Il costo strategico dei dazi su Nuova Delhi
- Postato il 7 agosto 2025
- Esteri
- Di Formiche
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Con una mossa attesa ma di forte impatto, il presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che impone nuovi dazi sulle importazioni dall’India. Nella giornata di mercoledì – mentre il suo inviato speciale Steven Witkoff era in viaggio di ritorno a Washigton dopo un colloquio con Vladimir Putin – Trump ha firmato l’ordine esecutivo imponendo un dazio del 25% per le importazioni provenienti dall’India. La misura – che si aggiunge al 25% già stabilito – entrerà in vigore tra 21 giorni, portando la tariffazione complessiva al 50%.
L’intervento fa parte di una strategia più ampia della Casa Bianca: colpire economicamente i Paesi che, intrattenendo relazioni energetiche dirette o indirette con la Russia, contribuiscono – secondo Washington – a sostenere il Cremlino nel conflitto in Ucraina. Al centro del dossier c’è il petrolio russo, che oggi rappresenta circa il 36% delle importazioni energetiche indiane. L’India, infatti, dipende per oltre l’80% dall’estero per l’approvvigionamento di greggio.
La reazione di Nuova Delhi non si è fatta attendere. Il portavoce del ministero degli Esteri, Randhir Jaiswal, ha definito l’imposizione delle nuove tariffe “ingiusta, ingiustificata e irragionevole”, ribadendo che l’India “adotterà tutte le misure necessarie per proteggere i propri interessi nazionali”. Sulla questione energetica, ha aggiunto: “Le nostre importazioni hanno un unico obiettivo: garantire la sicurezza energetica per 1,4 miliardi di cittadini”.
A difesa della posizione indiana è intervenuto anche il primo ministro Narendra Modi. “L’interesse dei nostri agricoltori è la priorità assoluta. Non faremo mai compromessi sulla tutela di agricoltori, pescatori e produttori di latte. Siamo consapevoli del costo che questo comporterà, ma l’India è pronta”, ha dichiarato durante un evento a Nuova Delhi sottolineando la presenza di alcuni settori critici che il Paese vuole tutelare.
Il deterioramento dei rapporti tra Usa e India arriva in un momento delicato. Nonostante un passato di collaborazione – inclusa la stagione della prima presidenza Trump nel 2016 – l’India ha rappresentato per gli Stati Uniti un partner-chiave, soprattutto in funzione del contenimento della Cina nella regione indo-pacifica. La nuova mossa di Washington rischia ora di complicare quel fragile equilibrio, spingendo l’India ad avvicinarsi ad altri partner.
Secondo alcune indiscrezioni, il primo ministro Modi potrebbe recarsi in Cina a fine mese, in occasione del vertice dell’Organizzazione multilaterale per la cooperazione di Shangai (Sco) previsto per il 31 agosto. Sarebbe la sua prima partecipazione in territorio cinese dal 2018, segnando un potenziale riavvicinamento tra Pechino e Nuova Delhi dopo anni di tensioni.
I rapporti tra le due potenze asiatiche si erano infatti incrinati a seguito del violento scontro militare lungo il confine himalayano nel 2020. Da allora, il dialogo si è mantenuto al minimo, salvo una timida ripresa avviata con l’incontro bilaterale tra Modi e Xi Jinping a margine del summit dei Brics in Russia lo scorso ottobre che ha portato a una distensione dei rapporti tra i due Paesi.
Ma i dazi non sono solo per l’India. “Miliardi di dollari in dazi stanno ora confluendo negli Stati Uniti d’America”, ha scritto Trump sul suo Truth social alla mezzanotte di giovedì 7 agosto, il giorno in cui le tariffe decise dall’amministrazione americana sono entrate in vigore per oltre 90 Paesi nell’ottica di riequilibrare gli scambi commerciali tra gli Usa e i suoi partner.
Tra i Paesi colpiti da dazi alti figura anche il Brasile, a cui è stato applicata una tariffa del 50%, superiore a quella imposta alla Cina. L’iniziativa americana si inserisce in un contesto delicato per il Paese, scosso dalle vicende giudiziarie dell’ex presidente Jair Bolsonaro, rinviato a giudizio per un presunto tentativo di colpo di Stato e attualmente agli arresti domiciliari. La Casa Bianca ha commentato la vicenda definendo le accuse “ingiustificate” e come di una “minaccia insolita e straordinaria” per gli interessi economici e di sicurezza nazionale degli Stati Uniti.
“Esigo rispetto, non è un modo civile di negoziare tra due capi di Stato. Abbiamo ricevuto l’annuncio delle tariffe in un modo totalmente autoritario e non è così che siamo abituati a negoziare”, ha detto il presidente Luiz Inacio Lula da Silva in un’intervista rilasciata a Reuters.
Oltre ad annunciare un ricorso presso l’Organizzazione mondiale del commercio, Brasilia sta valutando l’idea di discutere una risposta congiunta nell’ambito Brics. Secondo i media locali, è prevista per oggi una telefonata tra il presidente brasiliano Lula da Silva e il primo ministro indiano Modi per oggi per discutere un’eventuale linea comune da seguire. Una conversazione con il presidente cinese Xi Jinping potrebbe seguire a breve.
L’attivazione del canale Brics, tuttavia, rischia di inasprire ulteriormente i rapporti con Washington. Solo poche settimane fa, Trump aveva definito l’organizzazione “antiamericana”, minacciando una nuova ondata di dazi, fino al 10%, sui beni provenienti dai Paesi membri.