Il corpo delle donne come campo di battaglia. Intervista alla fotografa Cinzia Canneri

  • Postato il 19 aprile 2025
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Una cicatrice, immortalata in bianco e nero, attraversa il ventre di Yohanna. Ha 22 anni e riposa accanto a sua madre, dopo che le è stato rimosso il rene nell’ospedale di Addis Abeba. Stava per attraversare il confine con l’Etiopia quando, in fuga dall’Eritrea, la polizia le ha sparato mirando agli organi riproduttivi.

L’Eritrea di Cinzia Canneri

Il racconto della violenza sui corpi delle donne nei conflitti del Corno d’Africa è al centro di Women’s Bodies as Battlefields, il progetto della fotografa italiana Cinzia Canneri premiato nell’edizione 2025 del World Press Photo come miglior lavoro a lungo termine per la regione Africa.

Cinzia Canneri, Women's Bodies as Battlefields © Cinzia Canneri, Association Camille Le Page
Cinzia Canneri, Women’s Bodies as Battlefields © Cinzia Canneri, Association Camille Le Page

Le donne e la guerra nella fotografia di Canneri

I giudici del concorso internazionale di fotogiornalismo hanno dichiarato che gli scatti, realizzati per l’associazione Camille Lepage, amplificano le voci delle donne coinvolte nella guerra nella regione di confine tra Eritrea, Etiopia e Sudan, con notevole profondità e attenzione. La giuria, si legge nella motivazione, è stata colpita dalla fiducia che la fotografa ha instaurato con le donne che ha immortalato: “Lavoro con la comunità tigrina ed eritrea dal 2017, ho preso parte anche alle loro proteste. È grazie alla rete che mi sono costruita con anni di attivismo che ho avuto la possibilità di entrare dentro le storie delle abitanti e raccontarle”, spiega Canneri.

Chi è Cinzia Canneri

Nata e cresciuta a Follonica, in Toscana, la fotogiornalista ha studiato psicologia e lavorato per vent’anni nel dipartimento di salute mentale dell’Asl. Nel 2015, però, ha deciso di licenziarsi per dedicarsi completamente alla sua passione: “ma non considero separati i miei due lavori. Prima mi occupavo di fornire supporto alle persone difficoltà. Allo stesso modo, il progetto Women’s Bodies as Battlefields nasce proprio dalla relazione di empatia e fiducia che ho costruito con le donne”.
Come spiega la vincitrice del World Press Photo, il progetto, iniziato nel 2017, ha preso forma dalla volontà di documentare il viaggio delle donne eritree in fuga da uno dei regimi più repressivi al mondo: “ho notato che tra i migranti che arrivano in Italia, le donne sono molte meno degli uomini. Per questo sono voluta andare all’origine per capire il perché e ho iniziato a raccogliere le loro testimonianze”.

La migrazione femminile dal Corno d’Africa

Canneri, una volta arrivata nei campi dei rifugiati, ha scoperto che molte ragazze si fermano al confine: “Perché hanno meno sostegno economico da parte delle famiglie e, a differenza degli uomini, rischiano di rimanere incinta durante il viaggio. C’è un’alta percentuale di violenze che subiscono, sia le eritree sia le tigrine: l’abuso sessuale viene usato come strumento di guerra da entrambi le parti”.
È per questo che molte ragazze, anche minorenni e che non hanno mai toccato un’arma, si uniscono all’esercito. La partecipazione nelle forze armate non è, infatti, in tanti casi legata alla volontà di combattere. Ma, come precisa la fotografa, “molte di loro si arruolano perché l’esercito è un posto più sicuro rispetto a rimanere nei villaggi, dove rischiano di essere violentate. Nel progetto c’è una foto delle soldatesse tigrine che urlano per farsi coraggio. In loro vedo la forza delle donne che unite lottano per costruirsi un nuovo futuro”. Canneri spiega come tutti gli scatti che compongono Women’s Bodies as Battlefields siano in bianco e nero, per evitare che dalle fotografie emergesse solo l’aspetto cruento della realtà.
La situazione tra Etiopia, Eritrea e Tigrè è critica da tempo: nel biennio 2020-2022 i separatisti del Fronte di liberazione si sono scontrati con l’esercito fedele al governo federale nella regione del Tigrè, in Etiopia settentrionale. Nella guerra sono morte 600mila persone e, solo a novembre del 2022, c’è stata una tregua, ottenuta dopo gli accordi di pace firmati a Pretoria.  Le relazioni tra l’Etiopia e la confinante Eritrea, però, ancora oggi non sono stabili: il governatore regionale del Tigrè, Getachew Reda, accusa l’Eritrea di appoggiare i dissidenti per destabilizzare il governo etiope del primo ministro Abiy Ahmed Ali.
Così, sebbene Canneri, muovendosi tra questi tre territori, racconti di “aver visto le donne di queste due etnie pregare insieme per i loro figli”, spiega come l’area non possa ancora dirsi in un periodo di pace, “perché la pace dovrebbe implicare il rispetto dei diritti umani degli abitanti.  E questo non avviene. Il corpo delle donne viene usato ancora oggi come un campo di battaglia”. 
Per questo motivo, secondo la fotografa di Follonica, che adesso è in Armenia per un nuovo lavoro, il World Press Photo è un’occasione importante per “dare visibilità alle storie di queste donne stremate dalla guerra, che restano nascoste a causa dell’indifferenza dell’Occidentale”.

Silvia Della Penna

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L’articolo "Il corpo delle donne come campo di battaglia. Intervista alla fotografa Cinzia Canneri" è apparso per la prima volta su Artribune®.

Autore
Artribune

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