I dazi fanno crescere il finto Made in Italy del 15%

  • Postato il 6 giugno 2025
  • Di Agi.it
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I dazi fanno crescere il finto Made in Italy del 15%

AGI - I dazi americani faranno crescere negli Usa le imitazioni di cibi e bevande italiani. L'Italian Sounding, ovvero i prodotti agroalimentari che attraverso nomi o immagini evocano il Made in Italy senza essere stati realizzati in Italia, negli Stati Uniti aumenterà fino al 15% per effetto dei dazi e, dagli attuali 7,5 miliardi di euro, raggiungerà gli 8,6 miliardi, quasi 1,1 miliardi di euro in più. Questi dati sono stati illustrati durante la prima giornata della nona edizione del forum Food&Beverage organizzato da Teha a Bormio.

"Oltre 6 miliardi di euro di alimenti e bevande Made in Italy dei 7,8 complessivi esportati negli Usa – ha spiegato Valerio De Molli, managing partner e ceo di Teha – sono prodotti che non hanno alternative sul mercato statunitense e perciò difficilmente sostituibili. Se questo può essere un vantaggio in termini di impatto sulle esportazioni, quando i dazi entreranno in vigore faranno crescere l'Italian Sounding, un mercato che colpisce soprattutto i prodotti non sostituibili e che oggi vale 69 miliardi di euro nel mondo, uno in più rispetto all'export agroalimentare italiano. Ciò significa che riducendo queste imitazioni l'export agroalimentare del nostro Paese potrebbe anche raddoppiare, specie negli Stati Uniti".

I nuovi dazi americani potrebbero generare una riduzione potenziale di 1,3 miliardi di euro di export food italiano, considerando sia lo sforzo di revisione temporanea dei margini da parte delle aziende italiane sia l'elasticità della domanda al consumo. All'interno dell'Ue, il nostro Paese è il più esposto all'effetto dei dazi voluti dal presidente americano, anche perché gli Stati Uniti sono per noi il secondo Paese per esportazioni di cibi e bevande dopo la Germania (10,8 miliardi di euro). Per la Francia il peso dei dazi sarebbe di poco superiore al miliardo di euro (1,1 mld), inferiore per Spagna (0,7 mld) e Germania (0,5 mld). Tuttavia, data l'unicità dell'offerta Made in Italy, la stima realizzata da Teha è di una contrazione effettiva di circa 300 milioni di euro di esportazione agroalimentare.

In Giappone, Brasile e Germania spadroneggia l'Italian Sounding

Sugli scaffali dei supermercati giapponesi e brasiliani più di 7 prodotti agroalimentari su 10 evocano il Made in Italy, ma solo 3 su 10 provengono davvero dall'Italia. Come emerge dall'analisi di Teha per l'incontro finale della Community Food&Beverage a Bormio, in Germania, Regno Unito e Stati Uniti, l'Italian Sounding rappresenta tra il 60 e il 67% dei prodotti tipici italiani. Viaggiano poco sopra il 50% nei Paesi Bassi, in Cina e in Australia, mentre sono poco sotto il 50% le imitazioni dei prodotti italiani venduti nei supermercati di Canada e Francia. I prodotti più contraffatti sono, nell'ordine: ragù, parmigiano e grana, aceto balsamico, pesto, pizza, prosciutto, pasta di grano duro, prosecco, salame, ecc. Le imitazioni sono anche più appetibili dei prodotti italiani originali perché i prezzi sono più bassi, a volte anche fino al 70% in meno come succede negli Usa per l'olio di oliva, piuttosto che per la pasta (-54%), parmigiano e grana (-44%) e salumi (-40%).

Il desiderio del Made in Italy è più forte in Cina, Giappone e Canada

All'estero, i consumatori che ci tengono ad acquistare veri prodotti agroalimentari italiani senza badare al prezzo sono soprattutto cinesi, seguiti da giapponesi, canadesi, tedeschi e australiani. Gli inglesi sono invece quelli che sembrano badare più al prezzo. I prodotti sui quali si cerca soprattutto la reale origine italiana sono specialmente l'olio d'oliva, l'aceto balsamico, il gorgonzola, la pasta di grano duro, il prosecco, ecc. "Da 4 anni Teha – afferma Benedetta Brioschi, partner Teha – elabora il Manifesto per il contrasto all'Italian Sounding, composto da 8 raccomandazioni e una visione Paese. Sin dalla prima edizione abbiamo evidenziato la necessità di ridurre le barriere tariffarie e doganali, una direzione contraria alle attuali politiche protezionistiche in atto. Si potrebbe agire con nuovi accordi di libero scambio tra Unione Europea e Paesi internazionali e lavorando su rapporti bilaterali per le imprese agroalimentari".

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Autore
Agi.it

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