Il Doge di Trump è la giusta via per la crescita. La versione di Cottarelli
- Postato il 13 novembre 2024
- Economia
- Di Formiche
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“Spendere in modo efficiente i soldi che ci sono, non è forse questa una via per la crescita?”. Carlo Cottarelli, l’economista che a cavallo del 2013 e del 2014 fu chiamato dai governi Letta e Renzi a mettere mano all’immensa spesa pubblica, raggiunto da Formiche.net dà la cifra dell’operazione annunciata nella notte americana da Trump. Si tratta del Doge, acronimo del Department of government efficiency. Doge, come Dogecoin, la criptovaluta decentralizzata per pagamenti istantanei lanciata nel 2013 dal fondatore di Tesla e Space X, come alternativa al più celebre Bitcoin. E proprio ad Elon Musk il Presidente eletto ha deciso di affidare la guida del Dipartimento, in tandem con Vivek Ramaswamy, ex candidato repubblicano alle presidenziali Usa e co-fondatore di Strive Asset Management.
La nuova unità avrà l’obiettivo di ristrutturare le agenzie federali e ridurre la spesa pubblica, avendo come punto di caduta lo smantellamento della burocrazia, sulla riduzione delle normative e sul taglio delle spese inutili. Il dipartimento dovrà completare il suo lavoro entro il 4 luglio 2026, in coincidenza con il 250° anniversario dell’indipendenza dell’America. In sintesi, il Doge è stato concepito Trump per gettare le basi di una nuova rivoluzione, che dovrebbe cambiare, nelle sue intenzioni, lo stesso Dna del governo federale, zavorrato da una mole eccessiva di regole e burocrazia.
“Rispetto al bilancio federale, la spesa pubblica americana è dell’ordine del 38%, in Italia siamo su per giù al 50%, un po’ meno se si scomputa la spesa per gli interessi sul debito. La difficoltà negli Stati Uniti, in termini di taglio della spesa, è che c’è una quota minore di quest’ultima sul Pil. Dunque si riduce lo spazio di manovra, senza considerare che Trump ha detto di voler aumentare la spesa militare e mantenere il welfare state”, spiega Cottarelli.
“Musk, in un’intervista recente, ha detto di voler tagliare 2 trilioni, ovvero 2 mila miliardi, di spesa. Ora, se intendeva 2 trilioni all’anno, parliamo di un taglio di spesa del 30%, il che mi pare francamente difficile, se non impossibile. Detto questo, non mi pare una scelta politica sbagliata, efficientare la spesa è sempre una cosa giusta. La spending review, in tanti Paesi, non è solo una forbice per tagliare, ma anche uno strumento per darsi delle priorità, per crescere, perché la composizione della spesa la fai proprio con la spending review. Voglio dire, si tratta di spendere in modo efficiente i soldi che ci sono, non è forse questa una via per la crescita?”
A questo punto la domanda è se si sia dinnanzi a una specie di rivincita morale della spending review, che spesso in Italia è stata molto criticata, nonostante in coincidenza di ogni manovra se ne parli. “Se penso all’Italia, poche settimane prima della finanziaria si parla sempre di tagli. Ma lineari e non è quello il modo corretto. Il quale, invece, poggia su riforme che ti permettono di risparmiare e garantire la qualità dei servizi pubblici. E alla fine, se non si fa così ma si ricorre ai tagli lineari, la spesa per paradosso aumenta: se riduco la manutenzione di un servizio, alla fine quello stesso servizio mi costa di più. Senza riforme strutturali, rischi di intaccare i servizi ai cittadini”.
Poi c’è il futuro dell’Europa e del suo mercato unico (400 milioni di individui), dinnanzi alla seconda ventata protezionista americana e alla costante minaccia cinese. Il Vecchio continente, per sopravvivere, dovrà investire, dunque spendere. E allora, con il ritorno del Patto di stabilità, non si rischia un corto circuito? “Il corto circuito potrebbe essere risolto tranquillamente con un bilancio comunitario, centralizzato: facendo cose insieme si risparmia. E la Difesa lo dimostra, se avessimo un esercito comune, con iniziative di spesa comune, saremmo più efficienti e meglio organizzati. Ma questo vuol dire muoversi insieme, se proprio non ci si vuole indebitare insieme, almeno spendiamo insieme. Ma se continuiamo ad avare 16 carri armati diversi, contro un carro armato unico, che è quello americano, non andiamo da nessuna parte”, conclude Cottarelli.