I recenti progressi, il sostegno del ct al governo, i nuovi talenti: ecco Israele, che sfida l’Italia per un posto ai Mondiali

  • Postato il 8 settembre 2025
  • Calcio
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Il calcio israeliano ha compiuto innegabili progressi nell’ultimo decennio, grazie agli investimenti di uno stato ricco e alla creazione delle accademie, concepite come un mix di Inghilterra e Spagna. La sfida di Debrecen, in Ungheria, contro l’Italia di Rino Gattuso, rappresenta uno dei momenti più alti della storia di questa nazionale: i 9 punti in classifica alimentano il sogno di approdare ai playoff per giocarsi le chance di qualificazione al Mondiale 2026. La generazione Duemila sta fornendo talenti interessanti, ai quali si chiede, come primo obiettivo, di eguagliare il traguardo raggiunto dalla squadra che partecipò al mondiale messicano del 1970, l’unico finora disputato dalla rappresentativa di Tel Aviv. Israele fu eliminato nella fase a gironi: dopo il 2-0 incassato con l’Uruguay, pareggiò 1-1 con la Svezia e 0-0 Italia, nel match passato alla storia per il presunto insulto razzista del telecronista Nicolò Carosio al guardalinee etiope che aveva annullato un gol di Riva. La Rai rimosse Carosio e promosse Nando Martellini, ma la questione è un giallo tuttora irrisolto: non ci sono infatti testimonianze della frase rivolta al guardalinee Sejum Tarekegn. La nazionale israeliana si era qualificata grazie al rifiuto della Corea del Nord di giocare la partita decisiva. Tre anni prima, esattamente dal 5 al 10 giugno 1967, si era svolta la Guerra dei Sei giorni, episodio cruciale e devastante non solo nel conflitto arabo-israeliano, ma anche nella geopolitica mondiale.

La questione si è ulteriormente aggravata dopo l’attentato terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023 e la risposta israeliana. La guerra di Gaza è diventata uno sterminio: secondo il bilancio del 31 agosto 2025, le vittime erano 63.459, ma il bollettino varia di ora in ora. Nello scenario attuale, il calcio rappresenta in Israele qualcosa che va ben oltre lo sport: s’intreccia mani e piedi con la politica. Il Beitar Gerusalemme, uno dei club più importanti del campionato, si vanta di non aver mai tesserato giocatori di origine araba o palestinese. Il suo gruppo ultrà più conosciuto, La Familia, è legato all’estremismo di destra. Non fa sconti a nessuno: dopo i fatti del 7 ottobre 2023, è stato fischiato ed insultato anche Abu Fani, uno dei migliori talenti della nazionale, centrocampista di origine araba definito “terrorista” in occasione di una gara contro Andorra. Abu Fani, che ha firmato il primo gol con la maglia di Israele proprio contro l’Italia il 9 settembre 2024 in Nations League, gioca ora nel Ferencvaros, in Ungheria. Prodotto del Maccabi Haifa, è stato costretto a cambiare aria per evitare problemi.

Fani non è l’unico nazionale in cerca di fortuna all’estero, tanto per ribadire il concetto di una qualità complessiva in crescita. Nella lista dei convocati, troviamo i portieri Glazer (Stella Rossa) e Peretz (Bayern Monaco), i difensori Nachmias (Ludogorec) e Lemkin (Twente), i centrocampisti Gloukh (Ajax), Gandelman (Genk) e Gabi (Ferencvaros), gli attaccanti Solomon (Villarreal), Baribo (Philadelphia Union), Khalaili (Union St.Gilloise) e Turgeman (New England Revolution). Il valore complessivo della rosa è quantificato in 83,10 milioni euro. L’età-media è di 26 anni. Nella classifica Fifa, Israele occupa il 75esimo posto. Il campionato, la Ligat, a 14 squadre, è il 20esimo per dimensione economica in ambito Uefa.

Il ct è Ran Ben Shimon, 54 anni, ex difensore, grande sostenitore dell’attuale governo di Tel Aviv. Nella conferenza stampa di vigilia della sfida contro l’Italia, alla domanda rivolta da un cronista sui morti di Gaza, ha replicato: “Non rispondo perché per come è stata posta la questione è chiaro da che parte sia chi il giornalista. Io parlo al mio meraviglioso popolo che ci sta dietro e ci sostiene. Abbiamo l’intero paese dietro di noi. Ho fiducia nei nostri soldati e li appoggio in pieno per quello che fanno”. Il ct non è l’unico di questa nazionale, costretta a giocare in Ungheria dal 2023 per ragioni di sicurezza, a condividere il comportamento del governo di Tel Aviv nel conflitto in corso a Gaza. Il calcio in questa parte del mondo è coinvolto nei fatti della storia e non potrebbe essere diversamente: i 774 sportivi palestinesi morti dall’ottobre 2023 sono l’altra faccia orribile di questa vicenda.

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