Il cammino che trasforma. La Via Crucis secondo papa Francesco
- Postato il 19 aprile 2025
- Chiesa
- Di Formiche
- 1 Visualizzazioni

Il papa malato, che non può partecipare al rito del Venerdì Santo per i noti motivi di salute, consegna i testi delle meditazioni da lui scritti per la Via Crucis, e la parola diviene un invito importante, che riesce a dire molte cose che entrano dritte nell’oggi di tutti, credenti e secolarizzati. Impossibile soffermarsi su tutto, ma alcuni passaggi possono essere estrapolati per la forza e la chiarezza, innanzitutto di un invito chiarissimo, sorprendente per chi non conosce la spiritualità di Francesco: “La Via Crucis è la preghiera di chi si muove. Interrompe i nostri percorsi consueti, affinché dalla stanchezza andiamo verso la gioia. È vero, ci costa la via di Gesù: in questo mondo che calcola tutto, la gratuità ha un caro prezzo. Nel dono, però, tutto rifiorisce: una città divisa in fazioni e lacerata dai conflitti va verso la riconciliazione; una religiosità inaridita riscopre la fecondità delle promesse di Dio; persino un cuore di pietra può cambiarsi in un cuore di carne. Soltanto, occorre ascoltare l’invito: «Vieni! Seguimi!». E fidarsi di quello sguardo d’amore”.
È più chiaro adesso perché Francesco abbia detto più volte che lui un cristiano che non cammina non riesce a capirlo. Ecco spiegato cosa voglia dire in termini piani. Questo cammino il papa lo spiega ulteriormente nella testo scritto per la prima stazione: “Erode avrebbe potuto seguire la santa inquietudine che lo attraeva a te: non lo ha fatto, nemmeno quando si trovò finalmente in tua presenza. Pilato avrebbe potuto liberarti: già ti aveva assolto. Non lo ha fatto. La via della croce, Gesù, è una possibilità che già troppe volte abbiamo lasciato cadere. Lo confessiamo: prigionieri dei ruoli da cui non siamo voluti uscire, preoccupati dei fastidi di un cambio di direzione. Tu sei ancora, silenziosamente, davanti a noi: in ogni sorella e in ogni fratello esposti a giudizi e pregiudizi. Ritornano argomenti religiosi, cavilli giuridici, l’apparente buon senso che non si coinvolge nel destino altrui: mille ragioni ci tirano dalla parte di Erode, dei sacerdoti, di Pilato e della folla. Eppure, può andare diversamente”. Qui è chiaro che la strada lungo la quale il papa vede il popolo di Dio in cammino è la strada che segue Gesù vedendo la realtà nella quale lui si trova, oggi. “I tempi cambiano”, non si può camminare sempre nello stesso modo, ma leggendo i segni dei tempi…
E infatti, se non fosse ancora chiaro, ecco la prima preghiera che il papa ha scritto, subito dopo le parole appena citate: Non credo che un secolarizzato non possa capire questa sollecitazione, che qui riduco ovviamente, ma senza alterarne il senso più profondo. Su questa base un credente e un secolarizzato possono dialogare sul cammino necessario per ricercare insieme il bene comune, che non può che essere il comune obiettivo per la loro polis, che poi è il mondo.
Un altro passaggio importante, chiarissimo e rivelatore, è quello che il papa ha scritto alla stazione, la settima, che ricorda la seconda caduta di Gesù. Si comincia con un brano tratto dal Vangelo di Luca: “I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”»”.
A questo punto segue la spiegazione del papa: “Cadere e rialzarsi; cadere e ancora rialzarsi. Così ci hai insegnato a leggere, Gesù, l’avventura della vita umana. Umana perché aperta. Alle macchine noi non consentiamo di sbagliare: le pretendiamo perfette. Le persone invece tentennano, si distraggono, si perdono. Eppure, conoscono la gioia: quella dei nuovi inizi, quella delle rinascite. Gli umani non vengono alla luce meccanicamente, ma artigianalmente: siamo pezzi unici, intreccio di grazia e di responsabilità. Gesù, ti sei fatto uno di noi; non hai temuto di inciampare e di cadere. Chi ne prova imbarazzo, chi ostenta infallibilità, chi nasconde le proprie cadute e non perdona quelle altrui rinnega la via che tu hai scelto. Tu sei, Gesù, il Signore della gioia. In te siamo tutti ritrovati e portati a casa, come l’unica pecora che si era smarrita. Disumana è l’economia in cui novantanove vale più di uno. Eppure, abbiamo costruito un mondo che funziona così: un mondo di calcoli e algoritmi, di logiche fredde e interessi implacabili. La legge della tua casa, economia divina, è un’altra, Signore. Volgerci a te, che cadi e ti rialzi, è un cambio di rotta e un cambio di passo. Conversione che ridona gioia e ci porta a casa”. Il cammino del quale parla Francesco non è dunque un vagare, ma contempla l’umanità dell’errore e la logica inesauribile della Misericordia.
L’ultimo passaggio che mi sembra indispensabile citare è quello relativo all’ottava stazione, quando Gesù incontra le donne: “Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!”, e alle colline: “Copriteci!”. Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?»”. Al brano evangelico segue questo commento: “Nelle donne hai riconosciuto da sempre, Gesù, una particolare corrispondenza col cuore di Dio. Per questo, nella grande moltitudine di popolo che quel giorno cambiò direzione e ti seguiva, immediatamente vedesti le donne e, ancora una volta, stabilisti con loro un’intesa speciale. La città è diversa quando se ne portano gli abitanti in grembo, quando se ne allattano i bambini: quando, insomma, non si conosce soltanto il registro del dominio, ma le cose si vivono dal di dentro. Alle donne che per dovere svolgono il rito della compassione, tu colpisci il cuore. Nel cuore, infatti, si collegano gli avvenimenti e nascono pensieri e decisioni. «Non piangete per me». Il cuore di Dio vibra per il suo popolo, genera una nuova città: «Piangete su voi stesse e sui vostri figli». Esiste un pianto, infatti, in cui tutto rinasce. Occorrono, però, lacrime di ripensamento, di cui non vergognarsi, lacrime da non rinchiudere nel privato. La nostra convivenza ferita, o Signore, in questo mondo a pezzi, ha bisogno di lacrime sincere, non di circostanza. Altrimenti si avvera quanto predissero gli apocalittici: non generiamo più nulla e poi tutto crolla. La fede, invece, sposta le montagne. Monti e colli non ci cadono addosso, ma in mezzo a loro si apre una strada. È la tua strada, Gesù: una via in salita, su cui gli apostoli ti hanno abbandonato, ma le tue discepole – madri della Chiesa – ti hanno seguito”.
Il “piagnisteo”, la “femminea debolezza”, sono stereotipi che vengono capovolti, e forse di questo la nostra contemporaneità ha più bisogno in particolar modo.