Il dialetto protagonista della cultura italiana
- Postato il 17 gennaio 2025
- Di Panorama
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Il dialetto protagonista della cultura italiana
Il dialetto rappresenta un pilastro fondamentale della cultura italiana, un ponte tra passato e presente che racconta le radici profonde di ogni comunità. Il 17 gennaio, l'Italia celebra la Giornata Nazionale del Dialetto e delle Lingue Locali, un'occasione per riscoprire e valorizzare questa ricchezza linguistica. Promossa dall'Unione Nazionale delle Pro Loco d'Italia (UNPLI) sin dal 2013, questa giornata sottolinea l'importanza di preservare e tramandare il nostro variegato patrimonio linguistico.
Questa iniziativa è strettamente legata al riconoscimento del patrimonio culturale immateriale, sancito anche dall'UNESCO. L'Italia, con le sue 31 lingue riconosciute tra italiano e dialetti, si presenta come un vero e proprio tesoro di diversità linguistiche. Tra i più diffusi troviamo il veneto, il napoletano, il siciliano, il lombardo, il piemontese e il sardo, solo per citarne alcuni. Non bisogna dimenticare poi le lingue minoritarie, come il tedesco in Alto Adige e il francese in Valle d'Aosta.
Secondo un'indagine ISTAT, solo il 45% della popolazione italiana parla esclusivamente italiano, mentre il 32,2% alterna italiano e dialetto, e il 14% si esprime prevalentemente in dialetto. Questo dato rivela quanto le lingue locali siano ancora vive e radicate, soprattutto tra gli anziani, ma con segnali di ritorno anche tra i giovani. In alcune regioni del Sud Italia, come la Sicilia o la Calabria, il dialetto è un elemento quotidiano, parlato anche dalle nuove generazioni. Nel Nord Italia, invece, il dialetto è maggiormente diffuso tra le fasce più anziane, che lo utilizzano per mantenere un legame con le tradizioni.
Le varietà linguistiche regionali non si limitano al lessico, ma si estendono anche alla pronuncia e alla sintassi, offrendo una ricchezza espressiva unica. Alcuni dialetti, come il veneto o il napoletano, sono talmente distintivi da essere considerati veri e propri sistemi linguistici con una grammatica propria.
Negli ultimi anni, il dialetto ha trovato nuove strade per affermarsi, conquistando spazi in ambiti inaspettati come le serie TV, i social media e persino la tecnologia. Un esempio significativo è rappresentato dal numero 3.608 di Topolino, che per celebrare questa giornata speciale è stato pubblicato in cinque varianti: una in italiano e quattro in dialetti regionali (milanese, napoletano, fiorentino e catanese). L'iniziativa ha riscosso un successo immediato: le copie in dialetto sono già diventate oggetti da collezione, con prezzi lievitati su piattaforme come eBay. La storia Zio Paperone e il PdP 6000, scritta da Niccolò Testi per i disegni di Alessandro Perina, tradotta rispettivamente in catanese, fiorentino, milanese e napoletano. Al progetto è dedicata anche un’imperdibile cover realizzata da Andrea Freccero, con protagonista lo Zione e la bandiera tricolore. Le copie con la storia in dialetto saranno distribuite unicamente nelle edicole della zona regionale di competenza linguistica, mentre nelle altre regioni verrà distribuita la versione in italiano. Sarà però possibile trovare tutte le versioni in fumetteria, su Panini.it, e tramite il proprio edicolante su Primaedicola.it (fino ad esaurimento scorte). Per declinare Zio Paperone e il PdP 6000 in catanese, fiorentino, milanese e napoletano, Panini si è avvalso della collaborazione di Riccardo Regis – Professore ordinario di Linguistica italiana dell’Università degli Studi di Torino, esperto di dialettologia italiana – che ha coordinato un team di linguisti. «Un'iniziativa molto interessante, anche perché è la prima volta che mi capita di svolgere attività di divulgazione rivolgendomi a un pubblico fatto anche di bambini. E Topolino è nel mio cuore, da sempre: e in tempi non sospetti avevo anche approfondito l'onomastica disneyana, mettendo in luce i meccanismi che ne sono alla base», commenta il Professore.
Anche la tecnologia ha deciso di abbracciare questa tradizione. Alexa, l'assistente vocale di Amazon, ha imparato a parlare in diversi dialetti italiani, dal calabrese al toscano, passando per il napoletano e l'abruzzese. Una piccola rivoluzione che porta un pizzico di tradizione linguistica nelle case, dimostrando come modernità e cultura possano convivere armoniosamente.
Un esempio straordinario di come il dialetto possa essere il cuore pulsante di un'esperienza culturale è offerto dai Legnanesi. Questa celebre compagnia teatrale, nata nel 1949 a Legnano, un piccolo comune lombardo, ha fatto del dialetto lombardo il suo marchio di fabbrica, portando in scena spettacoli che combinano ironia, tradizione e un forte senso di appartenenza. Fondata da un gruppo di amici appassionati di teatro, la compagnia inizialmente si esibiva in piccole sale e teatri locali, ma ben presto il loro stile unico e il legame con la cultura lombarda li ha resi famosi in tutta Italia. I Legnanesi sono diventati una vera e propria istituzione del teatro italiano, grazie alla loro capacità di raccontare storie di vita quotidiana, spesso esagerando con situazioni comiche, ma sempre mantenendo un legame profondo con la realtà e le tradizioni della Lombardia.
Attraverso le loro rappresentazioni, non solo intrattengono il pubblico, ma contribuiscono anche a mantenere viva una lingua locale che rischierebbe altrimenti di perdersi, donandole una nuova forma di vitalità e attualità. I loro spettacoli sono un riflesso di una società che si evolve, ma che conserva le proprie radici e identità. Ogni personaggio, con il suo dialetto caratteristico e le sue peculiarità, diventa una sorta di archetipico rappresentante di un mondo che, pur cambiando, resta ancorato a certe tradizioni. Così, il teatro dei Legnanesi non è solo divertimento, ma anche un atto di preservazione culturale, una testimonianza di come il dialetto possa diventare uno strumento potente per raccontare storie universali, rimanendo al contempo profondamente radicato nella cultura del territorio. Il loro impatto va oltre il semplice intrattenimento, diventando un patrimonio che le generazioni più giovani possono apprezzare e tramandare, mantenendo viva una lingua che ha molto da dire nel mondo contemporaneo.
Oggi celebriamo la Giornata del Dialetto. Quanto è importante per voi mantenere viva questa radice culturale italiana e trasmetterla alle nuove generazioni?
Per noi è fondamentale che non venga persa questa radice culturale che è il dialetto.
Le statistiche ci dicono che ormai solo il 14% degli Italiani si esprime in casa attraverso dialetti regionali. Va da sé che i giovani di oggi non lo sappiano parlare e neanche capire…ed è un dato triste perché il dialetto fa parte della nostra storia e per questo non andrebbe dimenticato.
Potete raccontarci brevemente la storia della vostra compagnia teatrale? Come è nata e quali sono i suoi valori fondanti?
La Compagnia nacque quasi per scherzo nel 1949 e già nelle prime rappresentazioni esistevano i personaggi Teresa, Mabilia e Giovanni che ancora oggi rappresentano il perno su cui ruotano tutte le storie di cortile che portiamo in scena. Nel 1949 era vietata la partecipazione in scena di attrici donne e quindi i fondatori della Compagnia, (tutti uomini) decisero di recitare “en travestì”. Peculiarità che ancora oggi conserviamo con grande rigore e ironia. Da sempre la Compagnia porta in scena spettacoli dove l’amore per la famiglia, il rispetto, l’umiltà, la trasparenza e l’onestà ne fanno da cardini principali.
Il nome di Felice Musazzi è indissolubilmente legato a I Legnanesi. Qual è l'eredità più importante che vi ha lasciato, e come avete mantenuto vivo il suo spirito per quasi cento anni?
L’eredità diFelice fu questo insegnamento: «Il rispetto sul luogo di lavoro è un investimento da prevedere, non un costo da evitare». Ci ha insegnato che il rispetto nella vita come nel lavoro va sempre dato e preteso. Abbiamo mantenuto per tutti questi anni lo spirito di Felice perché anche noi, come lui ai tempi, non siamo mai caduti nella comicità volgare o politica… che spesso sono la stessa cosa! Nelle nostre rappresentazioni siamo sempre rimasti puliti ed integri.
La comicità dei vostri spettacoli è intrisa di tradizione, ma riesce a rimanere sempre attuale. Qual è il segreto del vostro successo duraturo?
Cerchiamo di rimanere sempre “tradizionalmente moderni”! Da una decina di anni ci avvaliamo di Mitia Del Brocco, un’autrice che ha compreso benissimo questa nostra “dualità”. Vogliamo essere portavoce di tradizione e cultura lombarda rimanendo anche testimoni di attualità e modernità. I testi che Mitia ci sottopone ogni anno rispecchiano perfettamente la nostra identità.
Il dialetto lombardo è il cuore delle vostre rappresentazioni. Avete mai pensato di integrare altri dialetti italiani nei vostri spettacoli per avvicinarvi a un pubblico più ampio?
Spesso quando andiamo in zone al di fuori della Lombardia introduciamo qualche termine nel dialetto locale della città che ci ospita perché la riteniamo una carineria verso il pubblico. Sono solo però piccoli “omaggi” perché la nostra storia è quella di recitare nel nostro dialetto e ne rimaniamo orgogliosamente fieri.
Portate il vostro tour anche fuori dalla Lombardia. Come reagisce il pubblico di altre regioni al dialetto lombardo? Trovate difficoltà o è percepito con curiosità e interesse?
Noi parliamo nel nostro dialetto ma oggi è molto più comprensibile di una volta. Siamo andati in tutta Italia da Trento a Firenze passando per Gorizia e Roma, diventando ormai “di casa” a Modena, Mantova e Verona…è stato quindi necessario introdurre nel nostro recitato diverse parole in italiano per renderci comprensibili ovunque. Ed oggi è così: ci capiscono e si divertono ovunque!
Avete notato un cambiamento nel modo in cui il dialetto viene accolto e compreso dal pubblico rispetto al passato?
Abbiamo notato un cambiamento nel nostro modo di recitare, nel senso che come spiegavamo prima, oggi ci siamo adeguati noi a renderlo più comprensibile. I dialetti delle nostre regioni sono delle vere e proprie lingue, va da sé che quando si va in una “terra straniera” bisogna farsi capire in qualche modo… nelle date a Milano e dintorni invece parliamo il dialetto un pò più strettino…
Il vostro nuovo spettacolo è già in corso. Potete raccontarci qualcosa di più sulla scelta del tema del Giappone e su cosa rappresenta per voi?
La scelta di ambientare il nostro nuovo spettacolo in Giappone è stata sempre di Mitia Del Brocco perché ha visto in questa terra la stessa dualità che vede in noi: una terra ricca di tradizione e cultura ma allo stesso tempo moderna e all’avanguardia. Un po’ come noi, legati alla tradizione ma anche attuali e moderni a nostro modo.
Guardando al futuro, avete progetti o iniziative per avvicinare i più giovani al teatro dialettale?
Sì, ci piacerebbe realizzare una scuola di teatro dialettale. In Italia non ne esistono e chi meglio di noi potrebbe crearla?
Se doveste descrivere il valore culturale e sociale de I Legnanesi in una frase, quale sarebbe?
«Un popolo cal ga minga da memoria, al ga minga da storia».
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