I servizi segreti, la ragazza in Venezuela e la richiesta di legittimazione di Maduro: i nodi sulla detenzione di Alberto Trentini
- Postato il 17 gennaio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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L’attenzione mediatica è stata attivata, e il caso è finito sotto i riflettori dell’opinione pubblica e della politica, che si è pubblicamente esposta, dopo mesi di silenzio, per ricevere informazioni da Caracas. Sulla detenzione di Alberto Trentini, cooperante italiano 45enne arrestato il 15 novembre in Venezuela ma del quale da allora non si hanno più notizie, emergono nuove ipotesi, inserite in un contesto geopolitico molto delicato. Repubblica scrive che Trentini dovrebbe essere in un centro di detenzione dei servizi, in particolare nella sede principale della della Boleita, a Caracas, uno dei peggiori del mondo. Si trova nelle mani dell’intelligence, che è accusata dall’Onu di “crimini contro l’umanità per reprimere il dissenso”. Dunque, torture ai danni dei detenuti sospettati di spionaggio.
Dopo l’appello della famiglia, è arrivata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani la conferma che Trentini è stato arrestato. Intanto ieri è stato scarcerato il cittadino italo-venezuelano Juan Manuel Allueva, che era detenuto dalla Guardia Nazionale di San Juan de Los Morros (la capitale dello Stato di Guarico, nel centro-nord). “Continuiamo a lavorare per tutelare tutti i connazionali in Venezuela“, ha dichiarato Tajani. Attualmente rimangono dietro le sbarre nel Paese sudamericano almeno altri 7 italo-venezuelani, oltre a Trentini. La famiglia chiede inoltre che il cooperante possa vedere qualcuno dell’ambasciata italiana, visto che soffre di asma e ipertensione e non ha con sé le medicine di cui ha bisogno. Tajani ha dunque ufficialmente richiesto, tramite l’incaricato d’affari del Venezuela, una visita consolare.
Ma Caracas, scrive Repubblica, vuole soltanto una cosa: “la legittimazione da parte dell’Occidente” ora che Maduro è stato rieletto presidente. E gli occhi sono puntati sull’Italia, in particolare dopo le parole durissime della premier Giorgia Meloni, che a ottobre – dunque dopo le elezioni che si sono tenute a luglio – ha ribadito di continuare a “condannare l’inaccettabile repressione del regime” in Venezuela “chiedendo la liberazione di tutti i prigionieri politici. Insieme alla Ue – aveva aggiunto – lavoriamo per la transizione democratica e pacifica nel paese”. In precedenza aveva poi dato il suo sostegno all’opposizione di Caracas e nel suo intervento all’Assemblea generale dell’Onu, a settembre, aveva ancora dichiarato: “La comunità internazionale non può rimanere a guardare mentre in Venezuela, a distanza di quasi due mesi dalle elezioni, ancora non è stato riconosciuto il risultato elettorale, ma nel frattempo si è consumata una brutale repressione, la morte di decine di manifestanti, l’arresto arbitrario di migliaia di oppositori politici, l’incriminazione e l’esilio del candidato presidente dell’opposizione democratica“, sostenendo il dovere della comunità internazionale di “alzare la voce”.
Quello di Trentini, scrive ancora Repubblica, “non è un arresto per caso”. È stato fermato nello Stato di Apure, zona dove già in passato sono stati fermati altri cooperanti, accusati strumentalmente di spionaggio. Il cooperante è incensurato, non aveva nessun tipo di legame con gruppi politici. A finire nel mirino dell’intelligence di Maduro potrebbe essere stata la conoscenza di una ragazza che abita in Venezuela, con la quale era stato in Colombia a dicembre 2023 poi a gennaio e ad aprile 2024. Lei era anche venuta a trovarlo a Venezia la scorsa estate. Inoltre in passato Trentini aveva lavorato per il “Danish Refugee Council”, che in passato era finito nel mirino di Caracas con un cooperante arrestato. Dunque, i servizi possono avere unito questi elementi per considerare il 45enne italiano un sospetto. Ma si tratta di connessioni puramente strumentali, visto che Trentini “era in Venezuela per il suo lavoro e per portare assistenza alla popolazione”. Intanto dal ministero degli Esteri rassicurano non si tratti di ritorsione politica, mentre la tensione sul caso resta alta. E la mobilitazione su Alberto prosegue anche su una petizione su Change.org, che ha raccolto già decine di migliaia di adesioni.
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