I cecchini del popolo Eletto da Dio (o dal Diavolo)
- Postato il 17 settembre 2025
- Editoriale
- Di Paese Italia Press
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17 set. 2025 – “Quella è stata la mia prima eliminazione”. Non è la frase di un sicario del cartello di Sinaloa, né l’esultanza scomposta di un gamer con il joypad in mano. È la confessione candida — quasi nostalgica — di Daniel Raab, ex cestista universitario dell’Illinois, oggi cecchino dell’IDF, l’esercito “più morale del mondo”, come amano ripetere a Tel Aviv con la stessa convinzione con cui noi ripetiamo che la Serie A è il campionato più bello del mondo.
Raab si rivede nel filmato come noi ci rivediamo nei replay di Sky Sport: un diciannovenne palestinese cade stecchito mentre tenta di trascinare via il corpo del fratello. Lui commenta: “È difficile per me capire perché l’ho fatto e non mi interessa molto”. Ecco la liturgia della nuova umanità israeliana in divisa: uccidere non per difendersi, ma per stroncare un gesto d’amore fraterno. L’empatia? Una bestemmia che rovinerebbe la festa.
Il Guardian e altri giornali hanno impiegato cinque mesi tra cartelle cliniche, certificati di morte e testimonianze per ricostruire quello che a Gaza è diventato schema, non eccezione: famiglie cancellate a colpi di mirino, ragazzi falciati come birilli, con cecchini americani, tedeschi, occidentali riciclati in Rambo a ore. Il 22 novembre la famiglia Doghmosh ha contato quattro morti e due feriti. Non un errore, non un colpo impazzito. Una routine da manuale. Target preferito? Maschi tra i 18 e i 40 anni, disarmati, rei di respirare.
In un mondo appena decente, Raab e soci finirebbero davanti a un tribunale penale internazionale. Ma noi viviamo in quello rovesciato: i carnefici sono “difensori della democrazia”, le vittime “danni collaterali”. Chi documenta i crimini — vedi Francesca Albanese all’ONU — viene bollato come “antisemita”. Chi osa indignarsi è un “complottista”. Chi resta in silenzio, invece, è promosso a “moderato”.
Non è la prima volta che la storia si scrive al contrario: i macellai diventano statisti, i resistenti terroristi, i morti colpevoli. È già successo in Algeria con i francesi, in Kenya con gli inglesi, in Vietnam con gli americani. Cambiano i teatri, resta identico il copione: sempre un esercito “civilizzato” che trasforma la carne umana in punteggio.
Il paradosso è che oggi un cecchino può raccontare la sua “prima eliminazione” come fosse il primo bacio, e noi qui continuiamo a vendere armi a chi pratica il tiro al piccione con esseri umani. E poi ci raccontiamo che no, Orwell era solo un romanziere. Raab non si chiede cosa avesse di così prezioso quel cadavere. Noi, invece, dovremmo chiederci cosa ha di così prezioso il nostro silenzio. Perché è proprio quel silenzio che trasforma un ex cestista di Chicago in boia, un esercito in associazione a delinquere, e noi in complici morali.
E così la verità resta lì, sotto i nostri occhi: l’Occidente predica diritti umani e finanzia chi li sotterra, s’indigna per l’Iran che impicca e applaude Israele che spara. Il boia che piange sulla vittima che ha appena sgozzato. E intanto, mentre i Cecchini di Dio fanno pratica coi diciannovenni disarmati, noi — Europa, Stati Uniti, spettatori a pagamento — restiamo lì, con il telecomando in mano, a guardare il sangue sullo schermo. Non per fermarlo, ma per non perdere la diretta.
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