“Ho passato notti nelle stazioni con vecchi barboni o giovani che cercavano lavoro. Per fortuna mi hanno chiamato al militare. La fame è terribile”
- Postato il 16 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Il celebre Nonno Libero di “Un medico in famiglia” si è raccontato a La Repubblica. L’88enne Lino Banfi ha tracciato un bilancio della sua carriera e ha rivelato un curioso aneddoto legato al ruolo che lo ha reso popolarissimo in tv: “Quando fui chiamato per il nonno di Il medico, dalla Lux di Matilde Bernabei ricevetti la proposta per fare un prete di provincia che, il basco in testa, combatte con i preti giovani con la barbetta curata, una serie molto lunga, sempre per Rai 1, hanno provato a farmi firmare un’esclusiva, ma alla fine sempre per loro ho lavorato. Chissà, forse avrei fatto Don Matteo e si sarebbe chiamato in un altro modo”.
La memoria torna a quando aveva “sei o sette anni, c’era la guerra, i bombardamenti a Canosa di Puglia. Quando suonavano le sirene correvamo al ricovero, e mio nonno mi gridava sempre: ‘Pasqualino, ricordati i pupazzi!’. Io me ne portavo dietro due che avevo costruito da solo, Orlando e Rinaldo“.
E ancora: “Non avevamo soldi, gli altri pagavano con mandorle o olive ma io non avevo nemmeno quelle, mio padre faceva un’altra agricoltura. Allora mi facevo dare qualche lira per inscenare l’Orlando furioso coi pupazzi. Poi sono cresciuto e sono andato in seminario, i miei mi volevano prete. Avevo undici anni. Anche lì, durante le recite sacre, facevo ridere tutti. E oggi che ho quasi novant’anni, la domanda che mi faccio è: ‘Ma a me, chi “chezzo” mi ha fatto ridere?‘”.
Un aneddoto inedito: “Ho passato notti nelle stazioni ferroviarie, negli anni 50, con vecchi barboni o giovani che cercavano lavoro, sarti, parrucchieri, calzolai, ti toccavano i lavori abusivi che rasentavano l’illegalità. Per fortuna non ho mai fatto cose illegali. E per fortuna poi mi hanno chiamato a fare il militare vicino a Sanremo e lì avevo da mangiare e dormire. La fame è terribile. A volte una banda di ladri tentò di ingaggiarmi come complice e volevano che fischiassi O sole mio se arrivava la polizia. Ma non riuscivo, il fischio non usciva, me la facevo sotto dalla paura. Non era per me”.
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