Il caso Epstein files spacca il movimento MAGA: lo scontro tra Trump e la base: “Non voglio più il vostro sostegno”

  • Postato il 18 luglio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Siete “supporter del passato, non voglio più il vostro sostegno”. È furibondo, Donald Trump, questa volta contro il suo popolo, il popolo del MAGA, in ebollizione per gli “Epstein files”, i documenti relativi al finanziere morto suicida in carcere nel 2019. Dopo aver per anni alimentato teorie cospiratorie su Epstein, ora Trump definisce la cosa “sordida e banale”, risultato di una “truffa” messa in piedi dai democratici. È la prima volta che il presidente si scontra in modo così duro con una parte del suo movimento, che per anni ha creduto a tutto ciò che Trump diceva e che ora non gli crede più.

Su vita e morte di Jeffrey Epstein si è costruito ogni tipo di illazione. La storia è del resto generosa di particolari piccanti, sesso, potere, misteri. Epstein si è impiccato in carcere il 10 agosto 2019. Lo avevano arrestato con l’accusa di aver creato, insieme a una signora del jet-set, Ghislaine Maxwell, un giro di minorenni, alcune quattordicenni, da offrire a politici, miliardari, potenti vari. La passione per le minorenni era già stata fatale a Epstein, condannato nel 2008 da un tribunale della Florida per abusi sessuali nei confronti di almeno 36 ragazzine. E sempre per aver molestato donne molto giovani Epstein fu cacciato dalla Dalton School dell’Upper East Side di Manhattan, scuola dell’élite newyorkese dove a 21 anni trovò il suo primo lavoro: insegnante di fisica e matematica. Lo mandarono via per molestie alle studentesse e per non avere i titoli necessari per insegnare. Lui si buttò in finanza. Prima a Bear Stearns, una banca d’investimento, poi fondando una sua società di management finanziario. Intanto Epstein era diventato uno dei volti più noti e glamour dell’alta società newyorkese, con articoli su riviste patinate che raccontavano le sue gesta, feste, relazioni, amanti e i tanti buchi neri che costellavano la sua ascesa. Diceva in giro di essere una spia. Possedeva un passaporto austriaco con la sua foto ma un nome diverso. Era in affari con trafficanti d’armi internazionali come Adnan Khashoggi, coinvolto nell’Iran-Contra affair.

“Conosco Jeff da 15 anni. Un ragazzo fantastico. È molto divertente frequentarlo. Si dice che gli piacciano le belle donne tanto quanto a me, e molte di loro sono giovani. Non c’è dubbio. Jeffrey è uno che si gode la vita”. Parole così calorose nei confronti di Epstein furono affidate nel 2002 da Donald Trump al New York Magazine. Nel 2019, dopo la morte di Epstein in carcere, Trump (allora presidente) liquidava però il “ragazzo fantastico” con esibita freddezza. “Abbiamo avuto un litigio”, spiegava, “non lo vedo da 15 anni”, “non sono un suo fan”. Passano gli anni e Trump, non più presidente, torna sulla storia e insinua che ci siano “ricchi e potenti” coinvolti nei maneggi di Epstein. In particolare uno, Bill Clinton. Sarebbero tutti in una “lista” di uomini cui Epstein aveva offerto le ragazzine e che aveva poi ricattato. Quanto alla sua morte, l’ex presidente chiedeva “un’indagine piena”. Il sospetto, che Trump faceva proprio, era che proprio Clinton fosse coinvolto nella morte/eliminazione del finanziere.

È una vita che Trump alimenta teorie cospiratorie. Da quella secondo cui Barack Obama non è nato negli Stati Uniti a Justin Trudeau figlio segreto di Fidel Castro al coinvolgimento di Rafael Cruz, padre del senatore Ted Cruz, nell’assassinio di JFK all’esecuzione di Joe Biden e sua successiva sostituzione con un robot. La cospirazione con al centro Epstein era però perfetta per il messaggio che Trump ha cercato di veicolare in questi anni, e che il popolo del MAGA ha fatto proprio con entusiasmo. E cioè, che esista un deep state di potenti e corrotti, che nel segreto compie nefandezze e tesse complotti ai danni del popolo. Un manipolo di quei potenti e corrotti dovevano ovviamente trovarsi nella lista di Epstein. Avevano pagato per fare sesso con delle bambine. Avevano sborsato milioni per non essere smascherati. Probabilmente, avevano ammazzato il loro ricattatore e procacciatore di piaceri inconfessabili. Forse nulla, più della storia di Epstein, ha agito nell’inconscio profondo di milioni di americani che si rappresentano come usati, vilipesi, manipolati, sfruttati da una casta corrotta, e che vedono in Donald Trump il loro liberatore e vendicatore.

E invece. E invece, una volta alla Casa Bianca, Donald Trump non li ha vendicati. Già in campagna elettorale, a una domanda di un giornalista di Fox News che gli chiedeva se, da presidente, avrebbe reso pubblici gli “Epstein files”, Trump esprimeva i primi dubbi. “Non è facile dirlo, si rischia di giocare con la vita di persone se ci sono cose false lì dentro, e quel mondo è pieno di cose false. Comunque, sì, li renderei pubblici”. Iniziato il secondo mandato, le cose sono precipitate. L’FBI, che ha indagato sulla morte di Epstein, è arrivata alla conclusione che si sia trattato di suicidio e ha diffuso il video registrato dalle telecamere di sorveglianza della cella. Dal video manca però un minuto, relativo ai momenti precedenti la morte. Gli agenti federali dicono che dipende dal cambio del file di registrazione, ma la risposta non convince tutti. Quanto alla famosa “lista”, che fine ha fatto? A febbraio, l’attorney general Pam Bondi diceva: “Si trova sul mio tavolo, per revisione”. Ora viene fuori – lo annuncia sempre Pam Bondi – che non c’è nessuna lista, che non ci sono misteri e che il caso è chiuso.

Il problema, per Trump, è che il caso è chiuso al Dipartimento di Giustizia, ma non è chiuso nell’opinione pubblica. In particolare, nella sua opinione pubblica. Da giorni, sui social, in TV, sulle chat e in riunioni pubbliche, è esplosa l’indignazione del popolo trumpiano. Ad alimentarla è un sospetto rilanciato da Elon Musk, e cioè che ci sia anche lui, Trump, nella lista. A chiedere trasparenza non è solo la base ma anche fedelissimi di primo piano del presidente. Ha scritto su X Michael T. Flynn, ex consigliere alla sicurezza nazionale di Trump e figura di primo piano del MAGA: “Qui NON si tratta di Epstein o della sinistra. Si tratta di commettere crimini contro i MINORI”. E Marjorie Taylor Greene, la voce del MAGA al Congresso, si è unita ai democratici nel chiedere che il Dipartimento alla Giustizia renda pubblico tutto ciò che è nei suoi archivi. “Non proteggerò mai i pedofili, le élite e i loro circoli”. Il presidente prima ha tergiversato: “Bondi ha gestito il caso molto bene. Ora dipenderà da lei decidere se rendere pubbliche altre informazioni”. Poi, appunto, ha attaccato i suoi seguaci, che non credono alla verità ufficiale. La sua. La rivolta potrebbe avere conseguenze sulla partecipazione al voto dei conservatori alle prossime elezioni di midterm. Soprattutto, la rivolta mostra qualcosa di inedito. Le cospirazioni, che Trump ha alimentato nella sua ascesa politica, si rivolgono ora contro di lui.

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