Iacometti: Donald Trump non teme i tonfi in Borsa

  • Postato il 12 marzo 2025
  • Di Libero Quotidiano
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Iacometti: Donald Trump non teme i tonfi in Borsa

Chi continua a dipingere un Donald Trump terrorizzato dalla reazione dei mercati, sperando che solo la rabbia di aziende e investitori possa portarlo a più miti consigli se ne dovrà fare una ragione. Come ha già detto e fatto capire più volte, il presidente Usa ha messo in conto che la sua rivoluzione per creare in America una nuova “età dell'oro” («siamo in un periodo di transizione rispetto al disastro economico lasciato da Biden», ha detto la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt) possa creare temporanee turbolenze. Ieri è stato ancora più chiaro: «I mercati vanno su e giù, noi dobbiamo ricostruire questo Paese». Quanto alle forti perdite registrate in questi giorni dai listini, non c'è «alcuna preoccupazione». Anche perché, ha aggiunto, correggendo la frase sulla possibile retromarcia dell'economia pronunciata durante l'intervista a Fox News, «non c'è una recessione in arrivo». Se per avere un quadro più chiaro della situazione bisognerà aspettare i numeri di oggi sull'inflazione, che determinano le mosse della Fed sui tassi e anche l'umore dei consumatori, il dato arrivato ieri sull'occupazione sembra confermare quanto comunicato dalla Casa Bianca dopo il lunedì nero: «I mercato vanno giù, ma le aziende prosperano». Le nuove offerte di lavoro negli Stati Uniti a gennaio, i Jolts, sono salite a 7,74 milioni contro i 7,5 di dicembre 2024.

Il dato è superiore alle attese di 7,63 milioni. Che queste cifre rappresentino un raggio di sole è da vedere. Per ora di certo c'è che i mercati continuano ad andare «su e giù». E a spingere l'altalena è sempre lui. La mazzata di ieri, mentre le Borse europee tentavano il rimbalzo e quelle americane si preparavano a farlo, è stato il match con il Canada. Un altro scontro senza colpi di fioretto. In risposta a una tariffa del 25% annunciata dal premier dell'Ontario Doug Ford sull'elettricità fornita a tre stati confinanti (New York, Michigan e Minnesota), il presidente Usa ha deciso di raddoppiare dal 25% al 50% i dazi su acciaio e alluminio canadesi, a partire da oggi. Non solo. The Donald ha minacciato, se Ottawa non lascerà cadere le sue tante barriere «oltraggiose», comprese quelle «dal 250% al 390% su vari prodotti caseari statunitensi», di aumentare dal 2 aprile i dazi sulle auto provenienti dal Paese vicino. Cosa che, ha sottolineato, «in sostanza, chiuderà definitivamente l'attività di produzione di automobili in Canada. Quelle auto possono essere facilmente prodotte negli Usa!». Il dolce scambio di effusioni ha fatto immediatamente virare in negativo i listini europei e ha preparato il terreno per la partenza in retromarcia di quelli statunitensi. Le piazze del Vecchio Continente hanno chiuso tutte pesantemente in rosso, da Milano (-1,38%) a Parigi (-1,31%), da Francoforte (-1,29%) a Londra (-1,21%). E a picco sono andati soprattutto i titoli delle auto, tra cui spicca Stellantis (-6%). Male però anche Volkswagen (-3,2%), Mercedes (-2,5%), Porsche (-2,8%), Bmw (-1,9%) e Ferrari (-1,6%). Il contraccolpo è arrivato anche sulle Borse americane, ma nel corso della seduta, dove ad un certo punto sono comparsi persino i segni “più”, la bufera si è decisamente affievolita. Complice anche l'ennesimo lieto fine delle risse scatenate da Trump. Il premier canadese in pectore Mark Carney ha inizialmente promesso una risposta con «il massimo impatto sugli Stati Uniti e il minimo sul Canada: manterremo le nostre tariffe finché gli americani non ci mostreranno rispetto e non prenderanno impegni credibili e affidabili per un commercio libero ed equo». Poco dopo, però, il premier dell'Ontario ha fatto marcia indietro, annunciando la sospensione della tassa del 25% sull'elettricità, dopo colloqui «produttivi» con il segretario al commercio Usa Howard Lutnick. La mossa ha indotto Trump a rispondere che «probabilmente» riconsidererà la sua decisione di raddoppiare le tariffe sui metalli canadesi. Una pace che non ha attutito del tutto i colpi. Dopo il tonfo di lunedì, Wall Street ha chiuso ancora in negativo, ma le percentuali non sono da capelli dritti.

L'indice Dow Jones ha perso l'1,14% però l'S&P500 ha lasciato sul terreno solo lo 0,81% mentre il Nasdaq ha terminato le contrattazioni a -0,18%. Non solo. Le big tech sono risalite dal baratro. A partire proprio da Tesla, che lunedì scorso nel corso della seduta aveva visto addirittura il -15% davanti al suo titolo. Ieri le azioni del gruppo fondato da Elon Musk ha chiuso con un rialzo di quasi il 4%. Anche se pure qui, manco a dirlo, c'è lo zampino di Trump. Il tycoon ieri ha infatti acquistato una Tesla da Elon Musk. «Mi ha fatto uno sconto, anche se non gliel'ho chiesto», ha affermato Trump in una specie di conferenza stampa improvvisata insieme allo stesso Musk davanti alla sua nuova Model S rossa fiammante definita «un ottimo prodotto». «Pensate che Biden potrebbe salire su quella macchina?», ha poi scherzato il presidente. Ma al di la dei siparietti, il miliardario ha voluto annunciare che l'azienda, «in risposta alle politiche del presidente e come atto di fiducia nell'America, raddoppierà la produzione di veicoli nei prossimi due anni».

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Libero Quotidiano

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