia i candidati che realizzano interessi di categoria, interessi cioè di tipo corporativo. Lo stesso ci dice il capo del partito unico cinese che ricorda il giorno del “Tiananmen massacre” come pietra miliare di quella “democrazia socialista”.
“Mani pulite” è stata la più grande rivoluzione “etica” del secolo scorso che ha “stroncato” i partiti antifascisi che avevano concesso l’autonomia della Magistratura.
I partiti che avevano combattuto in prima fila per le libertà democratiche hanno dovuto cambiare i loro simboli. Ne sono venute fuori aggregazioni spurie di “ex” (ex cattolici di sinistra e di centro, ex comunisti, ex repubblicani) e di “nuovi” bossiani e finto-liberali, che, come tutti sanno, erano meritevoli di grande rispetto.
Peccato che i finanziamenti illeciti siano continuati durante la seconda Repubblica. Peccato che il fenomeno riguardi tutte le democrazie del mondo, a partire dalla Francia, dove Sarkozy è stato condannnato a cinque anni di reclusione per avere preso soldi da Gheddafi.
Sarkozy denuncia la politicizzazione della Magistratura che ha chiuso un occhio sui finanziamenti russi a Marine Le Pen.
Che il diritto di voto abbia prodotto democrazie forti, capaci di contrapporsi alle autarchie come modello virtuoso, non mi sembra un teorema dimostrato con rigore scientifico.
È dunque arrivato il momento di chiedersi: le istituzioni democratiche post fasciste hanno fatto qualcosa di buono?
Quando era di moda chiudere le aziende non competitive o trasferirle all’estero, le correnti etiche applaudivano perché si dovevano rispettare le leggi europee “uguali per tutti”. All’improvviso l’Italia ha scoperto di essersi impoverita per avere seguito alla lettera le norme dettate dalle burocrazie sovranazionali.
Ogni paese interpretava quelle norme a modo proprio: la Francia non chiudeva le aziende pubbliche e pagava tangenti di Stato per assicurarsi le commesse internazionali, il fondo segreto della Corona inglese ci portava via le commesse in India. La stessa Francia continuava ad investire nell’acciaio e nelle centrali nucleari mentre noi chiudevamo i siti produttivi.
Trump afferma che la crisi economica americana dipende dalla politica liberista dei governi democratici e cerca di rimediare con i dazi, cioè con il protezionismo.
Il primo valore del mercato è la tutela della concorrenza che deve restare lontana dalla politica, mentre il fascismo privilegiava le imprese di regime.
Si pensi peraltro alle cooperative rosse che assumevano appalti pubblici a prezzi vantaggiosi grazie alla vicinanza con il PCI e che, in cambio, mettevano a libro paga i funzionari di partito. Falsi in bilancio e “finanziamenti irregolari” mai presi in considerazione quando venne sollevata la “questione morale”.
La “pecca” più grave del fascismo è stata l’abolizione della libertà sindacale. “Spetta allo Stato, per mezzo delle corporazioni, definire quale sia la giusta mercede invece di affidarsi al vecchio meccanismo della domanda e dell’offerta” si affermava negli Anni Venti del secolo scorso.
La sinistra partito-sindacale di oggi, lotta compatta per il “salario minimo” che deve essere stabilito dalla mano pubblica invece che dalla fame di uomini e donne in lotta per conquistarsi un posto di lavoro dignitoso.
Ai nostri giorni, la Commissione di Garanzia considera illegittimi gli scioperi senza preavviso a sostegno di Gaza: i sindacati e le piazze possono interferire nella politica estera dei governi?
È comunque un fatto che gli scioperi riguardano solo i servizi essenziali e le aziende pubbliche, perché i dipendenti del settore privato non hanno difese rispetto ai licenziamenti via fax.
La barzelletta: “mercoledi trippa, giovedi lasagne, venerdi sciopero” mi è stata raccontata da un olandese.
Per quale motivo i sindacati hanno perso potere contrattuale?
La risposta è semplice: perché è venuta meno la tutela giudiziaria della “corporazione togata” che aveva imperato nei precenti cinquant’anni.
Da vecchio socialista resto perplesso nel constatare che quando parlano gli intelletuali del campo largo, la destra conquista un mucchio di voti. E ciò non è cosa buona.
Mi domando ad esempio se gli accadimenti sulla rotta della Flotilla abbiano fatto guadagnare più consenso alla Schein o alla Meloni.
Anche io mi sarei imbarcato se avessi potuto ed avrei combattuto a mani nude contro i mitra dei soldati israeliani. Ma non avrei considerato dovere del governo italiano garantire la mia incolumità.
L’Accordo elaborato da Trump prevede il perdono dei terroristi di Hamas. Anche nei cortei Pro Pal, circola l’idea che Hamas sia l’unico interlocutore legittimo di Trump e di Israele. Tuttavia, se questo principio è valido, non ha senso prendersela con il governo Meloni che ha “rilasciato” Almasri.
Io credo che i palestinesi siano stati lasciati soli perché è in corso l’ultima battaglia contro il terrorismo che infetta tutti i paesi da molti decenni. La stessa Cina aderisce alla proposta di Trump perché il mercato globale rischia di saltare.
Le democrazie europee si pongono invece un problema giuridico: come la mettiamo con la Corte penale internazionale che ha emesso mandati di cattura per i leader di Hamas?
L’Europa è a un bivio: o rifiuta di riconoscere l’immunità ai terroristi e li arresta se arrivano nel proprio territorio, oppure deve sciogliere la Corte penale.
Insomma l’accordo di Trump per la Palestina, che ha avuto l‘o.k. dell’Onu e l’astensione del PD, costituisce un affronto all’Europa dei diritti, relativizza il processo di Norimbega e mette all’angolo i partiti e i movimenti politici che hanno fatto della “giustizia universale” la loro bandiera.
I sistemi legislativi europei non hanno ancora elaborato una tecnica adatta alla vita, ai bisogni e allo spirito dei nostri tempi. Ed è proprio questo che sta evocando gli spettri dei vecchi regimi autoritari.
Minacciata dalle autarchie orientali, esaperata dalla possibile rinascita del fascismo, l’Europa “disarmata” attende tuttora il suo rinnovamento istituzionale.
L'articolo Il fascismo ha fatto cose buone? 80 anni dopo cerchiamo una risposta, con Floris e Augias proviene da Blitz quotidiano.