“I suoi inviti alla pace, alla ragionevolezza, alla trattativa di fronte agli orrori della guerra”. L’omelia ai funerali di Papa Francesco davanti ai potenti del mondo

  • Postato il 26 aprile 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Di fronte all’infuriare delle tante guerre di questi anni, con orrori disumani e con innumerevoli morti e distruzioni, Papa Francesco ha incessantemente elevata la sua voce implorando la pace e invitando alla ragionevolezza, all’onesta trattativa per trovare le soluzioni possibili, perché la guerra – diceva – è solo morte di persone, distruzioni di case, ospedali e scuole”. Così il cardinale decano Giovanni Battista Re si è espresso nell’omelia del funerale di Papa Francesco da lui presieduto sul sagrato di piazza San Pietro. “La guerra – ha proseguito il porporato – lascia sempre il mondo peggiore di come era precedentemente: essa è per tutti sempre una dolorosa e tragica sconfitta. ‘Costruire ponti e non muri’ è un’esortazione che egli ha più volte ripetuto e il servizio di fede come successore dell’apostolo Pietro è stato sempre congiunto al servizio dell’uomo in tutte le sue dimensioni. In unione spirituale con tutta la cristianità siamo qui numerosi a pregare per Papa Francesco perché Dio lo accolga nell’immensità del suo amore”.

Un omaggio commosso: “Papa Francesco soleva concludere i suoi discorsi ed i suoi incontri dicendo: ‘Non dimenticatevi di pregare per me’. Caro Papa Francesco, ora chiediamo a te di pregare per noi e che dal cielo tu benedica la Chiesa, benedica Roma, benedica il mondo intero, come domenica scorsa hai fatto dal balcone di questa Basilica in un ultimo abbraccio con tutto il popolo di Dio, ma idealmente anche con l’umanità che cerca la verità con cuore sincero e tiene alta la fiaccola della speranza”.

Fu proprio il porporato bresciano, oggi 91enne, a chiedere, dodici anni fa, a Bergoglio se accettava l’elezione al pontificato e il nome con cui si sarebbe chiamato da vescovo di Roma. “Quando – ha affermato Re – il cardinale Bergoglio, il 13 marzo del 2013, fu eletto dal conclave a succedere a Papa Benedetto XVI, aveva alle spalle gli anni di vita religiosa nella Compagnia di Gesù e soprattutto era arricchito dall’esperienza di 21 anni di ministero pastorale nell’arcidiocesi di Buenos Aires, prima come ausiliare, poi come coadiutore e in seguito, soprattutto, come arcivescovo. La decisione di prendere il nome Francesco apparve subito come la scelta di un programma e di uno stile su cui egli voleva impostare il suo pontificato, cercando di ispirarsi allo spirito di san Francesco d’Assisi”.

Per tre giorni sono state 250mila le persone che hanno sfilato davanti al corpo del Papa, nella Basilica Vaticana, per l’ultimo saluto. Al funerale quasi tutti i potenti di mondo hanno voluto salutarlo insieme a 250mila persone semplici. Sono state 164 le delegazioni arrivate per omaggiare Francesco. In prima fila c’erano il presidente del Paese di origine di Bergoglio, l’Argentina, Javier Milei. Subito dopo il presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, con la figlia Laura, la premier Giorgia Meloni e i presidenti di Senato e Camera, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana. Ma anche il presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, con la moglie Melania, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky.

Potenti del mondo che spesso hanno applaudito gli appelli di Francesco, lasciandoli, però, lettera morta. Soprattutto sul tema della pace. Bergoglio, infatti, si è sempre offerto, purtroppo invano, come mediatore di pace in numerosi conflitti: da quello russo-ucraino a quello israeliano palestinese. Le contraddizioni di un omaggio, in vita e in morte, emerse anche durante l’omelia del cardinale decano. Re, infatti, ha ricordato che Francesco, “rivolgendosi agli uomini e alle donne di tutto il mondo, con la lettera enciclica Laudato si’ ha richiamato l’attenzione sui doveri e sulla corresponsabilità nei riguardi della casa comune. ‘Nessuno si salva da solo’”.

Re, inoltre, ha evidenziato che “il plebiscito di manifestazioni di affetto e di partecipazione, che abbiamo visto in questi giorni dopo il suo passaggio da questa terra all’eternità, ci dice quanto l’intenso pontificato di Papa Francesco abbia toccato le menti ed i cuori. La sua ultima immagine, che rimarrà nei nostri occhi e nel nostro cuore, è quella di domenica scorsa, solennità di Pasqua, quando Papa Francesco, nonostante i gravi problemi di salute, ha voluto impartirci la benedizione dal balcone della Basilica di San Pietro e poi è sceso in questa piazza per salutare dalla papamobile scoperta tutta la grande folla convenuta per la messa di Pasqua”.

Bergoglio ha rotto tanti tabù. Uno stile smart che lo ha reso unico e indimenticabile. Passando da Buenos Aires a Roma, “conservò – ha ricordato Re – il suo temperamento e la sua forma di guida pastorale, e diede subito l’impronta della sua forte personalità nel governo della Chiesa, instaurando un contatto diretto con le singole persone e con le popolazioni, desideroso di essere vicino a tutti, con spiccata attenzione alle persone in difficoltà, spendendosi senza misura, in particolare per gli ultimi della terra, gli emarginati. È stato un Papa in mezzo alla gente con cuore aperto verso tutti. Inoltre è stato un Papa attento al nuovo che emergeva nella società ed a quanto lo Spirito Santo suscitava nella Chiesa. Con il vocabolario che gli era caratteristico e col suo linguaggio ricco di immagini e di metafore, ha sempre cercato di illuminare con la sapienza del Vangelo i problemi del nostro tempo, offrendo una risposta alla luce della fede e incoraggiando a vivere da cristiani le sfide e le contraddizioni di questi nostri anni di cambiamenti, che amava qualificare ‘cambiamento di epoca’. Aveva grande spontaneità e una maniera informale di rivolgersi a tutti, anche alle persone lontane dalla Chiesa”.

Un pastore con l’odore delle pecore, come lui stesso chiedeva a cardinali, vescovi e sacerdoti: “Ricco di calore umano e profondamente sensibile ai drammi odierni, Papa Francesco ha realmente condiviso le ansie, le sofferenze e le speranze del nostro tempo della globalizzazione, e si è donato nel confortare e incoraggiare con un messaggio capace di raggiungere il cuore delle persone in modo diretto e immediato. Il suo carisma dell’accoglienza e dell’ascolto, unito ad un modo di comportarsi proprio della sensibilità del giorno d’oggi, ha toccato i cuori, cercando di risvegliare le energie morali e spirituali. Il primato dell’evangelizzazione è stato la guida del suo pontificato, diffondendo, con una chiara impronta missionaria, la gioia del Vangelo, che è stata il titolo della sua prima esortazione apostolica Evangelii gaudium. Una gioia che colma di fiducia e speranza il cuore di tutti coloro che si affidano a Dio”.

Una Chiesa senza dogane. “Filo conduttore della sua missione – ha ricordato Re – è stata anche la convinzione che la Chiesa è una casa per tutti; una casa dalle porte sempre aperte. Ha più volte fatto ricorso all’immagine della Chiesa come ‘ospedale da campo’ dopo una battaglia in cui vi sono stati molti feriti; una Chiesa desiderosa di prendersi cura con determinazione dei problemi delle persone e dei grandi affanni che lacerano il mondo contemporaneo; una Chiesa capace di chinarsi su ogni uomo, al di là di ogni credo o condizione, curandone le ferite. Innumerevoli sono i suoi gesti e le sue esortazioni in favore dei rifugiati e dei profughi. Costante è stata anche l’insistenza nell’operare a favore dei poveri. È significativo che il primo viaggio di Papa Francesco sia stato quello a Lampedusa, isola simbolo del dramma dell’emigrazione con migliaia di persone annegate in mare. Nella stessa linea è stato anche il viaggio a Lesbo, insieme con il Patriarca Ecumenico e con l’arcivescovo di Atene, come pure la celebrazione di una messa al confine tra il Messico e gli Stati Uniti, in occasione del suo viaggio in Messico”.

Francesco ha davvero girato il mondo: “Dei suoi 47 faticosi viaggi apostolici – ha sottolineato Re – resterà nella storia in modo particolare quello in Iraq nel 2021, compiuto sfidando ogni rischio. Quella difficile visita apostolica è stata un balsamo sulle ferite aperte della popolazione irachena, che tanto aveva sofferto per l’opera disumana dell’Isis. È stato questo un viaggio importante anche per il dialogo interreligioso, un’altra dimensione rilevante della sua opera pastorale. Con la visita apostolica del 2024 a quattro Nazioni dell’Asia-Oceania, il Papa ha raggiunto ‘la periferia più periferica del mondo’”.

“Francesco – ha affermato ancora Re – ha sempre messo al centro il Vangelo della misericordia, sottolineando ripetutamente che Dio non si stanca di perdonarci: egli perdona sempre qualunque sia la situazione di chi chiede perdono e ritorna sulla retta via. Volle il Giubileo straordinario della misericordia, mettendo in luce che la misericordia è “il cuore del Vangelo”. Misericordia e gioia del Vangelo sono due parole chiave di Papa Francesco. In contrasto con quella che ha definito ‘la cultura dello scarto’, ha parlato della cultura dell’incontro e della solidarietà. Il tema della fraternità ha attraversato tutto il suo pontificato con toni vibranti. Nella lettera enciclica Fratelli tutti ha voluto far rinascere un’aspirazione mondiale alla fraternità, perché tutti figli del medesimo Padre che sta nei cieli. Con forza ha spesso ricordato che apparteniamo tutti alla medesima famiglia umana. Nel 2019, durante il viaggio negli Emirati Arabi Uniti, Papa Francesco ha firmato un documento sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, richiamando la comune paternità di Dio”.

Al termine della messa esequiale si sono svolte l’ultima commendatio (ultima raccomandazione) e la valedictio (commiato). Il cardinale vicario per la diocesi di Roma, Baldassare Reina, ha guidato la supplica della Chiesa di Roma. Quindi c’è stata la supplica delle Chiese orientali. Infine, il cardinale decano ha asperso con l’acqua benedetta e incensato la bara con il corpo di Francesco. Finito il funerale, l’ultimo viaggio verso la Basilica Papale di Santa Maria Maggiore per la tumulazione. “Chiedo – ha scritto Bergoglio nel suo testamento – che la mia tomba sia preparata nel loculo della navata laterale tra la Cappella Paolina (Cappella della Salus populi romani) e la Cappella Sforza”. Precisando: “Il sepolcro deve essere nella terra; semplice, senza particolare decoro e con l’unica iscrizione: Franciscus”. Un’idea suggeritagli, il 13 maggio 2022, da Rolandas Makrickas, poi nominato da Bergoglio cardinale arciprete coadiutore della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore.

“In quella occasione – ha rivelato il porporato – io gli ho detto, visto che veniva così spesso in Basilica, se non pensasse di stabilire qui anche la sua tomba”. Francesco “ha detto di no, ricordando che i papi vengono tumulati in San Pietro. Una settimana dopo, però, mi ha richiamato e mi ha comunicato: ‘La Madonna mi ha detto: ‘Preparati la tomba’’. E dopo ha aggiunto che era felice perché ‘la Madonna non si è dimenticata di me’. Mi ha semplicemente detto: ‘Trova un posto per la mia tomba perché io voglio essere sepolto in questa Basilica’”. Un gruppo di poveri e bisognosi ha accolto la bara sui gradini del tempio mariano. Il congedo dal mondo che Francesco avrebbe voluto.

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Il Fatto Quotidiano

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