“Ho girato l’Italia da nord e sud, ho mangiato piatti straordinari ma anche pessimi. Avete perso l’arte della satira”: parla il critico del Times Giles Coren

  • Postato il 20 dicembre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Pochi giorni fa la cucina italiana è stata dichiarata ufficialmente “patrimonio culturale e immateriale dell’umanità” dall’Unesco. La notizia è stata accolta con grande fervore in Italia e, in mezzo al giubilo, a far discutere è stato un articolo del giornalista Giles Coren uscito sul Times e dal titolo “Italian food’s a con: protect our fine English fare“. Nel pezzo, Cornen definiva “un miraggio” la presunta supremazia del cibo italiano. In un’intervista al Corriere il giornalista britannico ha risposto alle critiche ricevute, mantenendo il suo stile provocatorio e chiarendo dei punti che – secondo lui – non sono stati colti dai lettori (italiani).

“L’articolo? Era un pezzo di satira sui luoghi comuni inglesi riguardo all’Italia e alla cucina italiana. E sulla pretenziosità di una certa fascia della società inglese. Non era affatto un attacco alla cucina italiana. Mi dispiace che questo non sia stato colto”. Coren, nella sua intervista, insiste sul suo avere voluto criticare un certo “snobismo” d’oltremanica. “È ovvio che tutte le cucine nazionali abbiano pari valore e dignità. In ogni Paese si è convinti che la propria cucina sia la migliore. Ma quando certi inglesi benestanti proclamano la cucina italiana come la migliore in assoluto, la cosa mi appare intrinsecamente comica. Perché lo fanno non per amore del cibo, ma come segno di ricchezza, elitarismo e sofisticatezza. Il cibo, però, è cibo, e basta. E la cucina di una nazione non può mai essere “migliore” di quella di un’altra”. E sull’Unesco e la nomina dice che il gesto “non può che apparire a qualsiasi persona sana di mente come qualcosa di insieme ridicolo e grottesco“.

Il giornalista conferma di essere stato in Italia: “L’ho percorsa molte volte, da nord a sud. Ho mangiato piatti straordinari, ma anche piatti pessimi, esattamente come mi è capitato in tutti gli altri Paesi che ho visitato”. Ma il punto focale dell’intervista rimane la spiegazione dell’intento satirico del suo operato: “Forse la figura retorica dell’iperbole non è più molto praticata nella scrittura italiana. E dire che, un tempo, in Italia, la satira era un’arte raffinata. Fu proprio Orazio a codificarla. – ricorda il critico – Ma dalle numerose email aggressive e dai messaggi sui social che ho ricevuto da italiani sembra che quest’arte, da quelle parti, si sia estinta o quasi”.

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Il Fatto Quotidiano

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