I cervi hanno preso casa in Val Bisagno: la biodiversità dei boschi genovesi e le nuove convivenze

  • Postato il 11 luglio 2025
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  • Di Genova24
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Cervi in Val Bisagno

Genova. Con la loro corporatura robusta e il loro passo deciso e slanciato facilmente si distinguono tra gli ungulati della nostra regione, tornata ad essere per loro terra non solo di passaggio ma anche e soprattutto di stanziamento. Stiamo parlando dei cervi, grandi mammiferi che da qualche tempo sono tornati ad essere protagonisti nei boschi della nostra città.

Dopo gli avvistamenti dei mesi scorsi – una cerbiatta soccorsa e l’incontro con un maschio adulto sulle alture di Molassana, anche le fototrappole di Genova24 hanno immortalato il passaggio di una coppia di cervi all’interno di un bosco di interfaccia, vale a dire in quella fascia di territorio che separa l’area urbana dalla zona silvana che circonda la nostra Genova.

Il passaggio registrato dalle nostre telecamere è stato quasi contemporaneo con un altro avvistamento avvenuto sempre sulle alture di Molassana, dove un maschio adulto è stato nuovamente immortalato, con in bella mostra il suo grande e tipico palco (*). Due testimonianze che – unite agli avvistamenti fatti in questi mesi anche dal team di Fototrapplaggio Liguria – confermano la presenza oramai accertata del cervo in Liguria, e oggi in particolare in Val Bisagno, divenuta in pochi anni un vero e proprio scrigno di biodiversità, con il ritorno del lupo e oggi dei cervi.

La presenza dei cervi in Liguri: un ritorno?

Cervi in Val Bisagno
Foto di Massimiliano Musso

Il cervo, originario di boschi e radure pianeggianti o a basse altitudini, secondo la letteratura scientifica sul tema, dal XVII secolo ha lentamente abbandonato le basse quote, raggiungendo zone montuose per sfuggire alla pressione umana, demografica e venatoria. La specie ha dimostrato un’elevata capacità di adattamento, colonizzando con successo diversi ambienti, dalle brughiere alle foreste di conifere dell’arco alpino. In Italia le popolazione di cervi quasi scomparve del tutto nel XIX secolo, e solo con successive migrazioni dalle aree svizzere iniziarono a tornare in Italia.

Poi arrivarono le reintroduzioni degli anni 60 dello scorso secolo che portarono diverse decine di esemplari e ripopolare Alpi e Appennini. Con l’abbandono delle campagne e il progressivo arretramento umano, la popolazione italiana di cervi nel 2010 contava quasi 60 mila capi, tanto da spingere lo Stato a istituire abbattimenti selettivi.

In Liguria però le reintroduzioni non sono mai avvenute e gli esemplari avvistati in questi mesi probabilmente derivano da migrazioni della specie spinte dalle mutate condizioni dei nostri boschi: arretramento dell’attività umana, possibili cambiamenti climatici, la presenza o lo spostamento di altre specie animali concorrenti e i movimenti dei grandi predatori.

La convivenza con l’uomo

La presenza accertata di questo grande mammifero, quindi, oltre alle tematiche legate all’animale in sé, rilancia gli interrogativi legati alla convivenza dell’uomo con questo rinnovato parco faunistico che di fatto sono diventati i boschi “dietro casa”. “E’ una situazione in qualche modo inedita – osserva l’antropologo Mattia Passani – la presenza dei cervi, se, come sembra, sta diventando stanziale, aggiunge un elemento in più ad tema divenuto non più ignorabile già con il ritorno del lupo. L’arretramento umano ha creato degli spazi che sono stati riempiti dal selvatico, di fatto azzerando la secolare distanza tra umani e animali”.

“La percezione del selvatico da parte degli abitanti della città di Genova è stata oggetto di un profondo cambiamento nel corso degli anni, passando dalla concezione di figure quasi mitologice e lontane, come i lupi e i cervi appunto, a animali concreti, presenti nel quotidiano. Questo cambiamento ha sollevato importanti questioni sulla relazione tra realtà e immaginario, così come sulla costruzione di significati e simboli culturali legati alla natura e agli animali selvatici”. Oltre, chiaramente “al lato più pratico della questione, vale a dire la gestione di questa vicinanza”.

Di per sé il ritorno di questi animali potrebbe essere considerata una notizia “neutra”, frutto del lavoro di “vasi comunicanti: dove la presenza umana arretra, la presenza selvatica avanza. E viceversa. Ma la biodiversità che i territorio limitrofi all’area urbana di Genova, in particolare in Val Bisagno, hanno anche una valenza che può essere considerata positiva? “Bisogna iniziare a lavorare sulla questione culturale – osserva Passani – è evidente che il rapporto uomo-selvatico non può seguire gli schemi dei secoli scorsi, ma neanche quelli dei nostri nonni, quando di fatto i boschi e le campagne erano terreno di competizione per la sopravvivenza tra noi e gli animali. Sopravvivenza, sottolineo, quella vera. Oggi serve uno scatto culturale nella logica della convivenza e della coabitazione. Che non significa lassismo e mitizzazione del selvatico. Serve uno sforzo collettivo per lavorare sulla prevenzione del conflitto tra uomo e animale, ma soprattutto lavorare sulla consapevolezza di quello che ci circonda: studio, una rinnovata coscienza, divulgazione. E rispetto”.

 

*  – La foto del cervo in questione è di Massimiliano Musso

Autore
Genova24

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