Grecia-Turchia, quando a Davos il calcio ebbe un ruolo diplomatico per evitare la guerra

  • Postato il 18 gennaio 2025
  • Calcio
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Gennaio 1988. Seduti uno di fronte all’altro, al World Economic Forum, ci sono il primo ministro greco Andreas Papandreou e quello turco Turgut Özal. Sul tavolo, il principale argomento di discussione, è il processo di riconciliazione, con il progressivo riavvicinamento dei due Paesi. È un momento burrascoso e assai delicato. Sul Mediterraneo orientale soffiano venti di guerra: nel marzo del 1987, venuta a conoscenza delle trivellazioni petrolifere greche in una zona contesa del Mar Egeo, la Turchia aveva esibito i muscoli e inviato nella zona una nave da ricognizione scortata da una flotta di navi da guerra, minacciando un confronto militare, poi fortunatamente scongiurato. In quello che sarebbe passato alla storia come “processo di Davos”, conclusosi positivamente con una storica stretta di mano tra i due premier, un ruolo piuttosto importante lo gioca anche la cosiddetta diplomazia del calcio.

Tra le tante iniziative progettate dai due leader per favorire la normalizzazione delle relazioni e aprire alla cooperazione, oltre ad un viaggio diplomatico di Özal in Grecia (avvenuto nel giugno del 1988), e a diversi accordi commerciali, infatti, spunta anche l’organizzazione di un’amichevole tra le rispettive nazionali. L’obiettivo, piuttosto chiaro, è quello di sfruttare il potenziale del calcio e usarlo come veicolo di pace, trasformando questa partita nella prima tappa di una nuova fase di relazioni bilaterali tra i due Paesi. I significati extracalcistici sono naturalmente dominanti. In quel momento Grecia e Turchia, per dire, non si sfidano in una gara amichevole da quarant’anni esatti. L’ultima, infatti, risale addirittura al 28 novembre 1948, quando all’İnönü Stadium, la casa del Besiktas, la Turchia si era imposta per due reti ad una in un’epica gara giocata sotto una fitta tormenta di neve.

Da lì a poco, però, diversi accadimenti socio-politici – tra cui i tristemente noti pogrom di Istanbul del 1955 (Septemvriana, “gli eventi di settembre”, come li ricordano i greci) ai danni della comunità greca – avrebbero fatto impennare la tensione, generando un clima ostile tra i due Paesi. Le ripercussioni, poi, si sarebbero fatte sentire anche sul calcio: nel primo turno della Coppa dei Campioni 1958-59, ad esempio, l’Olympiacos si rifiutò di affrontare il Besiktas, venendo chiaramente sconfitto a tavolino. L’invasione turca di Cipro del luglio 1974, arrivata in risposta al colpo di Stato militare ordinato dai Colonnelli greci che aveva deposto il presidente cipriota, l’arcivescovo greco-ortodosso Makarios, poi, avrebbe portato ad un’ulteriore escalation, rendendo sempre più incandescente l’atmosfera nell’Egeo. Si era arrivati così al braccio di ferro del 1987, e al rischio concreto di un confronto bellico, evitato grazie al celeberrimo incontro di Davos e la tanto agognata distensione dei rapporti, promossa e benedetta anche da Lord Carrington, l’allora segretario generale della NATO.

In questo contesto, il 21 settembre 1988, nello stesso teatro di quarant’anni prima, Turchia e Grecia si sfidano in un’amichevole dal valore simbolico altissimo. Un anno prima, in Siria, una rete di Orhan Görsen al quarto minuto del primo tempo supplementare aveva consentito ai turchi di battere i greci in una gara dei Giochi del Mediterraneo. L’Ay-Yıldızlılar, così come è soprannominata popolarmente la nazionale biancorossa, si impone anche stavolta. Dopo il gol del momentaneo pareggio greco firmato da Nikos Anastopoulos – quattro volte capocannoniere del torneo greco ma solo baffuta meteora dell’Avellino, la Turchia prende il sopravvento e dilaga. Alla rete in avvio siglata su rigore da un’istituzione del calcio turco come Tanju Çolak, che dopo aver sfornato l’assist per il secondo gol turco si fratturerà il setto nasale in uno scontro accidentale con un fotografo del quotidiano turco Cumhuriyet posizionato a fondo campo, si aggiungono quelle di Ahmet Oğuz Çetin e Rıdvan Dilmen. Per la Turchia è una giornata di festa totale: mentre la nazionale supera la Grecia ad Istanbul, infatti, Naim Süleymanoğlu vince la medaglia d’oro nel sollevamento pesi (categoria piuma) alle Olimpiadi di Seoul. “Questo è davvero un grande giorno per la Turchia”, commenta orgogliosamente a caldo il primo ministro Özal. Nonostante la sconfitta della Grecia, ma considerato il ben più importante valore simbolico dell’evento, il suo omologo Papandreou avrebbe potuto affermare più o meno la stessa cosa.

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Il Fatto Quotidiano

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