I maghi delle cripto alla conquista della Juve: la scalata di Tether alla Vecchia Signora
- Postato il 12 luglio 2025
- Di Panorama
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Scalare la Juventus degli Agnelli Elkann con i soldi degli africani. Giancarlo Devasini e Paolo Ardoino, maghi delle criptovalute e inventori di Tether, sono destinati a entrare nella storia della finanza solidale. Anche se dalla porta della cucina. La loro stablecoin, una moneta digitale agganciata al dollaro Usa, vanta oltre 400 milioni di utenti e ha una capitalizzazione di mercato di 135 miliardi di euro. I detentori di Tether sono individui e Stati in via di sviluppo, come la Nigeria e i suoi 227 milioni di abitanti, che le banche tradizionali hanno dimenticato e ai quali questa coppia di italiani offre l’accesso al tempio del Capitale: il biglietto verde. A febbraio, sono spuntati con il 5 per cento nella squadra di calcio più blasonata d’Italia e si sono messi, dicono loro, a disposizione della società che amano teneramente fin da bambini. La prima risposta di John Elkann è stata una porta in faccia: «Non vendiamo». Loro hanno continuato a rastrellare azioni in Borsa e due mesi dopo erano già saliti al 10. Lamentandosi: «Vogliamo cacciare il grano ma non ce lo permettono», ha spiegato il frontman Ardoino ai tifosi. Sarà una guerra di trincea, perché i maghi della cripto non demordono e stanno cercando anche sponde a Roma, nel governo. Che cosa vogliono ottenere? Il bersaglio grosso è spingere Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti a non appoggiare l’euro digitale. E al ministro dell’Economia, intanto, Tether chiede di rivedere le restrizioni sulle criptovalute.
In Piemonte, in pochi conoscono il silenzioso Devasini (61 anni), torinese ma casalese d’adozione, ex chirurgo estetico, e il suo socio Paalo Ardoino (41), savonese, tecnico informatico. Però adesso figurano tra gli italiani più ricchi. Secondo Forbes, infatti, il patrimonio di Devasini sarebbe di 9,2 miliardi di dollari (quarta persona più ricca d’Italia), mentre quello dell’amministratore delegato Ardoino è di 3,9 miliardi. Da quando è uscita questa classifica, sono pieni di nuovi amici. Tether nasce nel 2012 grazie all’intuizione di Devasini, che crea un’infrastruttura tecnologica per lo scambio di valute digitali e una stablecoin, ovvero una moneta agganciata al valore del dollaro per limitare le fluttuazioni delle cripto più garibaldine. Da un paio d’anni la società ha sede nel Salvador e ha un’importante base operativa a Lugano, dove Tether è accettato in moltissimi negozi, e ha solidi rapporti con banche svizzere, oltre che con quelle del Far East. Avere come controparte delle banche tradizionali elvetiche significa aver depositato delle garanzie vere ed essere sottoposti a una qualche forma di vigilanza, seppure indiretta. Tether però si ostina a non presentare bilanci. Inoltre, non è più acquistabile sulle piattaforme europee perché non è in regola con la normativa Micar, che impone di conservare il 60 per cento delle riserve presso banche Ue. Tether punta ai soggetti “non bancabili”, intesi come singoli risparmiatori, investitori o intere nazioni in via di sviluppo, magari in default, o in grave crisi. Si tratta di circa tre miliardi di persone alle quali Devasini e soci offrono servizi rapidi ed efficienti, come le rimesse e i trasferimenti di denaro, e con il suo ancoraggio al dollaro diventa anche uno scudo rispetto a ciò che davvero terrorizza gli abitanti dei Paesi africani (dove ha il 70 per cento di quota di mercato): l’inflazione galoppante.
In più, questi soldi stanno fisicamente in un posto assai comodo: il telefonino. Utenti africani, sudamericani o dell’Estremo oriente consegnano dollari in cambio di un token coniato dall’azienda stessa, chiamato Usdt. Tether a sua volta detiene garanzie collaterali, sotto forma di buoni del Tesoro Usa, fondi comuni, bitcoin o prestiti garantiti. Su questa specie di riserva guadagna i normali rendimenti di mercato.Molto prima di scoprire l’oro con le cripto, Devasini ha avuto un inciampo nel dicembre 1996, quando patteggiò una piccola condanna per traffico di materiale informatico soggetto a licenza e versò 100 milioni di lire a Microsoft. Non senza aver firmato un pubblico proclama contro la pirateria informatica.
Oggi Tether afferma di macinare utili per 10 miliardi l’anno. Ardoino e Devasini ritengono di poter dare una mano agli Usa a rafforzare il dollaro nel mondo. Per farlo, però, bisogna scrollarsi di dosso l’immagine di soggetti finanziari poco trasparenti e che favoriscono l’evasione. In questo senso, agli occhi di un regolatore statunitense, essere basati in Salvador ed essere così forti in Nigeria, Libano e Argentina, può creare qualche incomprensione. L’ambiguità di Tether risiede nel fatto che da un lato è moneta alternativa, quasi venerata da milioni di persone che la difendono dalle critiche come una setta. Dall’altro, è un oggettivo rafforzamento dell’egemonia del dollaro. Forse, il modo migliore per capire come si stanno comportando alcuni governi è guardare a certi esploratori del Cinquecento: alcuni erano difficilmente distinguibili dai pirati, ma avevano un sovrano dietro, curioso di vedere dove andavano a parare (e se ci si poteva guadagnare). Un esempio di ambiguità? Da qualche mese, Lugano ha stretto un accordo con Tether e Bitcoin per il pagamento dei tributi locali. Il che dovrebbe far riflettere gli adepti della cripto salvadoregna, convinti di avere in tasca una valuta “antisistema”. Chi ha studiato bene le stablecoin è Fabio Panetta. Il governatore della Banca d’Italia, nonché ex membro del board Bce e padre putativo dell’euro digitale, mette in guardia da anni sui rischi. Lo scorso 31 maggio, Panetta, tra le righe, ha ridato l’allarme: «Se grandi piattaforme tecnologiche estere decidessero di promuoverne l’uso nei pagamenti tra i propri clienti, i mezzi di pagamento tradizionali utilizzati a livello nazionale come banconote e carte potrebbero essere spiazzati, con effetti negativi sulla sovranità monetaria, sulla tutela dei dati personali e sullo svolgimento dell’attività creditizia». Anche per questo il governatore spinge sull’adozione dell’euro digitale entro il 2030.La risposta informale dal mondo Tether, riferita da uno dei suoi manager, è quasi sprezzante: «Aspettiamo con impazienza l’euro digitale. Lo batteremo perché in pochi lo sceglieranno liberamente».
Intanto, Devasini e Ardoino stanno investendo i guadagni in giro per il mondo in ogni genere di società e settore old style, agricoltura compresa. Così non deve stupire che adesso abbiamo anche la passione del calcio, dove promettono di riportare alla Juve Alex Del Piero e Zinedine Zidane. Di sicuro, la parabola di Tether non ha nulla di particolarmente rivoluzionario. Si parte dai computer e dall’innovazione tecnologica e si finisce a rilevare tenute agricole e a infognarsi con procuratori e calciatori. «Vendi cose nuove che non si toccano e investi i profitti in cose vecchie che si toccano», potrebbe essere questo il motto degli ultimi maghi digitali.