Identificato l’autore delle minacce a don Ferrari: “È un dirigente informatico con accesso all’archivio riservato di Frontex”

  • Postato il 24 ottobre 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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La vicenda delle minacce social a don Mattia Ferrari, sacerdote modenese cappellano della ong Mediterranea, arriva a giudizio. È stato identificato il titolare dell’account @rgowans su X autore degli attacchi al sacerdote modenese impegnato a difesa degli ultimi e dei migranti. Dopo un’indagine in campo internazionale il cerchio si è chiuso su Robert Brytan, “un dirigente informatico di una società con accesso all’archivio riservato di Frontex“, come spiega Avvenire.

Nato in Polonia, residente in Germania, ma con cittadinanza del Canada dove ha svolto servizio nella Guardia Costiera, Brytan – come riporta il quotidiano dei vescovi – è poi rientrato in Europa, inizialmente come assistente di un europarlamentare polacco. Attualmente, risulta lavorare per una società che fornisce piattaforme software a Frontex, l’Agenzia europea per il controllo delle frontiere. L’uomo si presenta come “Direttore del Dipartimento Data Center presso Asseco Business Solutions“. La compagnia si occupa anche dei database riservati di Frontex. Fondamentale per arrivare al nome di Brytan è stato il lavoro anche del JLProject, un collettivo che si occupa di indagini forensi per aiutare le persone catturate in mare e respinte in Libia.

Adesso per la procura ci sono gli elementi per andare al dibattimento. Il 5 novembre in tribunale a Modena si celebrerà così la prima udienza del processo per diffamazione aggravata. “Si tratta di un primo importante risultato ottenuto dopo una richiesta di avocazione, una richiesta di archiviazione, una imputazione coatta, la richiesta di emettere un ordine di indagine europeo e numerosi ulteriori passaggi procedurali”, dice l’avvocata Francesca Cancellaro, che assiste don Ferrari. “Un percorso a ostacoli in cui abbiamo creduto in questi anni e che alla fine ci ha permesso di identificare il titolare dell’account. La vicenda va evidentemente oltre quella di don Mattia Ferrari, come testimonia l’interesse e l’allarme che l’account @rgowans suscita a livello nazionale e internazionale, anche per la sua capacità di diffondere contenuti ufficiali e riservati relativi ai rapporti tra Italia e Libia”, aggiunge la legale.

“L’identificazione di Robert Brytan è un fatto gravissimo”, commenta l’eurodeputato del Pd Sandro Ruotolo. “Non parliamo di un semplice profilo anonimo – sottolinea – ma di una persona con accesso a banche dati riservate di un’agenzia europea. L’Europa deve fare piena luce“. Per Ruotolo questa “non è solo una vicenda di minacce personali ma un caso che riguarda la trasparenza e la sicurezza dell’Unione. La tutela dei diritti umani non può essere messa a rischio da chi lavora, direttamente o indirettamente, per le istituzioni europee. La sicurezza non può diventare un’arma contro chi salva vite in mare”, conclude l’europarlamentare dem che ha presentato un’interrogazione alla Commissione europea per chiedere chiarimenti immediati sui rapporti tra Frontex e i suoi fornitori informatici, e sulle misure adottate per proteggere i dati sensibili e prevenire abusi.

La vicenda è venuta alla luce nell’aprile del 2022 quando don Mattia ha reso noto di essersi rivolto alla procura modenese per denunciare le minacce subite sui social: “Periodicamente questo account portavoce della mafia libica minaccia chi aiuta i migranti. Il 31 marzo hanno minacciato pesantemente anche me. Il problema vero – aveva dichiarato il sacerdote – è che questo account non è solo portavoce della mafia libica, ma è legato a servizi segreti deviati di diversi Paesi: ogni tanto pubblica foto degli aerei militari di Frontex, documenti riservati e segreti di alti livelli di apparati statali e militari italiani”. Proprio in base a queste minacce il Comitato provinciale per la sicurezza dei cittadini aveva posto il sacerdote sotto “radiosorveglianza”.

Il procedimento penale aveva però subito uno stop nel dicembre del 2022, quando la procura ha chiesto l’archiviazione non riscontrando “profili di rilievo penale”. Un passaggio della richiesta aveva suscitato molte polemiche. Il testo era stato stigmatizzata anche dallo stesso quotidiano Avvenire per passaggi come quello in cui il pm suggeriva che l’esposizione sui social provoca reazioni, specie se “chi porta il suo impegno umanitario (e latamente politico) sul terreno dei social o comunque del pubblico palco – ben diverso dagli ambiti tradizionaliriservati e silenziosi – di estrinsecazione del mandato pastorale”. Pochi mesi dopo, però, il gip non ha accolto l’archiviazioni, disponendo nuove indagini e chiedendo alla Procura di identificare gli autori e i gestori dei profili Twitter da cui a maggio e ad agosto 2021 partirono i messaggi al centro della denuncia querela presentata dal sacerdote. Adesso la svolta con l’inizio del processo. Nei mesi scorsi il nome del cappellano di bordo della ong Mediterranea Saving Humans, era tornato alla ribalta quando è stato reso noto che anche lui è stato oggetto di spionaggio da parte del programma Graphite, progettato dall’agenzia israeliana Paragon Solution.

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Il Fatto Quotidiano

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