Guerra in Ucraina, Zelensky alla Casa Bianca. Trump frena sui missili a Kiev dopo la telefonata con Putin
- Postato il 18 ottobre 2025
- Di Panorama
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La sensazione di deja-vu è stata molto forte quando Volodymyr Zelensky si è presentato ieri alla Casa Bianca. Ad aspettarlo c’era il presidente americano Donald Trump, per una terza visita del Presidente ucraino nella capitale statunitense che è stata fortemente scombussolata dalla telefonata di giovedì sera tra Vladimir Putin e il Presidente americano.
Il colloquio telefonico sembra infatti aver allontanato l’invio dei missili Tomahawk a Kiev e aver invece ridato vigore al negoziato dopo il sostanziale fallimento del summit di Anchorage lo scorso 15 agosto.
Zelensky visita Trump
I due leader hanno quindi accolto la stampa nella Cabinet Room della Casa Bianca, con il Presidente Trump che ha subito adottato un tono cauto sulla questione clou dei missili Tomahawk. «Ne parleremo», ha affermato il presidente quando interrogato sulla questione. «È un’escalation, ma ne discuteremo, preferiremmo di gran lunga che non ne avessero bisogno e che la guerra finisse, a dire il vero».
Le sue parole hanno riflettuto una posizione molto più prudente rispetto ai giorni precedenti, quando aveva ventilato apertamente la possibilità di fornire le armi a Kiev. Trump ha anche sottolineato che «abbiamo bisogno anche noi dei Tomahawk. Ne abbiamo molti, ma ne abbiamo bisogno. Non possiamo esaurire le risorse per il nostro Paese».
Zelensky, ormai veterano in fatto di incontri con Trump, ha cercato di mantenere un approccio ottimista, affermando: «Penso che possiamo porre fine a questa guerra con l’aiuto del Presidente». Sulla questione dell’adesione alla Nato, il leader ucraino ha in parte glissato, confermando però la posizione ferrea del suo Paese sulla necessità di «avere garanzie di sicurezza», un’eventualità finora rigettata con vigore dalla Russia.
Tornando ai missili, una risposta definitiva al loro invio non è stata fornita. D’altra parte, secondo quanto riportato ieri dalla Cnn, nel colloquio telefonico tra Putin e Trump quest’ultimo non avrebbe escluso l’eventualità di inviare i Tomahawk a Kiev, pur moderando i toni delle sue dichiarazioni. Un approccio confermato anche nelle dichiarazioni di ieri.
Tema centrale della visita di ieri è quindi diventata la conversazione Trump-Putin, con il Presidente americano che ha affermato come i leader di Russia, Ucraina e Stati Uniti «devono riunirsi» per porre fine alla guerra.
Zelensky ha quindi insistito sul fatto che la Russia non sta ottenendo molti successi sul campo di battaglia, cercando di convincere Trump che Kiev merita un maggiore sostegno.
La sensazione di deja-vu è stata quindi confermata anche nelle posizioni dei due leader, con un Trump che è apparso restio a percorrere la via dell’escalation (come sarebbe la consegna dei Tomahawk) e un Zelensky integerrimo sulle necessità securitarie e i bisogni di materiale bellico di Kiev. Non è quindi chiaro, al momento, cosa sia davvero cambiato.
Orban prepara il summit
In Europa, nel frattempo, Viktor Orban ha potuto esultare nella giornata di ieri, affermando che «Budapest è l’unica sede in Europa adatta per un vertice di pace tra Stati Uniti e Russia. Grazie a una leadership di lunga data a favore della pace e a partnership affidabili, offriamo un contesto affidabile, sicuro e politicamente stabile. Non c’era altra scelta».
Sullo slancio del colloquio Trump-Putin il premier ungherese ha sentito nella giornata di ieri il Presidente russo, al fine di confermare la disponibilità del suo Paese a organizzare il summit fra i due leader.
Secondo il resoconto della telefonata fornito dal Cremlino, Putin ha aggiornato il premier ungherese riguardo i temi della telefonata con Trump. La diplomazia è insomma nuovamente in fermento.
Poche ore dopo, il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha fatto il suo giro di telefonate, sentendo sia il vicesegretario di Stato americano Christopher Landau che il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov.
Per Budapest questo summit di alto livello sarebbe una vittoria diplomatica di grandissima portata. L’Ungheria è stata infatti sistematicamente ostracizzata all’interno dell’Unione Europea per la sua posizione “pro-pace” (dai più definita come “pro-russa”), oltre che per i forti dissidi con Kiev, non da ultimo sull’ingresso di quest’ultima all’interno dell’Ue.