“Ho iniziato a vedere dei lampi, come se qualcuno avesse collegato la corrente elettrica al mondo. Pensavo fosse stress, invece era la sindrome della neve visiva”. La storia di Isobel
- Postato il 13 settembre 2025
- Salute
- Di Il Fatto Quotidiano
- 2 Visualizzazioni
.png)
“Quella settimana avevo appena terminato un lavoro importante ed ero esausta. Ho iniziato a notare dei lampi nella mia vista. Ho pensato che fosse un’emicrania da superlavoro – mi capitava anche da adolescente – e non ci ho dato troppo peso”. È l’inizio del racconto di una donna londinese, Isobel Macmillan-Scott, raccolto dal The Guardian e parla di un percorso di diagnosi tortuose che porteranno la donna a scoprire di soffrire della “sindrome della neve visiva”. Una storia di sofferenza contraddistinta da un particolare elemento: la difficoltà a riconoscere questa sindrome, inizialmente scambiata per una semplice emicrania.
“Una mattina mi svegliai e tutto mi sembrò strano – continua il racconto la donna -: incredibilmente luminoso e vivido, come se qualcuno avesse collegato la corrente elettrica al mondo. Era come vedere attraverso l’elettricità statica. Mi faceva girare la testa e iniziavo a sentirmi a disagio. Sono quindi andata al pronto soccorso. Il reparto oculistico ha detto che i miei occhi stavano bene, quindi ho cercato di non pensarci più”.
I sintomi però persistono e nella donna i dubbi crescono sempre più: “Avevo tremori alle mani e al viso, disturbi visivi continui e una fitta nebbia cerebrale. Ho iniziato a temere che ci fosse qualcosa di grave nel mio cervello. Ho prenotato quindi una visita da un neurologo privato, ma il primo appuntamento era dopo sei settimane. Così ho prenotato una risonanza magnetica, ma è risultata negativa. A quel punto ho iniziato a dubitare di me stessa. La gente pensava che mi stessi inventando tutto? Ho provato a cercare su Google se i miei sintomi corrispondessero a un problema definito e mi sono imbattuta in qualcosa chiamata ‘sindrome della neve visiva’. Ogni link descriveva ciò che stavo vivendo. Quando finalmente mi ha visitato una neurologa, ho avuto la conferma definitiva della sindrome. Purtroppo, c’è pochissima conoscenza a riguardo e non esiste una cura nota”.
Che cos’è la sindrome della neve visiva
La Visual Snow Syndrome, conosciuta come sindrome della neve visiva, è una condizione neurologica poco nota ma riconosciuta a livello internazionale, le cui cause sono ancora poco chiare. È caratterizzata da una percezione persistente di puntini luminosi, simili al “disturbo” di un vecchio televisore non sintonizzato. La patologia impatta pesantemente sulla vita quotidiana: occhiali da sole indossati anche in casa, difficoltà a stare in ambienti luminosi o con luci lampeggianti, problemi di sonno e ansia per il futuro. Nonostante la recente inclusione nella classificazione ICD-11 dell’Organizzazione mondiale della sanità, resta ancora sottodiagnosticata e spesso confusa con altre patologie. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Marina Romozzi, neurologa del Centro Cefalee del Policlinico Gemelli di Roma.
L’esperta: “Con il nostro studio, individuati l’1% della popolazione”
La sindrome della neve visiva, quanto è diffusa in Italia?
“Oggi la Visual Snow Syndrome è considerata una condizione neurologica distinta, con criteri diagnostici specifici pubblicati già nel 2014 e riconosciuta di recente anche a livello internazionale, con un proprio codice ICD-11 dell’OMS. In passato i pazienti erano spesso etichettati in modo improprio, ma la consapevolezza sta crescendo. Per quanto riguarda la diffusione, ancora non sono stati condotti studi epidemiologici su larga scala, ma nel Regno Unito si stima una prevalenza intorno al 2%. In Italia abbiamo condotto uno studio su circa 750 giovani adulti: la prevalenza rilevata era intorno all’1%. Si tratta quindi di una condizione rara, ma certamente sottodiagnosticata: molti pazienti con sintomi compatibili non hanno mai ricevuto una diagnosi corretta”.
Quali sono i criteri clinici per distinguere la sindrome da altre patologie, come l’emicrania con aura o i disturbi oculari?
“La diagnosi è clinica e si basa su criteri precisi. Il sintomo principale è la presenza di ‘neve visiva’ persistente per almeno tre mesi: i pazienti descrivono la visione di puntini, trasparenti o colorati, che occupano tutto il campo visivo, simili alla statica di un televisore. Accanto a questo, devono essere presenti sintomi accessori, molto fastidiosi: fotofobia, peggioramento della visione notturna, palinopsia (persistenza delle immagini), a volte acufeni. Nella maggior parte dei casi si associa anche emicrania, spesso con aura. Tutti gli esami oculistici e neurologici – inclusi campo visivo, OCT, risonanza magnetica dell’encefalo – risultano invece normali, e questo contribuisce a rendere la diagnosi difficile, ma anche a escludere altre patologie e a confermare la diagnosi di Visual Snow Syndrome”.
Migliorare la qualità di vita
Come si possono gestire i sintomi nella vita quotidiana?
“La qualità di vita di questi pazienti può essere molto compromessa. Esistono però alcune strategie pratiche: l’uso di lenti con filtri cromatici, la gestione dello stress con tecniche di rilassamento o mindfulness, la regolarità del sonno. È importante anche trattare le comorbidità, in particolare l’emicrania, cui spesso si associa. Sul fronte farmacologico non esistono ancora linee guida né terapie specifiche. Alcuni farmaci – impiegati off-label – e alcuni integratori possono offrire beneficio a una parte dei pazienti, anche se i risultati restano variabili e non è ancora chiaro quali siano i fattori che determinano la risposta. In alcuni casi è stata inoltre riportata una regressione spontanea dei disturbi. Vi sono anche evidenze preliminari, su un possibile effetto positivo di tecniche di neuromodulazione non invasiva”.
A chi rivolgersi
In Italia, a chi può rivolgersi un paziente con questa diagnosi?
“La figura di riferimento è il neurologo, in collaborazione eventualmente con l’oculista. Alcuni centri, come il nostro al Policlinico Gemelli di Roma, seguono già un numero consistente di pazienti. È importante che chi manifesta questi sintomi intraprenda un percorso di valutazione specialistica, che includa sia approcci farmacologi che non farmacologi”.
Un link utile per cercare assistenza
Cosa si potrebbe fare per aumentare la consapevolezza sulla sindrome della neve visiva?
“C’è ancora poca conoscenza, non solo tra la popolazione generale ma anche in ambito specialistico, sia neurologico che oftalmologico. Questo può portare a diagnosi errate, con il rischio che i sintomi vengano scambiati per ansia o considerati come disturbi di natura esclusivamente psicologica. Serve più formazione e sensibilizzazione, anche attraverso campagne dedicate. Un punto di riferimento utile è la piattaforma internazionale Visual Snow Initiative, che raccoglie pazienti da oltre 90 Paesi e mette a disposizione informazioni aggiornate e supporto per individuare i centri e gli specialisti che si occupano di questa patologia”.
L'articolo “Ho iniziato a vedere dei lampi, come se qualcuno avesse collegato la corrente elettrica al mondo. Pensavo fosse stress, invece era la sindrome della neve visiva”. La storia di Isobel proviene da Il Fatto Quotidiano.