Il declino «griffato» dei 5 Stelle

  • Postato il 30 ottobre 2025
  • Di Panorama
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Roberto D’Agostino ha pizzicato su Instagram la fotografia dell’eurodeputato Mario Furore, del Movimento 5 stelle, mentre era in gita a Parigi con tanto di borsa di Prada. Come un turista qualsiasi, l’onorevole – che sostiene di essere impegnato contro la marginalità al punto da avere come motto «nessuno deve rimanere indietro» – si è messo in posa per i selfie e poi ha pubblicato tutto sui social, salvo far sparire le immagini appena la notizia è comparsa su Dagospia. «Un tempo faceva il portaborse, ma non di Prada, e oggi invece, grazie al lauto stipendio da europarlamentare, sfoggia accessori da oltre 1.000 euro» è il lapidario commento comparso in calce agli scatti.

Anticasta o casta?

Certo, possedere una borsa firmata non è vietato, ma se si è intrapresa una carriera politica cavalcando le battaglie anti Casta, esibire i vantaggi dell’essere un esponente della Casta medesima non solo è contraddittorio, ma è anche la rappresentazione di chi, partito per aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, poi nella scatoletta si ritrova a sguazzare con un discreto piacere. La fotografia dell’onorevole Furore credo che meglio di qualsiasi altra rappresenti un percorso, e se volete anche il destino, dei 5 stelle, oggi alle prese con una conversione che li ha trasformati da esponenti di un movimento anti sistema in funzionari di partito del sistema. Una mutazione che si riflette anche nei risultati elettorali, in particolare alle Regionali. Nelle Marche, il Movimento ha portato a casa il 5 per cento, meno di quanto ottenne cinque anni prima. Tuttavia, è in Calabria che si è registrato il crollo. Infatti, se nella sfida tra Francesco Acquaroli e Matteo Ricci i pentastellati possono addebitare la sconfitta al candidato del Pd, nel confronto fra Roberto Occhiuto e Pasquale Tridico non c’è neppure questa attenuante. L’ex presidente dell’Inps schierato da Giuseppe Conte è il papà del Reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia che in passato consentì ai 5 stelle di conquistare molti collegi del Sud. 

Consenso in calo nelle regioni chiave

Eppure, neanche un candidato così fortemente connotato è riuscito a trascinare i consensi, al punto che il Movimento si è fermato al 6 per cento, mentre la lista del presidente ha raggiunto il 7,6. Numeri fiacchi, soprattutto considerando che il Mezzogiorno è da sempre il vero bacino elettorale dei grillini.

Segnali non confortanti arrivano pure dalla Toscana e dalla Campania, dove Roberto Fico non soltanto non scalda i cuori degli elettori del Pd (una quota del partito è schierata con il governatore uscente, Vincenzo De Luca), ma non registrerebbe grande entusiasmo neppure nel resto della coalizione di centrosinistra. Al punto che un vecchio democristiano alleato dei compagni come Clemente Mastella ha iniziato a dire che la Regione, storicamente progressista (negli ultimi 25 anni soltanto in una legislatura è stata guidata da un esponente di centrodestra), è contendibile. Con Fico candidato, la sconfitta di Edmondo Cirielli, viceministro per gli Affari esteri nel governo Meloni, non sarebbe insomma così scontata.

Crisi interna e addio ai fondatori

Ma il tramonto dei grillini non è accompagnato soltanto dai cattivi risultati elettorali e dalle cadute di stile di alcuni suoi esponenti. Ci sono anche le lotte intestine, come quelle in corso tra la vecchia guardia e il nuovo corso. Le dimissioni di Chiara Appendino dalla vicepresidenza del Movimento sono un esempio evidente che a guidare i 5 stelle è ormai un cerchio magico sempre più ridotto, di cui fanno parte solo i fedelissimi di Giuseppe Conte. Dei grillini che imparammo a conoscere 15 anni fa, quando all’improvviso si affacciarono sulla scena, mandando in fumo i sogni di gloria e di governo di Pier Luigi Bersani, non c’è più nessuno. Fuori lo stesso Grillo e pure Davide Casaleggio, figlio del cofondatore insieme al comico ligure. Ormai lontano Luigi Di Maio, ma anche Alessandro Di Battista. Praticamente scomparsi Roberta Lombardi e Vito Crimi, via Danilo Toninelli e Nicola Morra. In partenza persino Rocco Casalino, che per anni ha plasmato l’immagine dei pentastellati. Alla fine, dopo le elezioni regionali, quando si tireranno le somme, si capirà cosa resta dell’idea di movimento dal basso, senza leader, ma guidato da gente incompetente che dell’incompetenza aveva fatto un punto d’orgoglio. Forse solo qualche borsa di Prada e di Vuitton.

Autore
Panorama

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