Harley-Davidson nei guai in Giappone, rischia multa milionaria per vendite forzate
- Postato il 30 luglio 2025
- Moto
- Di Virgilio.it
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Si alza un polverone su Harley-Davidson in Giappone. Secondo la stampa locale, l’Antitrust locale sarebbe in procinto di multarla per aver spinto i concessionari a vendere più del possibile, con obiettivi fuori scala e la minaccia, neanche poi troppo velata, di tagliare i contratti se i numeri non venivano raggiunti. Se le accuse reggono, la sanzione potrebbe toccare i 200 milioni di yen – poco più di un milione di euro – ma il conto più salato rischia di essere quello d’immagine.
Quote impossibili e minacce velate
Il problema nasce da una strategia che, almeno secondo l’Antitrust nipponico, sarebbe andata ben oltre le regole del gioco. In pratica, Harley-Davidson Japan avrebbe fissato target commerciali troppo alti, spesso scollegati dalla reale domanda del mercato. E fin qui, qualcuno potrebbe dire: niente di nuovo, succede in molte aziende, il punto, però, è come sono state gestite le pressioni, infatti i concessionari sarebbero stati messi di fronte a un ricatto, e neanche troppo velato: o vendevano quelle moto, o poteva scattare la rescissione del contratto. In alcuni casi, raccontano le fonti dell’indagine, i rivenditori avrebbero dovuto comprare loro stessi gli esemplari in stock pur di restare a galla e confermare così la concessione, una sorta di auto-salvataggio dettato dalle circostanze esterne.
Solo contratti in esclusiva
Per una maggiore comprensione del contesto, è necessario sapere che Harley-Davidson in Giappone non gestisce direttamente i suoi negozi, ma tutte le moto passano da concessionari coi quali il marchio ha stipulato contratti di natura esclusiva. In altre parole: se sei un rivenditore Harley, puoi vendere solo i modelli della sua gamma, e se ti salta il contratto, resti a secco. E questa non è l’unico guaio.
Il modello di business rende i dealer ancora più vulnerabili e già nel 2019, un caso simile aveva coinvolto BMW Japan, alla quale vennero imputate pratiche quasi identiche: quote fuori scala e operatori costretti ad acquistare di tasca propria i veicoli rimasti in magazzino, una vicenda risolta tra richiami ufficiali e sanzioni. Ora cambiano i protagonisti, non le modalità: la Commissione Antimonopoli giapponese avrebbe già inviato alla divisione locale della compagnia statunitense una comunicazione ufficiale sulle misure disciplinari previste. Mentre attende la risposta del colosso delle due ruote, tira una brutta aria sul brand: se i capi d’accusa fossero confermati, le autorità formalizzeranno il provvedimento.
Al momento, Harley-Davidson si è barricata nel silenzio, forse in procinto di presentare una difesa formale alle autorità. A ogni modo, l’impressione è che si tratti di una questione seria, anche perché i concessionari, stando a quanto trapelato, avrebbero fornito prove dettagliate delle pressioni subite. E qui si apre una riflessione più ampia: quante volte pratiche simili vengono nascoste sotto il tappeto? Quanti dealer, in Giappone o altrove, si trovano in situazioni simili senza aprire bocca, nel timore di subire ripercussioni pesanti?
Che le Case automobilistiche e motociclistiche spingano sulle vendite è ovvio, così come la volontà di far girare i magazzini; tuttavia, tra una spinta commerciale e una minaccia, la linea è sottile e se viene oltrepassata, come sembra nel caso Harley, allora il business smette di essere aggressivo e diventa scorretto.