I mille mondi di Puccini oltre la musica: arte, fotografia e botanica. “L’anno del centenario? Poteva andare meglio”

  • Postato il 24 novembre 2024
  • Musica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Una vita per Giacomo Puccini, quella di Virgilio Bernardoni. Musicologo raffinato, ordinario nell’Università di Bergamo, presiede l’Edizione Nazionale delle Opere dedicata al compositore lucchese e siede nella commissione scientifica del Centro studi dedicato al musicista. Chi se non lui può guardare con simpatia e distacco all’anno pucciniano, il 2024, nel quale il pianeta ha fatto a gara nel ricordare i 100 anni dalla scomparsa del compositore? Puccini, artista enorme, intellettuale complesso, autore dei melodrammi più replicati in tutto il mondo, merita ancora tanto studio e ricerca approfondita.

Professor Bernardoni, l’anno pucciniano si conclude il 29 novembre. Qual è il quadro culturale, almeno per l’Italia?
La popolarità di un gruppo cospicuo di opere teatrali di Puccini non è mai scemata. Il quadro culturale è però, nel centenario della morte, assai diverso da quello della nascita (1958). Allora ci fu la pionieristica monografia di Mosco Carner e la pubblicazione dei primi Carteggi. Oggi abbiamo centri di ricerca, fondazioni e archivi dedicati, edizioni critiche di musiche e scritti, soprattutto dell’epistolario. Insomma, è possibile approfondirne la conoscenza.

Qual è l’immagine di Puccini oggi?
Dalla vasta documentazione epistolare, iconografica e musicale apprendiamo i suoi estesi interessi culturali, le forme d’espressione, le pratiche artistiche non musicali, le idee. Al contempo, la riscoperta di un numero cospicuo di brani musicali ci consente di precisarne il valore anche a livello dell’esecuzione musicale e di collocarne i capolavori teatrali in una vicenda creativa lucida e coerente.

Cosa si ricava dall’epistolario?
È una finestra spalancata sull’uomo e sull’artista. Per gli anni della maturità disponiamo di una missiva ogni uno-due giorni! Scorre il film della sua vita: la quotidianità spicciola, relazioni, viaggi, svaghi, attività professionale fra pianoforte, tavolo di lavoro, teatri. Sono in arrivo due nuovi volumi per gli anni 1905-1908 (editi da Leo S. Olschki).

Nutriva interesse per la pittura e la fotografia.
Fu intenditore d’arte, amico di pittori come Plinio Nomellini e Gaetano Previati; fotografo di qualità, faceva riprodurre i propri scatti su cartoline e periodici; frequentatore assiduo di ogni forma di spettacolo, all’occasione direttore artistico di stagioni teatrali, e attore di parti secondarie in film dei primordi. Insomma, artista versatile, esperto perfino di botanica e ornitologia.

Scriveva anche rime poetiche.
Aveva penna disinvolta e sagace: un “giocoliere verbale” lo hanno definito. Nelle sue acrobazie scrittorie – sintassi briosa, lessico fantasioso, giochi di parole, doppi sensi, citazioni colte – rientra anche la scrittura in versi, anzi ne è l’apoteosi. Un poetare che discende dalle rime improvvisate con gli amici: nei risultati più meditati si rivela il carattere dell’uomo, fra esuberanze incontenibili e malinconie al limite del mal di vivere.

Come lo hanno ricordato i teatri italiani?
È arduo dare risalto a un autore che ha prodotto un numero tutto sommato limitato di opere, già onnipresenti nei teatri del mondo. Le scelte si sono quindi distribuite fra titoli un po’ trascurati (come La rondine ripresa alla Scala) e cicli pressoché integrali dei melodrammi, come la serie in corso al Teatro Regio di Torino.

Quali sono le difficoltà del Puccini in teatro?
Il problema maggiore sta in un equilibrio difficilissimo: da un lato, le scenografie e la gestualità proposte da libretti e partiture, parte integrante dell’invenzione; dall’altro, gli allestimenti scenici e le scelte registiche odierne. Una Bohème ambientata nel nulla della stazione spaziale internazionale, o il popolo di Pechino prono alla volontà di una Turandot dittatoriale, forniscono sollecitazioni interessanti ma difficili da ricondurre all’idea dell’autore.

Butterfly è vittima negli Stati Uniti del politically correct.
La si taccia di opera imperialista, infarcita di presunta musica fascista. Si pretende di ribattezzare i ministri della Turandot eliminando i loro nomignoli buffi e irrispettosi (Ping, Pang e Pong, ndr). Sono anacronismi che trasferiscono esigenze del nostro tempo a rappresentazioni culturali e forme linguistiche di altri periodi storici. È il sintomo di una tendenza perniciosa: fermarsi a singole parole o locuzioni, a scapito della comprensione della totalità. In realtà, in Madama Butterfly, la condanna senza appello cade sul prevaricatore statunitense, non sulla vittima giapponese.

È stato istituito nel 2022 un Comitato promotore delle celebrazioni pucciniane.
Sulla carta, il Comitato, che riunisce i soggetti più titolati, ha avuto a disposizione possibilità e risorse cospicue. A conti quasi fatti, non ha prodotto un progetto globale e ha distribuito le risorse in decine e decine di iniziative non sempre adeguate agli obiettivi celebrativi. Queste si sono concentrate soprattutto fra Lucca, Viareggio e dintorni (ne ha beneficiato anche il Giro d’Italia). L’unico progetto proprio – chiamare nei luoghi pucciniani cantanti, orchestre, direttori di rango internazionale – ha partorito una serie di concerti fotocopia a base di arie e duetti noti. Un’occasione persa.

Lei fa parte del Centro studi Puccini di Lucca fin dalla fondazione. Quali compiti ha il Centro?
Quelli tipici degli enti di ricerca analoghi. Raccoglie e studia documenti, organizza convegni e seminari, pubblica una propria collana editoriale e un periodico intitolato Studi pucciniani, collabora con università ed enti di ricerca, promuove un premio per giovani studiosi al fine di incrementare e rinnovare le indagini su Puccini. Di recente ha intrapreso l’aggiornamento del catalogo delle opere, resosi necessario per l’incremento consistente di titoli recuperati. Nel 2024 ha sperimentato anche un intenso programma di divulgazione con teatri e associazioni: un’esperienza da ripetere.

Nel 2024 ci sono state manifestazioni d’impatto, oltre quelle teatrali?
Quelle davvero interessanti non sono state molte. È mancato lo stimolo a oltrepassare i luoghi comuni (quanti spettacoli su Puccini e le donne!) e a trarre ispirazione da quanto oggi offre la ricerca musicologica: si sarebbe potuto divulgare un profilo meno oleografico del grande compositore. Credo che, fra tutte, la realizzazione di maggiore impatto sia stata la mostra su Puccini fotografo, promossa dalla Fondazione Ragghianti di Lucca. Per la prima volta si è vista una selezione delle fotografie da lui scattate: l’iniziativa ha suscitato così tanto interesse da girare anche fuori d’Italia.

Ci sono stati anche convegni importanti.
A parte i simposi d’obbligo fra musicologi, e il convegno promosso dal ministero della Cultura, va menzionato quello indetto dall’Università di Siena e dal Centro studi Puccini. Storici della lingua, studiosi dei libretti e di letteratura, musicologi si sono concentrati sul Puccini “letterato”: una vera rivalsa per un musicista un tempo escluso dalle sfere alte della cultura.

E l’editoria?
Quella generalista è stata piuttosto timida, ondeggiando fra l’aneddotica e le ristampe di vecchie monografie. Quella specializzata ha continuato a sfornare i prodotti della ricerca. Per dire, l’Edizione Nazionale delle Opere ha pubblicato un volume con le composizioni per pianoforte, molte inedite, e una nuova edizione della prima composizione sinfonica, il Preludio a orchestra del Puccini diciottenne. Lo aveva diretto per primo Riccardo Muti nel 1999; mancava però un foglio nel manoscritto. Ora il Preludio è stato ripreso, completo, nel Teatro Aalto di Essen.

Puccini non è solo un operista, ha scritto anche altra musica.
Per organo, sacra per voci e orchestra, liriche, da camera e sinfonica. Potrebbe essere una base per far luce, anche a livello esecutivo, su generi e questioni poco considerate della musica italiana fra Otto e Novecento.

Puccini è un intellettuale, vero? Non solo caccia, gioco e donne…
Coltivava interessi culturali, senza darlo a vedere. Intervistato nel centenario di Verdi, esprimeva tutta la sua ammirazione per il maestro che aveva saputo tradurre in musica Shakespeare. C’era un sottinteso ovvio: per un musicista dopo Verdi, la cultura letteraria era una necessità imprescindibile.

Cosa ci rimarrà di quest’anno?
La collaborazione finalmente intessuta fra enti della galassia pucciniana. È un seme destinato a fruttificare. Le radici stanno nell’archivio personale che lo stesso Puccini ha selezionato e ordinato, conservato a Torre del Lago. Il figlio Antonio lo aveva gestito come luogo chiuso, da cui trarre i documenti per allestire l’immagine ufficiale e semplificata del genitore. La Fondazione Simonetta Puccini lo ha aperto, ne ha fatto la sorgente principale dell’immagine complessa del Puccini del nostro tempo.

Resta ancora parecchio da scoprire, dunque…
Eh sì, Puccini non ha ancora finito di meravigliarci.

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