I Giochi del Mediterraneo di Taranto rischiano di saltare per la guerra sui contratti: il Comitato internazionale convoca d’urgenza il governo
- Postato il 1 ottobre 2025
- Sport
- Di Il Fatto Quotidiano
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Siamo arrivati al punto di non ritorno: mercoledì 8 ottobre il Comitato internazionale dei Giochi del Mediterraneo (CIGM) ha convocato d’urgenza il governo e le altre istituzioni italiane a Roma. Sul tavolo ci sarà l’organizzazione di Taranto 2026: l’evento, che dovrebbe – a questo punto il condizionale è d’obbligo – svolgersi in Puglia la prossima estate non è mai stato così a rischio. Il Fatto aveva già raccontato la frattura creatasi fra il Comitato italiano presieduto da Massimo Ferrarese e quello internazionale, diretto da Davide Tizzano. Sembravano le classiche schermaglie, minacce di circostanza a cui non dare troppo credito, perché far saltare tutto a pochi mesi dall’inizio sarebbe una sciagura. Parliamo di una manifestazione per cui lo Stato ha già speso oltre 300 milioni di euro, fra infrastrutture ed evento. Invece la situazione è precipitata.
Domenica 21 settembre i vertici internazionali hanno disertato la cerimonia per il lancio del countdown dall’inaugurazione: un segnale chiaro che per loro l’evento non è affatto scontato, e lo hanno chiarito anche per iscritto. In una lettera riservata, inviata al presidente del Coni, Luciano Buonfiglio, al sindaco di Taranto, Piero Bitetti e al ministro dello Sport, Andrea Abodi, che Il Fatto ha potuto visionare. Nel documento ufficiale, con toni molto duri, si parla di “ritardi significativi”, “mancanza di costante e costruttiva collaborazione” e “fallimento nel rispettare tutte le scadenze concordate”. Un quadro grave che – a detta del CIGM – “sta seriamente mettendo a rischio l’organizzazione e lo svolgimento dei Giochi di Taranto”. Tanto da pretendere una riunione d’urgenza, a Roma.
L’oggetto principale del contendere è sempre la sottoscrizione di alcuni contratti relativi a servizi di logistica fondamentali per lo svolgimento dei Giochi, come ad esempio timing e scoring (i cronometri che segnano tempo e punteggio delle gare), oppure il broadcasting, la produzione televisiva degli eventi. Per tutte queste attività, il Comitato internazionale ha dei fornitori ufficiali, che spesso sono anche suoi sponsor, di cui caldeggia vivamente (per usare un eufemismo) l’impiego. L’Italia aveva firmato un contratto in cui si impegnava a farlo, salvo poi fermare tutto quando le aziende hanno presentato il conto. A quanto risulta al Fatto, si parla in totale di una cifra superiore ai 10 milioni di euro: la commessa più grossa per i servizi di informatica e cybersecurity è con l’azienda MicroPlus (che curiosamente compare pure nell’intestazione della lettera firmata dal CIGM).
Il nostro Comitato pone un tema di forma e di sostanza: non compra a scatola chiusa, né può o vuole firmare contratti così rilevanti in deroga alle procedure previste dalla normativa nazionale. Su questo la posizione del Comitato presieduto da Ferrarese (che è anche il commissario alle opere) è pienamente sostenuta dai due ministri competenti, Abodi (Sport) e Foti (Affari Europei e Sud, quest’ultimo ancor più intransigente del primo). Per il Comitato internazionale, però, l’utilizzo di determinati fornitori e il rispetto degli standard viene prima di tutto. Siccome mancano poco più di dieci mesi al via e senza cronometri e punteggi, segnali televisivi e antidoping non si fanno le gare, su questo davvero sta saltando il banco.
L’incontro dell’8 ottobre a Roma, nel Salone d’onore del Coni (ospitalità che ha fatto storcere il naso al governo, dove cominciano a pensare che al Foro Italico qualcuno stia facendo il doppio gioco), sarà decisivo. I vertici internazionali si aspettano risposte immediate, a partire dalla sottoscrizione dei servizi. Comitato e governo italiano lavorano ad una soluzione per venire incontro alla richiesta: se non una vera e propria gara pubblica (di cui ad Atene non vogliono sentir parlare), almeno una procedura accelerata che permetta di verificare gli importi ed arrivare comunque alla firma dei contratti in piena legittimità. Non è detto che basti. Il sospetto è che il CIGM, alzando la posta e adducendo il rapporto ormai compromesso, ponga come ulteriore condizione l’azzeramento del Comitato italiano, per avere una figura di sua fiducia a capo della manifestazione. Pretesa che però il governo farebbe fatica a mandar giù, perché significherebbe smentire se stesso, far decidere ad altri chi dovrà gestire i milioni pubblici stanziati dall’Italia.
Dall’incontro dipende il futuro dei Giochi del Mediterraneo di Taranto. La data cerchiata in rosso sul calendario non è solo quella dell’8 ottobre, ma soprattutto quella del 28 novembre, quando ad Atene si riunirà l’assemblea generale del CIGM: in quella sede, il n.1 Tizzano relazionerà sulla situazione e, in caso di mancati passi avanti, i Paesi membri saranno chiamati a esprimersi. Difficile, se non impossibile, un ulteriore rinvio, che pure era stato ventilato negli ultimi giorni a Taranto dagli enti locali: nel 2027 sono già in calendario i Mediterranean Beach Games in Portogallo. Impraticabile invece lo spostamento, nessuno in Italia o altrove potrebbe farsi carico dell’evento con così poco preavviso. L’unico scenario alternativo è la cancellazione di Taranto 2026, con tanto di causa in tribunale per i danni nei confronti dell’Italia, e una figuraccia per il Meridione. Scenario da incubo, che non conviene a nessuno. Nemmeno al Comitato Internazionale.
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