I Signori della Guerra: l’Occidente gioca con il fuoco atomico

  • Postato il 20 giugno 2025
  • Editoriale
  • Di Paese Italia Press
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Massimo Reina

L’attacco all’Iran – mascherato, camuffato, mimetizzato dietro i soliti “valori da difendere” – non è che l’ennesimo atto di un copione logoro, scritto a Washington e Tel Aviv, recitato da Londra, Berlino e Parigi con la solita flemma da comparse obbedienti. L’obiettivo non è mai cambiato: destabilizzare, frantumare, spolpare ogni potenziale alleato dei BRICS, ogni paese che osi anche solo sognare un mondo multipolare. L’Iran, guarda caso, è uno di questi. Il più grande paese sciita, con 80 milioni di abitanti, un patrimonio culturale e religioso millenario, città sacre come Qom e Mashhad che per milioni di musulmani valgono più di qualsiasi petroliera nello Stretto di Hormuz.
La storia si ripete
Ma agli strateghi del caos, questi dettagli non interessano. Anzi: più sacro è il luogo, più è strategico. Perché creare un’altra Libia, un altro Iraq, un’altra Siria è l’unica cosa che gli riesce bene. Distruggere ciò che non possono controllare. E trasformare ogni Stato che osa sfilarsi dalla NATO-sfera in un campo minato di tribù, fazioni, milizie, mercenari, e jihadisti in saldo. La storia si ripete, ma l’Occidente non impara nulla. O forse sì: ha imparato che il business della guerra è eterno. E più i morti aumentano, più le borse ridono.
Con l’Iran, però, stanno giocando col cerino accanto a un deposito nucleare. E non solo in senso metaforico. Sì, perché mentre Israele si riserva il diritto divino di bombardare ovunque e chiunque – anche l’Iran, anche se è uno Stato sovrano, anche se non l’ha attaccato – il mondo arabo sunnita osserva. Dorme, per ora. Ma non è detto che non si svegli. Il giorno in cui Riyad, Doha, Il Cairo capiranno che l’Iran potrebbe essere solo il primo tassello della dominodemolizione, potrebbero scoprire un improvviso senso di solidarietà sciita-sunnita. E sarebbe un risveglio epocale.
E poi c’è il Pakistan. Che non è solo una polveriera con un governo traballante e un esercito perennemente inquieto. No, è anche una potenza nucleare. E mentre i profeti della deterrenza dicono che nessuno userà mai l’atomica, perché sarebbe la fine per tutti, c’è da ricordargli Hiroshima. C’è da ricordargli che l’unico Paese ad aver mai sganciato una bomba nucleare sulla testa di civili si chiama Stati Uniti d’America. E ha ancora il dito sul grilletto.
Ora il Medio Oriente è un tamburo teso fino allo spasimo. Gaza è già ridotta in cenere. Il Libano vacilla. La Siria sopravvive come può. L’Iraq è una ferita mai rimarginata. Lo Yemen è un cimitero ignorato. E l’Iran rischia di diventare il prossimo capro espiatorio, per volontà di chi non riesce a sopportare che Teheran parli con Mosca, con Pechino, con Nuova Delhi.
Perché dietro la retorica da pacificatori si nasconde la paura di un mondo in cui l’Occidente non detta più le regole. E allora si spara. Si bombarda. Si fabbricano guerre per distruggere i futuri rivali. Ma ogni bomba su Qom è una bomba anche su Gerusalemme. Ogni drone su Teheran è un boomerang su Tel Aviv. E se il Pakistan davvero decidesse di “rispondere” a un’atomica israeliana, allora sì, sarebbero cavoli nucleari per tutti.
La domanda finale è semplice: quanto vale il petrolio, il dollaro, il dominio, per questi signori della guerra? Vale più della Mezzaluna? Vale più della sopravvivenza del genere umano? Attenzione: l’appetito vien mangiando. Ma l’atomica, quando esplode, non distingue tra colpevoli e complici. E mentre i nostri governi vendono armi e raccontano fiabe, il Medio Oriente è pronto a esplodere. Mai come ora. E forse stavolta non ci sarà nessuno a raccontarlo.

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