Grazie al parkour, il mondo è il mio parco giochi
- Postato il 6 luglio 2025
- Di Panorama
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Marco Sergi, due milioni e mezzo di followers tra Instagram, TikTok e YouTube, “in arte” @Markour. Un nome che fonde in maniera perfetta le parole Marco (il suo nome, la sua personalità) e parkour (la sua più grande passione, scoperta quando non era ancora adolescente). Chiacchierando con lui, emerge immediatamente l’attenzione che mette nel realizzare i propri contenuti. Marco non insegna solamente come avere un fisico statuario allenandosi a corpo libero (e lui ne è l’autentica prova), ma dietro ai suoi video, dove dimostra ironia e capacità di non prendersi troppo sul serio, tratta temi acuti, come scienza, salute e movimento.
Marco, quando hai iniziato ad allenarti?
“Il mio percorso con l’allenamento è iniziato da ragazzino, quando ho cominciato con il parkour. Parkour perché mi affascinavano i videogiochi stile Platform, dove il personaggio deve correre, saltare, arrampicarsi, fare sostanzialmente mille acrobazie per raggiungere il livello successivo; amavo Crash Bandicoot. Da bambino, non sono mai stato legato alle passioni dei miei amici. Loro erano affascinati dal mondo calcistico, io preferivo gli sport individuali. Il parkour è una scoperta che ho fatto prima a livello video ludico e poi informandomi grazie alle ricerche fatte sul web. I primi video di parkour su YouTube sono stati per me una guida, mi hanno veicolato a prendere una strada differente rispetto ai miei compagni. A undici anni ho iniziato a fare i primi” saltini” in paese, e da allora non mi sono più fermato, step by step, senza essere mai stato seguito da un maestro”.
Scelta tra l’altro accompagnata da una buona dose di coraggio: non deve essere affatto facile approcciarsi a questo sport da autodidatta…
“Direi che il parkour è pericoloso nella prospettiva di chi non lo pratica, e nell’ottica finale dell’osservazione del salto. In realtà è una disciplina che viene praticata in una maniera molto, molto graduale. Può essere più pericolosa una partita di calcetto, fatta a livello amatoriale, senza un’adeguata preparazione. Il parkour è una filosofia di vita, che ti accompagna a prepararti fisicamente nell’affrontare i percorsi, gli ostacoli, i movimenti. Mi sono sempre allenato a corpo libero, il 90% degli allenamenti che faccio, utilizzano ciò che mi circonda nel mondo, sfruttando la filosofia del parkour per adattarmi all’ambiente e alle circostanze. Il mondo è un parco giochi: è questo il concetto principale che mi ha accompagnato negli anni”.
E, a proposito di adattamento, hai dato vita ai tuoi profili social, con quasi due milioni e mezzo di followers.
“Ho iniziato nel 2022 con una comunicazione più statica a semplice a livello divulgativo. A fine 2023, ho poi adottato uno stile diverso, più estroverso, simpatico dinamico, che si lega a un mondo più ironico: questo mi ha permesso di fare la differenza. In ogni caso, qualsiasi mia comunicazione, è sempre stata dettata dalla passione verso la scienza e la condivisione delle informazioni, e mi ha permesso di crescere. Motivo per cui, tutto quello che ho fatto e che continuo a fare sui miei profili, è legato essenzialmente al valore della comunicazione stessa, e mai a sponsor o pubblicità”.
Tu hai due lauree, sei Chinesiologo Clinico: ci spieghi in cosa consiste questa figura?
“Il chinesiologo clinico opera in ambito biomedico e, per diventarlo, occorrono degli studi su materie molto specifiche che si occupano del benessere della persona a 360 gradi. Riguarda la prevenzione e la rieducazione, ma non ha a che fare solo con l’allenamento o con l’attività fisica: abbraccia tutto ciò che concerne la salute. Sociologia della salute, psicologia dell’handicap, fisiologia dell’esercizio, anatomia clinica, igiene generale. Sono materie che si occupano della biologia umana su diversi aspetti, per capire come l’individuo interagisce con l’ambiente esterno, e come l’ambiente esterno influenza la persona. È un collegamento tra l’essere individuale e l’ambiente. Quello che ho studiato all’università continua ad essere per me forma di approfondimento continuo, che integro costantemente con nuovi studi, ricerche, riviste (molte delle quali d’oltreoceano). Certo, le informazioni sono davvero tantissime, e io dico sempre “so di non sapere tutto” (su suggerimento di un certo Socrate)”.
I tuoi video hanno la caratteristica di essere leggeri, chiari, divertenti e diretti. Di fondo però c’è sempre la serietà del tuo lavoro e dei tuoi studi. Ed è proprio questa competenza che li rende credibili ed efficaci.
“La comunicazione efficace punta proprio alla competenza, che deve essere alla base dei contenuti divulgativi. È qui che la sfumatura tra conoscenza e competenza si trasforma n un confine netto; la competenza appartiene alla persona che ha reso propria la conoscenza. Trasformare un linguaggio complesso in un linguaggio semplice, che arrivi in maniera chiara e diretta, è una sfida che ti permette di crescere”.
Senza scendere in dettagli o fare nomi, hai vissuto una vicenda un po’ fastidiosa con un altro content creator, che ha usato un tuo video (con tanto di nome e volto), per cercare di screditarti, probabilmente per ottenere un po’ di visibilità in più. Il modo con il quale hai replicato è stato comunque gentile e professionale. Come ti rapporti in questi casi?
“A me importa che le persone comprendano la rilevanza delle informazioni e, tra professionisti, dovremmo collaborare per creare un confronto scientifico, un confronto tra cervelli. Ci possono essere figure più specializzate in certi ambiti piuttosto che in altri, ma svalutare il lavoro di qualcuno per far valere la propria immagine personale, non è mai qualcosa di corretto. La scienza è un’osservazione senza attaccamento emotivo; lo stesso dovrebbe essere per i contenuti sui social. Al di là della modalità comunicativa adottata, ironica o impostata che sia, si dovrebbe parlare del contenuto e non del contenitore. Noi sui social non siamo persone, siamo un’idea, e basta veramente un attimo per mettere in condizioni sgradevoli e svantaggiose una persona e il suo lavoro. Bisognerebbe semplicemente agire in nome dell’etica e della sana comunicazione”.
Guardando i tuoi video, ti si vede spesso in quadrupedia: da dove nasce questa idea?
“È un argomento, forse meglio dire una posizione, che mi sta molto a cuore e che ho accuratamente approfondito. Nei primi anni di università, ero così concentrato a studiare, che a un certo punto, mi è nata una curiosità (non ricordo esattamente né dove, né quando). Mi sono chiesto come mai le scimmie fossero così forti e muscolose, senza seguire un programma di potenziamento. Questi primati si muovono con una motricità a quattro arti, non certo “economica” (a livello di risparmio di energia) come la nostra. Necessitando di una quantità elevata di energia, pur senza “allenarsi”, sono in costante allenamento. Da lì, l’ho sperimentata su me stesso: ne ero talmente appassionato, che è diventato l’argomento della mia tesi di laurea”.
Dragonball e Goku: un cartone (meglio, un anime) e un personaggio spesso citati nei tuoi video. Perché li hai scelti e ti ci ispiri?
“Con Dragonball ci sono cresciuto, è stato il cartone animato della mia infanzia, da bambini eravamo affascinati dalle modalità, anche molto accentuate, con cui, quei personaggi affrontavano certe situazioni. Crescendo, e riguardandolo quando veniva ritrasmesso in tv, ho avuto modo di riconfrontarmi con l’anime, con quel cartone, in una fase della mia crescita in cui mi avvicinavo in maniera importante all’allenamento: vedere questi personaggi che mi hanno accompagnato durante l’infanzia affrontare le difficoltà e le situazioni di allenamento con determinazione, è stato estremamente ispirazionale. Il personaggio di Goku, in particolare, mi ha ispirato in maniera più evidente e ricalcata, perché in lui non c’è solo allenamento, ma componenti caratteriali con cui affronta la vita e diventa un punto fermo per gli altri. È un personaggio in grado di perdonare, di proteggere gli altri, ha l’attitudine a non mollare mai: tutte componenti che noi esseri umani vorremmo avere, che però la biologia ci porta a non valutare come strumenti primari per affrontare la vita. Goku crescendo mi ha un po’ aperto gli occhi, non parlando direttamente a Marco, ma dando a Marco la possibilità di osservare la crescita del personaggio. Crescita che cerco di inserire in tutti i miei contenuti”.