I 10 migliori padiglioni alla Biennale Architettura 2025 di Venezia

  • Postato il 9 maggio 2025
  • Architettura
  • Di Artribune
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Qualche volta per essere ricordati o, per lo meno, per essere compresi non c’è bisogno di affondi enciclopedici o di numeri da capogiro. A dimostrarlo è una quota rilevante delle partecipazioni nazionali alla Biennale Architettura 2025, che spesso contando su un’unica – chiarissima, mai banale – traiettoria tematica, riescono a restituire gli esiti di ricerche in corso da mesi, se non addirittura anni, con set-up efficaci e pienamente “esperibili”. Nella complessiva esperienza di visita della 19. Mostra Internazionale di Venezia, segnata da un discreto sforzo in termini di resistenza fisica e mentale, quest’anno i 66 stati partecipanti concedono ai visitatori alcune soddisfazioni, tra impegno, militanza, stimoli sensoriali e… tanta terra. Accanto a quello che potremmo definire come il “trend cantieri aperti”, variamente modulato tra Francia, Danimarca e l’ormai sventrato e irriconoscibile Padiglione Centrale, si innesta l’ascesa dell’elemento terra: minacciata, corrotta, decomposta o integra, è presente in zolle, maxi blocchi, mattoni che formano torri per evocare l’architettura marocchina, o come essenziale supporto per gli immancabili alberi e per gli esemplari di pomodori da coltivare in serre sperimentali. Ma la terra è anche sinonimo di contesa, un patrimonio da difendere, come ricorda la Lettonia, che può essere invasa e devastata dai conflitti. Di ecocidio e memoria racconta quindi il Padiglione Libano, che denuncia il (forse) irrecuperabile degrado ambientale del proprio territorio. Almeno in dieci stati si distinguono: ecco i padiglioni ci hanno convinto di più alla Biennale Architettura 2025.

Danimarca – il padiglione che ricostruisce se stesso

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biennale giardini danimarca ph irene fanizza

Ci pensa la Danimarca a risollevare dalla delusione gli umarell che, varcando la soglia dei Giardini, speravano di saperne di più sul futuro aspetto architettonico del Padiglione Centrale, completamente occultato dal ponteggio e dalla maxi infografica autoreferenziale sulla Biennale. Sotto gli occhi di custodi con gilet ad alta visibilità, va in scena il (necessario) recupero dell’edificio risalente agli Anni Cinquanta, adottando un approccio che rivaluta l’esistente: “Ogni elemento costruito all’interno del padiglione è realizzato con materiali reperiti in loco durante la ristrutturazione”, rivendica il curatore.

Paesi Bassi – un vero bar sport del futuro (speriamo)

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Il gioco è sempre una cosa seria. Lo ricorda pure il Padiglione Paesi Bassi, che si trasforma in bar sport e tra un “tavolo da calcetto fluido” e campi da gioco riconfigurati indaga come l’architettura, per rispondere alle regole sportive, finisca per generare spazi sia escludenti sia comunitari. La sciarpa da vero tifoso è già un gadget cult (anche grazie al freddo dei primi giorni di opening).

Polonia – odiati e amati estintori

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Contornato da conchiglie e sassolini, l’estintore nella nicchia del Padiglione Polonia è forse uno dei soggetti più fotografati ai Giardini: un’imprevedibile celebrazione di uno strumento ormai previsto ovunque dalle normative di sicurezza. Quest’ultimo tema è trattato dalla Polonia senza la consueta rigida serietà, in un percorso intervallato da alcune brillanti rielaborazioni di credenze e riti ancora sentiti e diffusi nel Paese.

Giappone – in dialogo proficuo con l’intelligenza artificiale

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Dimenticate i silenzi degli spazi pubblici giapponesi e la sobrietà poetica della sua architettura: nel Padiglione Giappone, alcune componenti della struttura (incluso l’albero interno) rompono il mutismo e prendono la parola per dialogare con cinque persone. Quello in corso è un esperimento umano-non umano, che apre il campo a nuovi modi di considerare l’intelligenza artificiale.

Ungheria – evviva gli architetti che non fanno più gli architetti

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“NO is more” è il motto, riprodotto a caratteri cubitali, sulla facciata interna del Padiglione Ungheria, che provocatoriamente punta a ispirare i visitatori con le storie di successo di persone che, formatesi sì in architettura, sono divenute un riferimento prendendo le distanze dalla professione. Il tutto tra scrivanie in cui manichini di colore rosso sembrano all’apparenza intenti a disegnare al pc. Le intelligenze architettoniche usate altrove.

Kosovo – il Paese che sta cambiando la sua agricoltura a causa della crisi climatica

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Ci sono “architetture da ascoltare”, come nei padiglioni Lussemburgo e Irlanda, e territori (in trasformazione) da annusare. È quanto avviene con il progetto del Kosovo, che punta sul peculiare potere dell’olfatto di far riaffiorare memorie individuali e collettive. Al di sopra di un pavimento ricoperto con terra proveniente da due pianure del Kosovo, un sistema di diffusori di profumi. Ciascuno odore “funge da nodo temporale in un assemblaggio ritmico di cambiamento”, che vuole porre in evidenza le metamorfosi rurali in corso nel Paese. Tra raccolti che scompaiono, fioriture ritardate e colture emergenti.

Messico – anche il Messico ha le sue barene

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Semi alla mano per contribuire all’esperimento in corso nel Padiglione Messico, dominato da una chinampa vivente, ovvero un ancestrale sistema agricolo, tipico dei laghi poco profondi, formato da massi di terra, fango e sedimenti. Con una versione omologa destinata a galleggiare nella Laguna di Venezia (che anche lei ha le sue chinampe: le barene), il progetto (analogamente a quello degli Emirati Arabi Uniti) affronta la questione della produzione agroalimentare in una fase di vulnerabilità climatica come quella attuale.

Macedonia del Nord – tutto il brutalismo da vedere a Skopje

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Macedonia del Nord Foto via Biennale 2025

Skopje, 1963: un terremoto di magnitudine 6,1 pone fine a migliaia di vite, causando ingenti danni. Il percorso di ricostruzione, di matrice brutalista, cambia il volto della capitale, ridisegnandone l’identità e influenzando anche le successive generazioni di progettisti del Paese. “Brutalissimo” e monocromatico, il padiglione si lascia attraversare da una sorta di “strada concettuale della conoscenza”, in cui selezionati dieci progetti si fronteggiano e “scambiano” informazioni.

Cipro – un padiglione dedicato ai muretti a secco

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(to the stones) we lent you our breath and you whispered it back to the earth, 2025 @ Cyprus Pavilion. Photo Demetris Loutsios

Cosa c’è di più intelligente di un muro a secco? Semplice, economico, risolutivo, riciclabile in qualsiasi momento. Costruire con le pietre a secco è un’autentica arte e dopo aver visitato le varie tappe del Padiglione Cipro (con le geniali illustrazioni a mano alle pareti) ne sarete pienamente convinti

Bahrain – abbiamo bisogno di produrre frescura

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biennale arsenale bahrain ph irene fanizza

In un’involontaria risposta al caldo umido della prima sala della Mostra Internazionale di Carlo Ratti, il Regno contrappone la versione in scala 1:1 di un sistema a basso costo per il raffrescamento passivo. Un metodo basato sulla circolazione diretta dell’aria nel sottosuolo, considerata più efficace nei climi aridi rispetto alle strategie geotermiche basate sull’acqua.

Valentina Silvestrini

L’articolo "I 10 migliori padiglioni alla Biennale Architettura 2025 di Venezia" è apparso per la prima volta su Artribune®.

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Artribune

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