Harry e Meghan, vip e super manager, in 800 firmano una lettera contro la super intelligenza artificiale
- Postato il 22 ottobre 2025
- Di Panorama
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C’è una lettera sottoscritta da ottocento firmatari, tra cui celebrità come gli attori Stephen Fry e Joseph Gordon-Levitt, il principe Harry e Meghan Markle ancora scottati da Parigi, accanto a Steve Bannon, ex consigliere di Donald Trump, e ancora il miliardario britannico Richard Branson, fondatore della Virgin, con il conduttore radiofonico conservatore Glenn Beck. Centinaia di nomi che difficilmente vengono accostati, ma è successo il 22 ottobre, quando il Financial Times ha pubblicato una lettera aperta indirizzata ai colossi della Silicon Valley, ovvero Google, Meta e OpenAI, chiedendo di fermare lo sviluppo della cosiddetta superintelligenza artificiale.
La richiesta dei sottoscrittori
Più che una richiesta, i firmatari vogliono porre «il divieto dello sviluppo della superintelligenza, che non potrà essere revocato fino a quando non vi sarà un ampio consenso scientifico sulla sua sicurezza e controllabilità e un forte sostegno da parte dell’opinione pubblica». Vengono certo riconosciuti i benefici dell’intelligenza artificiale su salute e prosperità, poi però ne vengono elencati i rischi: obsolescenza economica, perdita di potere per gli esseri umani, compromissione delle libertà civili, della dignità e del controllo, fino al caso estremo di rischio per la sicurezza nazionale o addirittura l’estinzione dell’umanità.
Firmatari illustri e coppie reali
Colpisce che tra chi ha firmato ci siano proprio i padri fondatori dell’intelligenza artificiale: Yoshua Bengio e Geoffrey Hinton, entrambi vincitori del Turing Award chiamato anche Nobel dell’informatica, ma anche Stuart Russell, pioniere del settore e professore all’Università della California, e Steve Wozniak, il cofondatore di Apple. Accanto a loro compaiono figure politiche che difficilmente si vedrebbero insieme come Mike Mullen, ex presidente dello Stato Maggiore Congiunto degli Stati Uniti, Susan Rice, ex consigliera per la sicurezza nazionale di Barack Obama, e Steve Bannon, il capo stratega della Casa Bianca dei primi mesi di Trump.
E poi arrivano loro, la coppia reale del gossip, Meghan e il principe Harry, che in una nota personale ha scritto che «il futuro dell’intelligenza artificiale dovrebbe servire l’umanità, non sostituirla». Sono nomi che garantiscono visibilità mediatica a qualcosa che probabilmente rimarrebbe archiviata in un cassetto. D’altronde si parla di qualcosa che ancora non esiste.
Che cos’è la superintelligenza artificiale
La superintelligenza artificiale, o ASI, è per ora una forma teorica di intelligenza che supererebbe le capacità cognitive umane in tutti i campi. Non solo negli scacchi o nel calcolo matematico, dove già ci hanno superato da tempo, ma anche nella creatività, inventando e decidendo in modo autonomo. È ben lontana dall’esistere e prima si deve passare da quella attuale, definita “debole” o “ristretta”, specializzata in un settore, all’intelligenza artificiale generale capace di svolgere compiti con un livello paragonabile a quello umano. La superintelligenza arriverebbe solo successivamente.
È a questa che stanno puntando OpenAI, Google o Meta, impegnati in una corsa tecnologica: possono avere letto la lettera di ottocento celebri firmatari, ma devono fare i conti con il business dell’intelligenza artificiale che vale miliardi di dollari.






