“I medici dicevano che ero stressato per il matrimonio, invece avevo un cancro al colon al quarto stadio grande quanto un’arancia”: la storia di Ashley e l’analisi dell’esperto

  • Postato il 17 marzo 2025
  • Salute
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Può un tumore al colon essere scambiato per stress da preparativi di matrimonio? La storia di Ashley Robinson, 35enne dello Hertfordshire, in Inghilterra, dimostra che succede. I sintomi iniziali accusati dall’uomo, compresi dolori addominali e sanguinamento, erano stati attribuiti dai medici stessi al periodo particolarmente concitato che stava vivendo. Solo in un secondo momento la scoperta di un cancro al colon al quarto stadio “grande quanto un’arancia”. Ilfattoquotidiano.it ha raggiunto il professor Pierpaolo Sileri, Direttore dell’Unità di Chirurgia Colorettale dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e professore ordinario di Chirurgia generale all’Università Vita-Salute San Raffaele, per parlare di questa patologia e capire quando è il caso di preoccuparsi e non sottovalutare eventuali campanelli d’allarme.

Che tipo di cancro è quello al colon?
È uno dei 3 tumori più frequenti nei paesi occidentali. In Italia colpisce poco meno di 50mila persone all’anno e compare in età mediamente avanzata, sopra i 60-65 anni, anche se da alcuni anni osserviamo un lieve ma significativo aumento in soggetti più giovani. Nella maggioranza dei casi viene definito sporadico perché interessa individui che non hanno sindromi particolari che fanno sviluppare il tumore; altre volte c’è un’ereditarietà e si associa a patologie come malattie infiammatorie croniche intestinali di lunga data. È un tumore dalla biologia relativamente lenta, quindi se preso nelle fasi molto iniziali si garantisce la guarigione.

Colpisce più alcune tipologie di soggetti rispetto ad altre?
Sicuramente il consumo di cibi raffinati, e di carni rosse o processate, l’assunzione di poche fibre in aggiunta ad altre sostanze come il fumo di sigaretta e l’abuso di alcolici aumentano le chance di avere un tumore del colon. Poi ci sono persone che soffrono di determinate patologie, come la Rettocolite ulcerosa o il Morbo di Crohn, che accentuano il rischio di sviluppare un tumore, così come la familiarità con soggetti che lo hanno avuto.

Nella storia raccontata dal DailyMail i sintomi erano stati attribuiti anche dai medici allo stress per il matrimonio. È possibile farsi ingannare così?
È un tumore molto subdolo, dipende da dove cresce – perché il colon è molto lungo –, dalla grandezza e da altre comorbidità del paziente che possono in qualche maniera velarne l’esistenza. Soprattutto nelle forme iniziali i sintomi possono essere sovrapponibili a quelli del colon irritabile, molto diffuso nella popolazione. Specialmente quando si ha davanti un soggetto molto giovane, nel quale non ci si aspetta una neoplasia, o non c’è una storia clinica di una malattia infiammatoria cronica intestinale è chiaro che i sintomi possono ingannare.

Quali sono i campanelli d’allarme?
Se c’è sanguinamento dal retto non fermarsi a una semplice patologia emorroidaria, che è sì molto frequente ma non può escludere qualcos’altro, oppure dolori addominali che prima non c’erano, soprattutto se associati alle abitudini intestinali: una persona che è sempre stata stitica e che improvvisamente non lo è più senza che abbia cambiato il proprio stile di vita, o viceversa un individuo regolare che diventa stitico. Ancora, se si hanno familiari con diagnosi di cancro di colon è bene investigare – nell’età appropriata e senza fretta né paura – parlando con il medico curante e chiedendo se sia il caso di fare un esame endoscopico. Un’altra cosa importante, proprio perché i sintomi possono essere scarni soprattutto all’inizio, è seguire lo screening del cancro del colon e del retto: in Italia è molto efficace e prevede il test del sangue occulto fecale a partire dai 50 anni ogni due anni.

Quando invece è il caso di fare una colonscopia?
Dopo i 50 anni, se il sangue occulto fecale diviene positivo, in assenza di altri sintomi si fa la colonscopia. Si può eseguire anche indipendentemente dal sangue occulto fecale e dall’età se il gastroenterologo o il proprio medico curante ravvisa dei criteri di possibile patologia del colon-retto.

Ci sono resistenze da parte delle persone a sottoporsi ai controlli?
Qualcuno mi dice: “Io sono sempre stato bene, perché devo fare lo screening?”. I pazienti andrebbero sensibilizzati un po’ di più sul fatto che il tumore non necessariamente si vede, e poi penso che molti abbiano paura della colonscopia, di fare la preparazione, del rischio di perforazione e dell’esito.

Sono timori fondati?
La preparazione è la cosa più fastidiosa senza ombra di dubbio, mentre il rischio di perforazione è estremamente basso: la colonscopia diagnostica è un esame veramente sicuro, e non bisogna aver paura di farlo perché se viene trovato qualcosa, molto spesso si tratta di un polipo che può essere rimosso nella stessa seduta o in una successiva se è più grande. Se invece si trova qualcosa di più serio si entra in un iter che garantisce la vita a 5 anni in oltre i due terzi dei pazienti. Il tumore del colon è aggredibile, si guarisce e, dato importante, negli ultimi 5-10 anni la mortalità del cancro del colon si è abbassata del 10%.

Quali sono le cure disponibili per chi riceve una diagnosi di tumore al colon?
Quando è molto piccolo spesso si riesce a intervenire per via endoscopica o con la chirurgia: si rimuove il pezzo con il tumore, se ne controlla lo stadio e se è molto localizzato, superficiale finisce lì, non serve altro. Se è un po’ più avanzato si procede con una terapia che si decide con gli oncologi: la chemioterapia, e se è un tumore del retto entra in gioco anche la radioterapia, spesso prima dell’intervento. A volte con la radio e la chemio il tumore si riduce in maniera significativa, a volte può addirittura scomparire. Oggi abbiamo a disposizione anche l’immunoterapia, ovvero terapie che agiscono direttamente sulle cellule tumorali o aiutano il nostro corpo ad accentuare l’attacco nei confronti delle stesse.

Nella storia riportata dal Daily si cita proprio l’immunoterapia che in quel caso ha ridotto del 90% il tumore.
Non tutti i tumori sono meritevoli di immunoterapia, ma oggi se ne fa un profilo genetico per capire se risponderà o meno a quella terapia. L’immunoterapia sta rivoluzionando l’aggressione ai tumori non solo per il colon. Pensiamo al melanoma: fino ad alcuni anni fa il melanoma metastatico non dava speranza al paziente, oggi le cose sono cambiate. È la nuova frontiera della medicina personalizzata contro i tumori: si disegna una terapia sulla base genetica della neoplasia che il soggetto ha.

A parte lo screening di cui parlava prima, che tipo di prevenzione si può fare?
La prevenzione con un corretto stile di vita è fondamentale. Se sappiamo che il rischio di tumore del colon-retto aumenta in chi fuma, beve, in chi è obeso, mangia carni rosse e poca frutta e verdura la soluzione sarà limitare il consumo di carni rosse, fare attività fisica e sarebbe meglio non fumare. Come prevenzione secondaria, invece, affidarsi allo screening e al medico curante se ci sono dei sintomi particolari.

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Il Fatto Quotidiano

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